Enoturismo: conversazione attorno a due casi di successo presso Tenute Rubino
BRINDISI – «Brindisi e Turismo: un modello sostenibile» è il titolo di una tavola rotonda che si è svolta lo scorso venerdì presso Tenute Rubino. Un momento di confronto “con e per” il territorio che il produttore brindisino ha voluto organizzare per accompagnare il passaggio del suo negroamaro rosato «Saturnino» alla Doc Brindisi e nel quale, in presenza di rappresentanti istituzionali dell’Amministrazione comunale, sono intervenuti Luigi Rubino, proprietario delle Tenute Rubino, Emma Taveri, CEO di Destination Maker, Filippo Magnani, fondatore di Fufluns Ltd, e Ferdinando Caliciura, direttore di «Le Vie del Gusto». Ha moderato la conversazione il giornalista Antonio Celeste.
Nel corso della serata sono stati presentati due case history di successo sul rapporto tra territorio e sviluppo legato all’enoturismo. Un talk aperto a due poli di eccellenza della geografia enoica che nel tempo sono diventati modelli di buone pratiche replicabili nel campo del turismo del vino: Porto e Toscana. «La nostra regione – ha aperto Luigi Rubino – ha la vocazione di produrre vini di grande qualità. Un tesoro che si può valorizzare non solo in termini di economia e di valore per il tessuto produttivo, ma anche come volano di sviluppo per l’enoturismo. Alla base di tutto è necessario che i produttori facciano squadra e che gli enti pubblici ne seguano e sostengano i passi. Tenute Rubino ha legato le sue quattro etichette di successo alla Doc Brindisi, un modo per veicolare il territorio a una tradizione produttiva riconosciuta. Ma lo sviluppo di un settore non può avere solo attori privati».
Emma Taveri, brindisina prestata al senso turistico della scoperta, ha puntato il focus su Porto, la città portoghese che si contende con Lisbona, la capitale, lo scettro di città regina di bellezza del paese più occidentale d’Europa. «Se Bacco avesse assaggiato il “porto” sarebbe diventato uno dei suoi più grandi sostenitori», ne sono convinti gli abitanti della Valle del Douro, dove nasce il famoso vino liquoroso. E certamente si sarebbe innamorato anche della zona di produzione: una fascia di circa 250.000 ettari di estensione, tra i più affascinanti paesaggi rurali costruiti dall’uomo e la regione vinicola più antica del mondo. Nell’ultimo decennio Porto ha vinto per ben tre volte il titolo di “Migliore destinazione europea”, assegnato da un’organizzazione del turismo dell’Unione. Dopo 15 anni di declino, la seconda città portoghese vive oggi un momento di grazia che ha vivificato il turismo e il suo patrimonio immobiliare: «Porto ha riposizionato la propria destinazione – ha detto Emma Taveri – puntando molto sull’enoturismo. Il vino è presente con un suo pittogramma nella visual che identifica la città, un progetto che ha messo a valore un potenziale rimasto per lunghi anni inespresso. I modelli di sviluppo non nascono dall’oggi al domani e hanno bisogno di una stretta condivisione di player che aderiscano alla creazione di uno stesso prodotto turistico. Brindisi può farcela, a patto che i protagonisti del territorio non solo contribuiscano a una visione, ma si adoperino attivamente a produrre dinamiche concrete».
Il secondo caso è tutto italiano. Il “modello Bolgheri” è stato presentato da Filippo Magnani, toscano, fondatore nel 1999 di Fufluns, Wine & Gourmet Tour Operator in Toscana e tutta Italia. Siamo in Toscana, nel cuore della Maremma livornese, alla fine del famoso viale dei cipressi citato dal Carducci. La storia della Bolgheri vitivinicola è forse una delle più raccontabili, iniziata con le grandi famiglie che si trovarono sul suo territorio e lo scoprirono. Famiglie, poi aziende, poi vini. Alla base del successo di Bolgheri, le antiche casate e un paesaggio iconograficamente toscano come pochi altri ma misto ad una accentuata nuance mediterranea. Magnani inizia con piccole escursioni destinate alle famiglie per spostarsi col tempo verso target orientati di wine collectors e wine professionals, indirizzato dal tracciato di colline, mare e antichi borghi, un tempo culla della civiltà etrusca ma che oggi forma la Strada del Vino e dell’Olio Costa degli Etruschi. «Quando qualcuno mi chiede cosa sia il turismo di lusso – ha sottolineato Filippo Magnani – dico sempre che il fattore qualificante è l’esperienza. Dunque non pensate ai castelli a cinque stelle ma molto più semplicemente a tutto ciò che racconta dell’autenticità di un territorio, a partire dalle piccole cantine. Anche il caso Bolgheri, pur esclusivo nel modo in cui si è affacciato e si è affermato, ha fatto leva sul partenariato pubblico-privato. Le istituzioni sono riuscite a promocommercializzare la strada del vino, nel senso che hanno favorito la nascita di consorzi controllati da tour operator che creano pacchetti enogastronomici sul territorio. Oggi la nostra società cura venti gruppi di wine club cui appartengono crocieristi focalizzati sul vino che arrivano e ripartono da Livorno».
I due casi di eccellenza partono da un presupposto essenziale. La convergenza di pubblico e privato sulla necessità di porre l’enoturismo al centro dell’economia e dello sviluppo di un territorio: ne è convinto Ferdinando Calaciura, a capo della rivista di enogastronomia e turismo «Le Vie del Gusto», secondo cui «Nessun modello è perfettamente replicabile nella misura in cui ciascun territorio è unico e irripetibile. Brindisi ha un patrimonio enoico di grande valore, per questo può candidarsi a diventare una destinazione nella quale il vino crei ricordi ed emozioni. La parola chiave è sempre più “attrazione”, e in questa ottica le istituzioni non devono limitarsi ad ascoltare il territorio favorendo il più possibile un processo di emersione delle “realtà invisibili”. A Brindisi manca un prodotto enoturistico: per crearlo è necessario da una parte sintonizzarsi con il mondo, soggetto a sempre più veloci cambiamenti, dall’altra a dare reputazione e profondità alle cose che fai. Il tessuto produttivo brindisino rimane frammentato e sfilacciato. Tuttavia, rimane più che mai aperta la strada delle connessioni tra pubblico e privato, svolta cruciale in nome del paradigmatico “better together”».
L’incontro ha visto anche la partecipazione di diversi componenti della Giunta comunale. Se l’assessore alle Attività produttive Oreste Pinto ha sottolineato la necessità di disegnare un prodotto turistico dal quale derivare un brand visibile, l’assessore all’Urbanistica Dino Borri ha invece richiamato l’attenzione sulla coerenza che qualsiasi modello di sviluppo deve avere rispetto alle peculiarità, alla storia e alla narrazione di un territorio. Insomma, idee a confronto che hanno confermato la centralità dell’enoturismo in un modello strategico di sviluppo, alla luce del suo essere fenomeno in ascesa a livello nazionale già da qualche anno. L’enoturismo è un valore sempre più differenziante e complementare ad altre tipologie di vacanze, come quella culturale, il turismo ambientale, paesaggistico e il wellness. Dopo anni di crescita ininterrotta, il turismo del vino ha tutto per diventare anche a Brindisi un asset strategico e decisivo.