Home Economia e lavoro Confindustria sul Dpp: “Quel documento punta a ridimensionare i settori trainanti dell’industria locale, che conta 7.000 occupati”
Confindustria sul Dpp: “Quel documento punta a ridimensionare i settori trainanti dell’industria locale, che conta 7.000 occupati”

Confindustria sul Dpp: “Quel documento punta a ridimensionare i settori trainanti dell’industria locale, che conta 7.000 occupati”

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BRINDISI – In considerazione della seduta monotematica del Consiglio Comunale di Brindisi del 14 febbraio 2023, avente ad oggetto la discussione sul Documento Programmatico Preliminare al Pug – adottato dalla Giunta Comunale con Delibera n. 457 del 16 dicembre 2022 – Confindustria Brindisi ha elaborato il presente documento di osservazioni, con il contributo del Prof. Federico Pirro del CESDIM (Centro Studi e documentazione sull’industria nel Mezzogiorno Università degli Studi di Bari) per la parte relativa all’industria e la collaborazione del gruppo di lavoro costituito da esperti in materia urbanistica.

Come noto, Il DPP è atto propedeutico al processo di formazione del PUG, esso rappresenta un documento di prima definizione degli obiettivi per lo sviluppo futuro della città e per quanto preliminare, deve essere basato su un sistema di conoscenze e su quadri interpretativi costruiti in modo condiviso. Tanto è previsto nella LR 20/2001, specificato nel DRAG ed esplicitato nella circolare n.1/2008 dell’assessorato regionale all’assetto del territorio.

Il Comune di Brindisi si appresta ad adottare un nuovo DPP che sostituirà quello già adottato nel 2011, di cui sostanzialmente è una versione in parte aggiornata. Data l’importanza di un documento che oltre ad avere carattere tecnico-politico risulta essere strategico per il futuro della città, intesa non solo come territorio ma anche come contesto sociale ed economico, si osserva quanto segue.

Il DPP adottato dalla Giunta Comunale e proposto al Consiglio risulta datato febbraio 2021 con valutazioni di merito su contesti non di stretta competenza comunale, che sono stati nel frattempo oggetto di pianificazione da parte degli enti competenti, e su aspetti che hanno subìto negli ultimi due anni evoluzioni rilevanti. Quello che si rileva dunque è che il DPP proposto non appare coordinato con pianificazioni di settore nel frattempo intervenute (vedi Piano del Porto adottato dall’ADSPM e approdato anche in Consiglio Comunale nel mese di dicembre 2022) e non è attuale in merito a sopraggiunti accadimenti politici e macroeconomici dell’ultimo anno – a cominciare dalla guerra in Ucraina – che tanta incidenza hanno registrato sinora e presumibilmente continueranno a manifestare anche in futuro sull’assetto di alcuni comparti dell’economia locale. Così come non contiene alcun riferimento a comunicazioni ormai ufficiali, riguardanti investimenti in nuovi settori che si stanno localizzando su Brindisi (deposito di GNL della Edison e insediamenti della Act Blades e della Standex), o lavorazioni e montaggi che si prevede possano interessare in misura significativa l’area portuale e retroportuale del capoluogo (parco eolico off-shore floating Kailia della Falck Renewables).

Anche per quel che concerne il futuro della centrale Federico II dell’Enel – di cui peraltro non si registra il rilancio produttivo su 3 gruppi a seguito delle disposizioni governative dello scorso anno – si continua a parlare nel documento di una sua riconversione a gas, quando, al contrario, è noto che Terna e di conseguenza l’Enel non hanno ritenuto (almeno sino ad oggi) che fosse necessaria per il futuro energetico del Paese la capacità di generazione prevista dalla riconversione a gas del sito, per cui – salvo nuove disposizioni – nel 2025 esso andrà spento e in dismissione, con tutte le problematiche connesse al recupero funzionale di strutture e infrastrutture che oggi ad esso sono asservite.

Tali considerazioni portano ad evidenziare l’assenza di una prima conferenza di co-pianificazione, di cui non è stata resa nota eventuale convocazione (ai sensi della L 241/90) e tantomeno di un suo esito in termini di contributi per la costruzione del sistema di conoscenze e di quadri interpretativi in condivisione con altri enti e/o soggetti rappresentanti le parti sociali ed economiche del territorio. Tra questi si evidenzia, peraltro, anche un mancato coordinamento con il territorio provinciale per il ruolo strategico che ricopre la città con le sue infrastrutture e trattandosi inoltre della città capoluogo.

Restano inespressi inoltre contenuti che sarebbero prerogativa del Comune, come la riqualificazione di quelle parti di città interessate da progetti urbani annunciati dalla stessa Amministrazione Comunale in quanto oggetto di finanziamenti rilevanti. Questi interventi non sono oggetto di alcun approfondimento nel DPP in termini di coordinamento e ricadute dal punto di vista urbanistico, economico, sociale e ambientale. Analogamente non si trovano obiettivi e indirizzi per quelle parti di territorio costiero rimaste irrisolte (vedi Acque Chiare e insediamenti lungo la costa nord) e che meriterebbero invece approfondimenti per la definizione di obiettivi programmatici fondamentali per dare un’alternativa di sviluppo compatibile con le risorse naturali. Tanto tenuto conto di un adeguamento del vigente PRG al PPTR avviato con atto di GC e di cui nulla si sa a distanza di due anni dall’incarico al Politecnico di Bari. Tra l’altro sarebbe stato quanto meno opportuno porre l’adeguamento al PPTR alla base degli indirizzi del DPP ,che invece arriva in Consiglio prima della sua definizione ovvero cambierà il sistema delle tutele e delle conoscenze del DPP a valle della sua adozione.

Infine, dal punto di vista procedurale, non risulta avviato il procedimento di VAS nell’ambito dell’atto di indirizzo del PUG (datato dicembre 2020) e il rapporto preliminare di orientamento non risulta allegato all’atto amministrativo di formalizzazione della proposta di piano ovvero alla delibera GC 457 del 16 dicembre 2022.

Pertanto, ad avviso di Confindustria Brindisi sarebbe stata opportuna una rilettura almeno di alcune parti del testo, con un suo aggiornamento alla luce di quanto appena richiamato in questa nota.

Osservazioni di merito

Necessarie precisazioni di carattere storico.

Una lettura attenta dell’ampio elaborato ne evidenzia un’impostazione complessiva chiaramente ispirata da una visione molto riduttiva – quando non anche del tutto negativa – del ruolo assolto nella modernizzazione del capoluogo dal processo di nuova industrializzazione avviatosi nell’ultimo scorcio degli anni Cinquanta con l’insediamento del Petrolchimico della Montecatini, la cui prima pietra venne posata l’8 marzo del 1959, a distanza cioè di quasi due anni dall’approvazione della legge 29 luglio 1957 n.634 che – avviando il ‘secondo tempo’ dell’intervento straordinario nell’Italia meridionale, promosso con la legge 10 agosto 1950 n.646 istitutiva della Cassa per opere straordinarie di pubblico interesse nell’Italia meridionale – ne spostava l’asse prevalente degli investimenti in direzione dell’industrializzazione delle regioni meridionali, perseguita negli anni successivi con la politica dei poli di sviluppo che trovò proprio in Puglia a Bari, Brindisi e Taranto le sue sperimentazioni di maggior successo.

Processo di industrializzazione sommariamente descritto nel DPP con finalità di big push e considerato ‘imposto dall’alto’, ignorandosi in tal modo che, al contrario, quel processo trainato da una grande industria venne fortemente sollecitato dalla popolazione cittadina e dalle sue rappresentanze politiche, sindacali e imprenditoriali, dal momento che le forze endogene del sistema produttivo locale non erano in grado ,a causa di loro limiti strutturali ben noti ,di promuovere una crescita che avesse le stesse dimensioni di quella trainata da un big player come la Montecatini che – non lo si dimentichi – era già arrivata a Brindisi nel 1931, avviando nel capannone, tuttora esistente nell’area portuale come reperto di archeologia industriale, la produzione di fertilizzanti.

Insomma, nella fase di avvio della nuova industrializzazione per poli non solo non si registrò alcuna contrapposizione fra la volontà di investimento della grande holding e la stragrande maggioranza della popolazione brindisina ma, al contrario, quell’insediamento venne da essa salutato come l’inizio di una nuova positiva stagione della vita economica e sociale cittadina.

Risulta pertanto del tutto destituito di fondamento storico il tentativo – che pure sembra adombrato in alcune pagine del DPP – di far risalire al periodo di insediamento del Petrolchimico una supposta e tuttora persistente ostilità ad esso da parte della cittadinanza: ostilità che peraltro oggi è circoscritta a settori largamente minoritari della cittadinanza.

Il DPP invece – pur registrando in un suo passaggio i benefici in termini di occupazione, effetti indotti e miglioramento delle condizioni socioeconomiche locali che quel grande insediamento aveva generato nel capoluogo e nel suo hinterland – finisce però col circoscriverne subito dopo l’effettiva rilevanza, che in realtà si protrae sino ai giorni nostri,- affondandola nella considerazione dei danni all’ambiente e alla salute degli abitanti che la grande industria chimica avrebbe generato.

Vengono peraltro ignorati gli investimenti compiuti nel Petrolchimico nel corso degli anni per migliorarne costantemente la sostenibilità, a partire dalla ricostruzione fra la prima e la seconda metà degli anni ’90 dell’impianto di cracking, sollecitata insistentemente dalle forze sindacali nel lungo periodo intercorso dall’incidente dei primi di dicembre del 1977 che aveva registrato la distruzione del cracker e purtroppo la morte di tre dipendenti.

Secondo gli estensori di quella parte del DPP ,insomma, i costi sul lungo periodo dell’insediamento del Petrolchimico avrebbero superato di gran lunga i suoi benefici di breve periodo, ponendo così le premesse per un suo impatto del tutto negativo sui tempi medio lunghi sull’ecosistema brindisino, costituendo in tal modo il grave vizio di origine della storia industriale contemporanea del capoluogo.

Pertanto tutta l’azione programmatoria dell’Amministrazione comunale, in vista dell’approvazione del nuovo PUG, dovrebbe essere rivolta a concorrere alla rimozione della causa prima degli effetti negativi derivanti dall’insediamento del grande impianto della chimica di base e degli altri che gli sono funzionalmente connessi in quello che gli economisti industriali definiscono un ‘sito industriale complesso’ i cui impianti cardine sono funzionalmente connessi.

Peraltro è singolare poi nel documento che si riconosca a pag. 273 quanto segue: ‘’Il sistema industriale esistente costituisce un patrimonio di grande valore per lo sviluppo del territorio. Pur essendo in crisi, è ancora consistente e dotato di cospicue possibilità di espansione. La presenza di una grande struttura industriale a Brindisi ha comportato anche la diffusione di una cultura industriale, cosa non facile da costruire e che è sicuramente un’altra grande risorsa per la città.’’

Verrebbe da supporre, leggendo queste affermazioni, che forse fra gli estensori del documento non vi sia stata perfetta identità di vedute sul ruolo del sistema industriale esistente.

La Confindustria di Brindisi comunque – facendosi interprete non solo delle valutazioni delle aziende associate, ma anche delle qualificate opinioni degli altri stakeholder, del mondo della ricerca e più in generale della grande maggioranza della popolazione locale – ritiene che Brindisi debba conservare e consolidare il ruolo di piattaforma industriale avanzata, imperniata non solo su tutti i comparti che attualmente la caratterizzano, ma arricchendola con nuovi stabilimenti, non solo in filiera con i settori già esistenti, ma raccordati: a) a trasformazioni agroalimentari; b) a produzioni di tecnologie per migliorare la sostenibilità ambientale; c) a nautica da diporto; d) a tecnologie per le energie rinnovabili; e) a produzioni di hotellerie.

Tale apparato di produzioni manifatturiere ed energetiche dovrà essere sempre più ecologicamente sostenibile, ed operare al servizio dello sviluppo competitivo della Puglia, del Meridione e dell’intero Paese.

La Confindustria peraltro non assume una difesa d’ufficio dell’apparato industriale insediato localmente, ma muove da un’attenta valutazione – che sarà ampiamente documentata nell’elaborato finale delle osservazioni – di quella che è l’incidenza effettiva del suo funzionamento non solo sull’occupazione diretta e indiretta dell’indotto di primo livello, ma anche 1) sulle esportazioni dalla provincia; 2) sulle maggiori movimentazioni portuali, ferroviarie e stradali; 3) sugli investimenti attivati nell’area – anche per mitigarvi le emissioni sull’ecosistema territoriale – 4) sulle operazioni bancarie; 5) sul gettito tributario assicurato alle Istituzioni locali; 6) sui rapporti con il mondo della ricerca e della formazione scolastica superiore.

Tutto ciò non solo al fine di difendere e accrescere l’occupazione – con particolare riferimento a quella da crearsi per le nuove generazioni, cui si devono offrire ragionevoli speranze di permanenza nel territorio e di impiego qualificato – ma anche per preservare gli standard reddituali assicurati direttamente, o attraverso l’impiego nei circuiti dell’economia locale degli stipendi e dei salari corrisposti dalle industrie e dai loro fornitori nel loro insieme.

Si è resa pertanto necessaria una rinnovata e più ampia ripresentazione del panorama industriale cittadino, che sarà compiutamente definita nell’elaborato finale del documento confindustriale, e di cui in questa nota preliminare si riportano alcuni dati di sintesi.

Brindisi: una città a trazione industriale di rilievo internazionale con grandi gruppi italiani ed esteri: investimenti ed esportazioni nello scenario della transizione energetica. Il capoluogo nell’Italia meridionale deve conservare il suo ruolo fra le aree trainanti, sempre più attrattiva per investimenti italiani ed esteri.

L’industria di Brindisi e della sua provincia è ormai da tempo interamente coinvolta nei processi sempre più complessi e problematici della transizione energetica, cui si sono aggiunti dal marzo del 2020 e sino ai primi mesi del 2021 gli effetti della pandemia da covid, nettamente superati però dal secondo trimestre di quell’anno e nell’intero corso del 2022 che, pur in una fase di crescita della sua economia, ne ha comunque registrato un rallentamento.

Al di là comunque degli andamenti congiunturali, l’apparato di produzione industriale localizzato nell’agglomerato consortile o nelle sue immediate adiacenze continua a disporre di una struttura fra le più solide dell’Adriatico, del Mezzogiorno e del Mediterraneo centro-orientale per dimensioni di impianti, numero di addetti diretti e in attività indotte, esportazioni, entità di investimenti, innovazioni tecnologiche, anche se gli effetti della transizione si stanno avvertendo sempre più acutamente sugli assetti complessivi del comparto energetico, mentre sono ancora da precisare a livello governativo e regionale risposte efficaci e tempestive ai problemi specifici di alcune aziende dell’apparato manifatturiero territoriale, già da tempo focalizzati dalla nostra Associazione e dai Sindacati.

Ai grandi stabilimenti petrolchimici, energetici e dell’aerospazio si affiancano tuttora Pmi, molto qualificate, in rapporti di subfornitura e cofornitura con alcune delle industrie maggiori.

Brindisi è ancora fra le città dell’Italia Meridionale che presentano un elevato numero di fabbriche e di centrali elettriche di grandi e medi gruppi esterni al territorio e cioè: Eni (con Versalis, Enipower e Syndial), Enel (con la controllata Enel produzione), A2A, Jindal, LyondellBasell, Euroapi, Leonardo Divisione Elicotteri, Avio-Aero, Magnaghi-Salver, Dema, Adler-Rav, Ipem, Sapio-Chemgas,Gruppo Ferrovie dello Stato, Mignini&Petrini, Scandiuzzi Steel Constructions. SRB, Ti-Automotive, Vetimec-Iba, Consorzio Cantieri Riuniti del Mediterraneo, Tali aziende occupano fra diretti e indiretti circa 7.000 unità, in alcuni casi aziendali di rilievo impegnati in attività di ricerca o in strutture delle singole imprese, o collaborando con i dipartimenti di alcune Università.

La città industriale vanta tuttora alcuni primati:

a) è tuttora, almeno per capacità di generazione, il 1° polo energetico del Paese, pari a 3.170 Mw, dei quali 1.920 nella Centrale Federico II dell’Enel – di cui però in phase out dal carbone è stato già disattivato il gruppo n.2 – 640 di A2A, al momento disattivati, e 1.170 dell’Enipower. Il comparto occupa circa 600 addetti, fra diretti e indiretti, tuttavia in fase di riduzione. Quella dell’Enipower è la più potente in Italia fra le centrali della controllata dell’Eni;

b) la Federico II dell’Enel, a sua volta, con i suoi attuali 1.920 MW, è con l’altra di Civitavecchia il sito dell’Enel di maggiore capacità di generazione, ed anche se negli ultimi anni è andata progressivamente riducendo la sua attività, a seguito delle decisioni governative scaturite dalla guerra in Ucraina, è stata riportata al massimo della sua attuale capacità installata. Come si vedrà nella relazione finale, nell’area di questa centrale, una volta dismessa, è prevista una serie di interventi;

c) Brindisi, inoltre, con oltre 1.600 addetti all’industria aeronautica è la 2° area del comparto nel Sud, dopo l’area di Napoli e i suoi siti maggiori a Pomigliano d’Arco e Nola. Una delle maggiori aziende del settore ha risentito dal marzo 2020 della crisi di domanda legata agli effetti della pandemia, che è stata poi superata, mentre le altre due imprese più grandi legate a programmi di produzione a medio e lungo termine hanno risentito molto meno del rallentamento imposto dalla pandemia da Covid 19.

Il polo locale della chimica spicca per dimensioni e standard tecnologici dei suoi impianti fra i più avanzati fra quelli che si affacciano sull’Adriatico – Porto Marghera, Ferrara, Ravenna – e fra quelli che sono insediati anche nel Meridione: Priolo, Gela, Sarroch, Porto Torres. Nel comparto vi sono in città stabilimenti che, per processi e prodotti, sono di eccellenza non solo nazionale ma anche di standing internazionale.

Nel comparto si segnala la presenza del grande stabilimento della Versalis, considerato fra i più performanti fra gli altri siti del settore in Europa; l’attività della multinazionale LyondellBasell con i suoi cicli produttivi tecnologicamente avanzati; gli stabilimenti della IPEM e della Sapio-Chemgas, quest’ultima interessata da recenti investimenti che ne hanno incrementato la.produzione ; la fabbrica modernissima della multinazionale indiana Jindal che produce films per packaging.

Il valore della produzione dei 20 maggiori siti industriali del territorio.

Il valore della produzione dei siti locali delle 20 maggiori aziende sopra citate ha raggiunto nel 2021, secondo una stima prudenziale, i 3,5 miliardi di euro. Al riguardo, si consideri però che.molte delle società prima richiamate non hanno se legale in città, e pertanto non riesce agevole quantificare il loro apporto al fatturato e/o valore della produzione manifatturiera ed energetica prodotta nel territorio.

Al valore complessivo prima stimato di 3,5 miliardi di euro nel 2021 delle 20 maggiori imprese, bisogna poi aggiungere i ricavi contabilizzati, sempre nel 2021, da un folto gruppo di Pmi di sub e co-fornitura operanti in loco che si documenteranno nella relazione finale: si può tuttavia già anticipare che tali fatturati – riferiti a circa 30 Pmi – potrebbero essere complessivamente ammontati nel 2021 a non meno di 100 milioni.

Le maggiori industrie locali utilizzano materie prime e combustibili prevalentemente di importazione ed esportano larga parte dei prodotti finiti e pertanto, con il loro import-export, rendono Brindisi una “città del mondo” che dovrà potenziare sempre di più l’apertura internazionale della sua economia. Nel 2021 le esportazioni sono ammontate a 975milioni, per quasi il 50%, imputabili al settore chimico che conserva il 1° posto fra quelli export oriented del territorio.

Inoltre l’industria nel suo insieme – comprendendovi cioè l’edilizia e tutti gli comparti considerati come industriali dall’Istat – permette ancora al capoluogo di collocarsi ai primi posti fra le città pugliesi per il valore aggiunto pro-capite. Il valore aggiunto generato dall’industria, considerata nell’insieme dei suoi settori compresa cioè l’edilizia, si stima che incida percentualmente su quello complessivo cittadino per il 27,5%.

Nell’ultimo decennio si sono concentrati sull’area massicci investimenti per innovazioni di processi e di prodotti, molti dei quali sostenuti con incentivi da parte della Regione Puglia mediante contratti di programma riservati a grandi imprese. Ne hanno beneficiato in particolare Euroapi, Leonardo Divisione Elicotteri, Jindal, Magnaghi-Salver, Avio-Aero.

Altri investimenti invece per manutenzioni ordinarie e straordinarie non hanno goduto di agevolazioni pubbliche, ma hanno assunto significative dimensioni, come quelli all’interno del polo petrolchimico negli stabilimenti della Versalis, dell’Enipower e della LyondellBasell.

Investimenti in corso o previsti nell’area di Brindisi.

Altri massicci investimenti sono previsti a breve-medio termine nell’area industriale del capoluogo.

Investimento significativo è quello della Edison che realizzerà un deposito di GNL, soprattutto per alimentazione di mezzi di trasporto che lo useranno come combustibile.

Altro intervento già in corso è quello della multinazionale farmaceutica Euroapi che sta trasformando il suo sito locale in un impianto di riferimento a livello mondiale per la produzione di principi attivi per varie tipologie di farmaci.

Anche l’investimento della Act Blade per la produzione di pale eoliche di nuova generazione si segnala per la sua rilevanza.

Altro investimento si segnala nel comparto dello storage energetico.

Sono previsti inoltre investimenti di Edison, Saipem, Snam e Alboran ed altre primarie aziende italiane nel settore della produzione di idrogeno verde, di cui l’area industriale di Brindisi aspira a diventare uno dei maggiori poli del Paese.

La nuova frontiera dell’eolico off-shore floating. Il parco Kailia.

Inoltre, non appena saranno autorizzati dalla Autorità competenti i massicci investimenti proposti dalla Falck Renewables per due parchi eolici floating – da localizzarsi nell’Adriatico meridionale al largo di Brindisi e sino al Capo di Leuca – sono previste attività di costruzione di torri, aerogeneratori, cablaggi, loro assemblaggi, costruzioni di piattaforme per il posizionamento delle torri, trasferimento e montaggio al largo, loro monitoraggio in remoto.

L’area industriale del capoluogo, alla luce della sua contiguità con lo scalo portuale, potrebbe divenire così un sito di rilievo nazionale per la costruzione e/o il montaggio di specifiche sezioni di centrali eoliche floating.

L’investimento stimato dalla Falck Renewables per il parco Kailia ammonta a 3,5 miliardi di euro.

Il ruolo strategico del sistema infrastrutturale multimodale del polo brindisino: porto, aeroporto, linee stradali e ferroviarie e le loro connessioni funzionali.

Brindisi e il suo hinterland possono esaltare la loro capacità attrattiva perché si avvalgono delle attività del Consorzio per l’Area di sviluppo industriale – che include 4 agglomerati attrezzati, ovvero quello del capoluogo e gli altri 3 nei Comuni di Fasano, Ostuni e Francavilla Fontana – e del grande porto industriale della città in cui solo Versalis ed Ipem movimentano oltre 300 navi all’anno, secondo i dati riguardanti gli anni 2018-2019-2020-2021-2022.

Lo scalo peraltro – che vanta il collegamento ferroviario con la rete nazionale e con il centro intermodale cittadino delle FS – sta per essere interessato dai lavori per i nuovi investimenti già finanziati dal Ministero delle Infrastrutture e della mobilità sostenibili nell’ambito del PON-Infrastrutture e reti 2014-2020 che ne valorizzeranno ulteriormente le capacità di attracco e di movimentazioni.

Da segnalare l’esperienza della Lotras – azienda foggiana leader nel trasporto merci su ferro che nello scalo merci ferroviario di Brindisi, ormai in disuso, ha avviato da qualche tempo una innovativa soluzione di trasporto strada-ferro verso e dalla sua piattaforma di Forli-Villa Selva con importanti aziende dell’autotrasporto del Salento e con la VTG, grazie a sistemi specializzati per il carico dei rimorchi non gruabili con una soluzione tecnica innovativa. In tal modo ogni settimana alcune centinaia di Tir che percorrono la distanza fra Brindisi e Forlì vengono trasferiti dalla strada alla rotaia, concorrendo in tal modo alla riduzione dell’impatto ambientale.

Brindisi inoltre è inserita nella ZES-Zona economica speciale del Mare adriatico meridionale e dispone di due zone doganali chiuse.

Altro fattore infrastrutturale attrattivo per nuovi investimenti è costituito dalla presenza del grande aeroporto con collegamenti internazionali, e nei cui pressi l’ONU ha creato una delle sue più grandi basi logistiche per missioni umanitarie worldwide.

I collegamenti ferroviari e stradali con le aree del Salento a Sud, di Taranto ad ovest e con la Città metropolitana di Bari sono assicurati da linee stradali e ferroviarie a doppia corsia e a doppio binario.

La vision del DPP dell’area di Brindisi: ridimensionamento dell’industria chimica ed energetica, opzione “neoagrarista”, promozione turistica, creazione di industria logistica.

Volendo ora riassumere i tratti salienti della vision del futuro auspicato di Brindisi che traspare nel documento oggetto del confronto, si può evidenziare come la città – alla luce dell’impostazione voluta dai suoi estensori che puntano soprattutto al ridimensionamento di settori trainanti dell’industria locale come chimica di base ed energia – risulterebbe di fatto progressivamente disconnessa dal ricco sistema di interrelazioni economiche e produttive che oggi la rendono una dinamica “comunità del mondo”, parte integrante cioè di una vasta scacchiera produttiva nazionale ed euromediterranea – e verrebbe relegata invece ad ambiti di progressiva marginalità, con modeste capacità propulsive endogene, sfinita dalla rischiosa gracilità della sua intelaiatura economica che di fatto diventerebbe residuale, e forse definitivamente rassegnata alla fuga delle sue risorse più giovani e più pregiate.

Infatti i punti deboli della proposta di sviluppo contenuta nel DPP secondo Confindustria Brindisi sono i seguenti:

1) una declinazione che si potrebbe definire “neoagrarista” della crescita – peraltro non arricchita almeno apparentemente nel DPP da ipotesi di sviluppo di una solida industria di trasformazione che esiste in Comuni della provincia, ma non nel capoluogo e della quale non sembra prevedersi un qualche rafforzamento anche in termini urbanistici;

2) la supervalutazione delle potenzialità turistiche della città – destinata peraltro a restare con il suo aeroporto e lo scalo crocieristico solo un punto di passaggio per le mete della Valle d’Itria, dell’entroterra di Fasano e Ostuni con le loro grandi masserie 5 stelle lusso – e del Salento;

3) la proposta di sviluppo di un’industria logistica a Brindisi – dagli stessi estensori del documento considerata una ’scommessa su cui impegnarsi’ – che in realtà avrebbe scarso appeal senza o con una debole base manifatturiera locale, essendovi già – per chi arrivi dal canale di Suez – il vicino porto di Taranto che presenta be altre capacità attrattive per dimensioni di aree disponibili e dotazioni di imponenti tecnologie portuali di movimentazione, raccordato a linee ferroviarie nazionali.

Un’agricoltura interessata da processi di modernizzazione di orientamenti colturali e legata a robuste trasformazioni industriali, cosi come un turismo, sia pure di passaggio, sono sicuramente risorse utili per la crescita del capoluogo, insieme ad un’industria logistica alimentata da produzioni dell’industria locale. Ma per le dimensioni del loro valore aggiunto e i minori livelli salariali assicurati ancora con forti caratteri di stagionalità, agricoltura e turismo possono sicuramente considerarsi risorse complementari e non certo sostitutive di trasformazioni manifatturiere che hanno i loro pilastri negli impianti chimici ed aeronautici – con le loro supply chain – e nell’industria energetica in trasformazione, grazie anche all’arrivo di produttori di tecnologie per le rinnovabili.

Anche in questo caso però, si deve rilevare nel documento presentato e sempre a pag. 273, una contraddizione con quanto affermato in altre parti del testo, quando si scrive: ‘Tuttavia Brindisi vuole abbracciare un modello di sviluppo differente che comprende la conferma e la valorizzazione del comparto industriale esistente, ma orientato anche al terziario e in particolare a cultura e turismo.’ Insomma, torna ancora una volta una valutazione positiva del comparto industriale esistente senza esclusioni settoriali che lascerebbe supporre un’altra diversità di opinioni fra gli estensori del documento.

Alcune considerazioni conclusive: necessaria una rielaborazione del DPP.

Grazie alle medie e grandi aziende già presenti ormai da molti anni sul suo territorio e in quelli di Comuni vicini, e per gli elevati investimenti appena conclusi, in corso o previsti a breve termine, Brindisi invece deve continuare a presentarsi come uno dei poli industriali dell’Italia meridionale con la maggiore capacità di calamitare investitori che guardino al bacino mediterraneo e al Medio ed Estremo Oriente come aree di allocazione di loro beni e servizi.

Brindisi dunque deve confermarsi nell’Italia meridionale come una delle porte per il Nord Africa, i Balcani e il Medio ed Estremo Oriente, ma perché possa conservare questo ruolo – in realtà risalente storicamente agli ultimi secoli dell’epoca precristiana – il suo apparato industriale e infrastrutturale ha la necessità di qualificare e potenziare sempre di più le sue funzioni di servizio non solo della Puglia e del Salento, ma dell’intero Paese.

La transizione energetica con i suoi risvolti tecnologici, impiantistici ed occupazionali – se non sarà vissuta dal territorio e dai suoi stakeholder con la piena consapevolezza delle tuttora persistenti capacità realizzative dell’apparato di produzione industriale – rischierebbe di scardinare, o almeno di condannare ad un lento ma inesorabile declino, un compendio manifatturiero tuttora di rilievo nazionale e per qualche comparto anche internazionale.

Il declassamento e il declino dell’industria localmente insediata pertanto non sono un destino ineluttabile, né tanto meno possono essere prefigurati sotto il profilo programmatico come obiettivi auspicabili di un decorso storico che pure si immagina nel DPP disteso su tempi mediolunghi.

Servono dunque per il futuro di Brindisi qualificate certezze, partendo dall’imponente stock di capitale industriale esistente, da consolidare, rigenerare o riconvertire lungo traiettorie di crescente ecosostenibilità, e non propositi programmatori che di fatto – anche al di là delle intenzioni dei loro promotori – rischierebbero di tradursi in veri e propri ‘salti nel buio’.

Per evitare o almeno mitigare al massimo questo rischio, Confindustria Brindisi continuerà a dispiegare sino in fondo le sue capacità di analisi e di proposta, sicura di poter avere al suo fianco non solo le aziende associate, ma le forze sociali e produttive del territorio. L’Associazione pertanto continuerà a profondere il massimo impegno per la crescita e lo sviluppo del territorio, ecologicamente e socialmente sostenibile.

Gli estensori del DPP pertanto, compiuta una profonda rielaborazione del testo consegnato alla consultazione pubblica – e prendendo atto in forme scientificamente documentate del ruolo ancora fondamentale assolto da tutti i comparti dell’apparato di produzione manifatturiera ed energetica insediati nel territorio, non solo per la tenuta degli assetti strutturali ed infrastrutturali dell’economia di Brindisi, ma anche per la conservazione dei suoi equilibri sociali, demografici e culturali – dovrebbero contribuire a definire più precise linee di indirizzo, volte a rafforzare quell’apparato, naturalmente in un scenario di crescente ecosostenibilità resa possibile non solo dagli investimenti a ciò finalizzati promossi dai grandi gruppi, ma anche dall’impiego sempre più diffuso di tecnologie e best practices gestionali.