Il Governo lavora per inserire Brindisi nelle reti Ten-T. Ma i nostri politici rappresentano un problema gravissimo
BRINDISI – Il vice-ministro delle Infrastrutture, Edoardo Rixi, riapre timidamente la partita dei corridoi logistici europei. Nel corso del convegno organizzato dalla fondazione Merita sulle Zes pugliesi, infatti, l’esponente del Governo ha dichiarato: «Abbiamo parlato con l’Unione Europea per aprire nuovi corridoi che arrivino dall’est Europa e che finiscano su Bari e su Brindisi. Serve una nuova capacità di dialogo con i Balcani, perché la Puglia in questa partita allargata alla Grecia potrebbe avere un ruolo importante». Il riferimento è al “revamping” del corridoio VIII. Musica per le orecchie del presidente dell’Autorità di sistema portuale del Mar Adriatico Meridionale, Ugo Patroni Griffi, che ha commentato così l’apertura di Rixi: «I nuovi corridoi ci danno grandi opportunità. Quello che ha detto il vice-ministro è musica: avevo intenzione, infatti, di lanciare un monito sul fatto che l’Europa ha creato, nella distrazione di tutti, delle proposte di nuovi corridoi europei che danneggiano soprattutto il Mezzogiorno. Non capisco per quale motivo il nuovo corridoio che va dal Baltico al Mar Nero e arriva fino all’Ucraina deve essere collegato da nord a sud scartando l’Italia e non potrebbe essere invece ricollegato tramite la dorsale adriatica, che arriva a Bari – e che a mio avviso dovrebbe essere prolungata fino a Brindisi – e che è di collegamento con i Balcani? Siamo noi i porti prospicienti i Balcani, siamo noi quelli su cui era stato pensato tanti anni addietro il corridoio pan-europeo VIII. È assurdo che questo corridoio si sviluppi a partire da Tirana, da Igoumenitsa e da Patrasso. E l’Italia che l’aveva immaginato e aveva il segretariato a Bari? Questo è un errore».
Tale tesi è condivisa dall’ultimo rapporto Eurispes, in cui viene scritto che «sarebbe importante per l’intero sistema di rete europea e, nello stesso tempo, per i porti italiani del core network TEN-T riallineare il sistema ferroviario e i porti italiani del Corridoio Baltico-Adriatico, prolungato fino a Bari, verso la rete dell’Ucraina ed i porti del Mar Nero attraverso il corridoio pan-europeo VIII (Mar Baltico-Mar Nero), potenziando l’asse dei collegamenti: Bari-Bar-Valona-Tirana-Skopje-Varna-Burgos. In questa prospettiva, sarebbe importante la definizione di accordi tra Ue, Italia e la Black Sea Economic Cooperation (BSEC)».
In realtà, l’ultima proposta della Commissione Europea di revisione del Regolamento sulle reti Ten-T datata 27 luglio 2022, che introduce elementi di novità – commentati negativamente da Patroni Griffi – rispetto alla proposta di revisione del 14 dicembre 2021, riguarda soprattutto Bari, al centro di ben due corridoi: quello Scandinavo-Mediterraneo e adesso, con il prolungamento da Ravenna a Bari, anche di quello Baltico-Adriatico. Brindisi, invece, è sempre rimasta fuori da tali corridoi, sin dalla istituzione dei porti core con Regolamento del 2013. Già nel Documento economico-finanziario 2020 (Governo Conte), infatti, si poteva leggere del prolungamento della rete Ten-T fino ad Ancona e che gli obiettivi prioritari del Governo riguardavano la “Intera dorsale adriatica, con particolare riferimento alla sezione Ancona-Bari al fine di perseguire l’obiettivo di prolungare il Corridoio Baltico-Adriatico lungo l’asse adriatico fino al nodo di Bari su cui i volumi di traffico passeggeri e merci sono in continua crescita, consentendo, così, di completare la rete centrale TEN-T con un vero e proprio anello mancante, sia ferroviario che stradale, per rafforzare la competitività dell’Europa e in particolare della Regione Adriatico Ionica, anche in ottica di rafforzamento dei collegamenti marittimi orizzontali con l’area balcanica”.
E infatti, consequenzialmente nel 2021 le uniche proposte formali di revisione messe sul tavolo europeo da parte del Governo hanno riguardato l’ulteriore allungamento della rete fino a Foggia, così da connetterla con il tratto del corridoio Scandinavo-Mediterraneo che va da Bari a Taranto. Ecco compiuto il capolavoro: Bari attraversata da due corridoi logistici, Brindisi da nessuno. Nel silenzio di tutti.
Come detto in apertura, adesso il vice-ministro Rixi fa pervenire sul gong una flebile speranza che Brindisi possa rientrare in una partita strategica di primo rilievo, anche perché sono previsti parecchi soldini per infrastrutturare le città ricomprese in tali reti. Al Comune di Brindisi, però, in questi anni sono stati troppo concentrati a contrastare l’attività dell’Autorità portuale ed a chiedere l’indipendenza da Bari per interessarsi alla tematica delle reti Ten-T. Ad onor del vero, il Comune è in buona compagnia in questa partita a perdere. Però avrebbe fatto piacere che l’Amministrazione comunale avesse speso in tempo utile una parola al riguardo invece di inseguire i fantasmi. Tra l’altro, per giocare questa partita sulle reti Ten-T, ma anche per quella sulla (deleteria) richiesta di un ritorno alla indipendente Autorità portuale di Brindisi, il porto avrebbe bisogno di un grande cambio di passo sul fronte del traffico merci: deve muoverne almeno l’1% di quello totale dei porti europei per essere classificato porto core e quindi rientrare a pieno titolo nelle partite di cui sopra. Oppure dovrebbe essere riconosciuto come nodo urbano primario, artifizio utilizzato per Bari, dato che non raggiungeva la quantità richiesta di merci movimentate. E non sarà di certo il carbone richiamato da Rossi l’arma segreta del porto di Brindisi, dato che la centrale Enel è destinata alla smobilitazione nel giro di pochi mesi, al massimo di una manciata di anni. Quello su cui la città avrebbe bisogno di spingere sono invece i (nuovi) carburanti, le rinfuse liquide, che rappresentano il 33% delle merci scambiate nel mondo e che vedranno i porti del Mezzogiorno centrali, dato che proverranno principalmente dall’Africa. L’Amministrazione comunale, però, sta provando in tutti i modi a sabotare questa possibilità che l’Autorità di sistema portuale accarezza per Brindisi. Citofonare: “battaglie contro il gnl”. Purtroppo il Consiglio comunale sul Piano regolatore portuale ha reso manifesta tutta l’impreparazione (trasversale) della politica locale sul tema della portualità. Tra chi parlava di un Prp invotabile perché privo dell’allargamento del canale Pigonati (che sottrarrebbe uno o due dei nuovi accosti di Sant’Apollinare: ma questo non lo sanno perché non hanno l’umiltà di informarsi presso l’ente che ha competenza, in tutti i sensi) e chi rispolverava mire espansionistiche sul traffico container (perché non sono previsti dragaggi fino a -18 metri? Si chiedevano tormentati quelli della maggioranza contrari alle vasche di colmata), in quell’aula consiliare sono davvero calati il buio e il gelo. Poi uno si chiede come mai una città dalla incredibile importanza come Brindisi sia sprofondata così in basso.
A spiegare perché è inutile che il porto di Brindisi punti sul traffico container è stato Patroni Griffi nel corso del seminario della fondazione Merita: «Perché dovremmo far arrivare dei container a Bari o a Brindisi, rompere il carico per poi mettere questi container sull’adriatica – che è congestionata -, senza sapere quando arriveranno verso i mercati europei? Non ha molto senso pensare a questo traffico containerizzato, che non cresce. Questo Paese è rimasto ancorato agli anni ’70 in cui si immaginava che tutto il traffico mondiale potesse essere containerizzato, e quindi ci ritroviamo ancora i nostalgici del transhipment. Si tratta di un’attività poverissima, che vede tra l’altro già saturo il mercato italiano. Noi, invece, abbiamo un’intermodalità che ci può interessare: siamo leader nei rotabili, nelle autostrade viaggianti. Per fortuna è stata adeguata alla sagoma P/C 80 e P 400 l’intera dorsale adriatica, e questo sì che è un mercato interessante».
Ma niente, al Comune di Brindisi pensano al ritorno all’Autorità portuale di Brindisi, al traffico container e a come riempire il parere sul Prp di osservazioni dilatorie, che verranno molto probabilmente riproposte in fase di Vas e che potrebbero alimentare la burocrazia difensiva di altri uffici, come già accaduto per le opere portuali portate avanti in questi anni. Nel parere al Prp dell’ente comunale, infatti, si legge che le analisi dei sedimenti delle varie opere in cantiere devono essere «aggiornate e ampliate». Il tutto corredato dalle immarcescibili convinzioni che ogni insediamento previsto o autorizzato dall’AdspMAM è localizzato nel punto sbagliato (possibile che non gliene vada bene nemmeno una?), dalla richiesta di eliminare il riferimento alla delocalizzazione delle attività di cantieristica navale sulla colmata di Costa Morena Est (l’ampliamento della cantieristica nei pressi del Marina di Brindisi, no; i cantieri navali sulla colmata, no; gli yacht sulla banchina centrale del lungomare, no. Precisamente da dove si evincerebbe che il Comune vuole favorire questa economia?) e da sollecitazioni a intervenire per tutelare beni ambientali, culturali e paesaggistici presenti in ambito portuale. Tutela che sui beni culturali e paesaggistici di proprietà del Comune non sempre è stata proprio impeccabile in questi anni. Ma questa è un’altra storia.