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La commedia in vernacolo, strumento di riscoperta della propria identità culturale
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La commedia in vernacolo, strumento di riscoperta della propria identità culturale

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Il 21 e 22 marzo sono stati due giorni di puro divertimento e risate con la compagnia teatrale “Il Sipario” di Riccardo Congedo che ha portato in scena “E mo ci paia”, commedia in vernacolo tanto amata dai brindisini. Le due serate hanno registrato il tutto esaurito al cine teatro Impero con oltre 900 spettatori per serata. In verità, Brindisi ha una lunga tradizione di compagnie teatrali che sciorinano commedie in vernacolo spesso e volentieri con sceneggiature e storie che ricalcano lo spaccato storico di una Brindisi gelosa custode della propria tradizione identitaria, culturale e sociale. Un vero patrimonio storico che di volta in volta viene portato sulla ribalta del palcoscenico. Ricordiamo le compagnie teatrali “I Teatranti” di Tonino Funtò e “Aria ti mari” ora “Li tre cumpAri” di Franco Arseni, anch’esse molto attive e che prossimamente metteranno in scena le loro ultime fatiche.

Anche questa volta la compagnia teatrale “Il Sipario” è riuscita ad allietare oltre 1900 brindisini (più del 2% della popolazione residente) con una commedia ambientata nell’attuale periodo storico che ricalca vissuti di famiglie alle prese con le ristrettezze economiche e con la quotidianità di problemi di sopravvivenza ma con la capacità di affrontarli e “scavalcarli” con il solito spirito risoluto e canzonatorio, tipico del “brindisino medio in difficoltà”. Questa commedia è l’ultima in ordine di tempo di tante altre messe in scena da “Il Sipario”, frutto di tanto amore e passione verso la rappresentazione teatrale in vernacolo. Ricordiamo “Lu divorziu” del 2024, “E crisci fili…” del 2023, “E quiddu dici..” del 2021, “Sempre arzilli” del 2018 e potremmo ancora andare indietro nel tempo con tante altre commedie.

Purtroppo l’utilizzo dei dialetti è stato stigmatizzato per decenni, principalmente per ragioni legate a una erronea percezione di scarso prestigio sociale: l’utilizzo del dialetto è stato infatti storicamente associato al mondo contadino e a quelle realtà di povertà, difficoltà economica e scarsa scolarizzazione che caratterizzarono il secondo dopoguerra. Il dialetto, insomma, era considerato “cosa da ignoranti”, da relegare a un passato considerato chiuso e superato. Questa visione però non ha impedito ai dialetti di continuare a svolgere un ruolo centrale nella vita degli italiani e dei nostri concittadini, che hanno (fortunatamente!) continuato a utilizzarli in vari contesti sociali. Secondo i linguisti e gli studiosi di cultura italiana i dialetti non dovrebbero quindi essere tralasciati e considerati come un fenomeno culturale retrivo e da relegare al passato, bensì come un tratto caratteristico della cultura e della vita quotidiana degli italiani e quindi dei brindisini.

IL VERNACOLO, ATTO DI “RESISTENZA CULTURALE” NEL MONDO GLOBALIZZATO

Ecco perché lo scrivere in dialetto, che è cosa molta più complessa che parlarlo, è fare una operazione storica, il riscoprire le nostre origini, non solo la documentazione di un passato recente o remoto, ma scoperta della propria identità, della propria specificità in un mondo globalizzato ed indistinto. Ecco perché la scuola, le istituzioni, gli enti locali, le agenzie culturali in genere ed anche i singoli individui dovrebbero favorire queta operazione, prima che sia troppo tardi.

Anche il bando “Capitale della cultura italiana 2027” prevedeva tra i criteri di valutazione l’attivazione di iniziative culturali per esaltare l’identità e le tradizioni culturali locali. Sarebbe davvero bello riuscire ad organizzare il primo “Festival della commedia in vernacolo” da istituzionalizzare nel corso degli anni a venire che coinvolga le compagnie teatrali di Brindisi e perché no anche della nostra provincia. Una iniziativa culturale non solo un concorso, ma una vera e propria celebrazione del vernacolo e un’occasione per riflettere come strumento di crescita personale e collettiva. In un mondo globalizzato, dove le identità tendono a uniformarsi, la valorizzazione del vernacolo assume un significato ancora più profondo: un atto di resistenza culturale per affermare la propria individualità e l’appartenenza a una comunità.

prof. Massimiliano Oggiano