I Progressisti per Brindisi lanciano il guanto di sfida: portare una proposta politica diversa all’interno del Pd
BRINDISI – In vista della fase costituente del Pd e del conseguente congresso, i Progressisti per Brindisi lanciano il guanto di sfida agli attuali reggenti del partito ponendosi l’obiettivo di portare nel Pd una linea politica differente. Di seguito il testo pubblicato dai Progressisti per Brindisi.
“Abbiamo pensato di condividere questo “manifesto”, la scelta di aderire alla nuova fase costituente del PD. Per questo motivo vi chiediamo di aderire allo stesso e di farlo con il nostro stesso slancio e con la nostra stessa speranza. Se deciderete di sottoscrivere il documento sarà sufficiente scrivere un breve commento a questo post.
GRAZIE !!!
Di seguito il documento
Guardiamo con interesse al congresso del PD. La nostra attenzione è anche la speranza che diventi l’occasione per unire e riunire.
Vuole essere questo il nostro maggiore impegno; l’impegno di chi ha a cuore l’esistenza di una forza progressista dopo il prevedibile e disastroso risultato elettorale. Non è una questione organizzativa o di nomi ma di identità, di visione, di idea dell’Italia e dell’Europa e di gruppi dirigenti riconosciuti e autorevoli.
Come tanti che hanno una storia politica di militanza ed impegno a sinistra sentiamo da tempo la mancanza di un partito, nuovo e moderno, dove potersi confrontare e lavorare “assieme”. Un partito che non comunichi solo attraverso i social o le chat di WhatsApp o, peggio, che consideri la politica e la partecipazione solo come gestione di governo a cui immolare dignità, valori, coerenza e serietà. Un partito dove poter costruire progetti condivisi per migliorare le condizioni di vita di chi soffre di più e paga le conseguenze di una ingiustizia diffusa.
Alcuni di noi hanno forse commesso l’errore politico l’aver lasciato il PD; allontanati dalla cultura governista a tutti i costi, da un pensiero economico liberista e dalla personalizzazione della politica; come era diventata la gestione Renzi del PD.
Cultura che pervade ancora in molti dei dirigenti locali di questo partito. Molti di loro sono cresciuti nei e con i governi ai vari livelli e lontani dalla realtà e dalla vita dei cittadini.
La pandemia, la guerra, i risultati elettorali e la vittoria della destra impongono oggi a tutti un salto in avanti, uno slancio ma molti dirigenti dovrebbero liberare il campo per fare spazio ad una nuova generazione di donne e uomini che sono chiamati ad agire con umiltà per poter imparare ad ascoltare e ad unire. Spetterà a loro ricreare quel senso di comunità, perduto da tempo, per diventare portatori di speranza di un mondo migliore.
Non è più il tempo per rinfacciarsi le responsabilità delle sconfitte e degli errori di questi anni. Ci vogliono scelte straordinarie, coraggiose e nuove .
C’è una destra da combattere e sconfiggere culturalmente e socialmente. C’è da organizzare l’opposizione ritornando tra la gente, respirando il loro problemi per elaborare proposte; e non solo nelle aule parlamentari o sui social.
C’è un paese da unire e un rapporto con il popolo e con il mondo del lavoro da ricostruire, un rapporto indispensabile anche per recuperare al voto una parte di quel 50% che non vota più.
A tutti coloro che hanno teorizzato che sinistra e destra erano concetti e collocazioni superati è stata data una lezione di realtà.
La destra esiste e in Italia si è manifestata e si manifesta in una forma aggressiva e regressiva come mai conosciuta nella nostra storia. Questa destra ora governa il paese e con le sue proposte e le sue scelte; ed ora bisogna sapersi confrontare e non basta richiamarsi all’antifascismo.
Lo avrebbe dovuto capire da tempo tutta la sinistra che ha preferito, in questi anni, una parte importante di essa, rincorrere politiche liberiste e di mera gestione di governo e un’altra parte impegnata solo a polemizzare con queste politiche. Si è persa da tutte e due le parti la dimensione della realtà e ci si è allontanati da un popolo che chiedeva protezione e riferimenti certi. C’è stato e c’è ancora a sinistra un governismo senza anima, così come esiste anche il parassitismo della testimonianza che misura la propria identità sui centimetri di distanza dalla forza più grande, modellando la propria funzione quasi sempre in chiave elettoralistica. Non ci convince anche per questo un partito che si vorrebbe rilanciare facendo affidamento sugli amministratori locali e regionali che in molti casi sono il problema e non la soluzione della crisi del pd.
Questi anni ci hanno cambiato, ci hanno portato a fare i conti con tornanti della storia che nessuno aveva calcolato.
Spetta certamente al PD, ma non solo ad esso, dare un segnale forte in questa direzione. Da Roma e dai territori dovrebbero partire iniziative tese a unire per ascoltare e confrontarsi. Insomma serve costruire un soggetto politico collettivo.
È questa la fase congressuale costituente del PD? Rischia questa fase di essere uno specchietto per le allodole e di essere dominata o rimossa per il suo precipitare sui nomi di candidati e candidate a prescindere.
In Puglia ed a Brindisi di una discussione seria sullo stato del PD non c’è traccia così come non si sono lette necessarie e coraggiose analisi del voto preferendo ancora una volta al confronto delle idee le prese di posizioni autoassolutorie. Sembra un partito che non si sia ancora accorto di aver perso le elezioni. Permangono logiche di schieramenti e dinamiche proprie di un sistema di potere basato in maniera trasformistica sulla sistemazione e collocazione di ceti politici. Un sistema che Emiliano ha alimentato e che, dopo aver minato partiti e politica, sta mostrando tutti i suoi limiti e difetti.
I partiti nascono, si creano, perché rappresentano valori e bisogni. Non nascono o non hanno lunga vita se a prevalere sono ragioni di convenienze elettorali e di sopravvivenza di un ceto politico che si organizza attorno ad un capo o al potere da gestire e su questo organizzare alleanze per le prossime scadenze elettorali.
Valori e bisogni, domande di cambiamento, rimangono pressanti e necessari per una sinistra nuova, attuale, dal pensiero lungo.
Tutte le forze che si richiamano alla sinistra e al centro sinistra si sono rivelate inadeguate oltre che divise.
Sono ormai sigle e rischiano di essere tali anche quando stanno assieme nel governo, sono solo espressione di un ceto politico chiuso in se stesso e percepito come distante e impegnato ad auto-conservarsi in manovre politiche ed elettorali
Quello che c’è non basta e quello di cui c’è bisogno non c’è ancora.
Nuove e vecchie sigle sono una sommatoria di fragilità e gli appelli lasciano il tempo che trovano. I piccoli partiti di sinistra o di centro o il civismo peloso infarcito di vecchie cariatidi politiche non fanno per chi è cresciuto e si è formato in partiti di massa e popolari e di cui si sente tanto bisogno. Quanti di questi elettori non votano più?
La situazione richiede un salto e un impegno a lavorare da più parti alla costruzione di un partito nuovo. Un partito da rifare assieme. Ma ci sono le condizioni, le donne e gli uomini disponibili nel PD oltre che la consapevolezza per avviare un lavoro comune e diffuso nei territori? Sono domande che molti si fanno a fronte dell’urgenza per un lavoro di lunga lena necessario a definire un programma fondamentale per il paese e un progetto di una nuova forma partito.
Un partito è un’associazione di persone al servizio di una causa e di una comunità.
La comunicazione è importante, la TV e il Web sono indispensabili, ma il valore degli individui e il loro stare assieme, sentirsi comunità è insostituibile, l’apertura alla società è vitale, così come è determinante la formazione di nuovi dirigenti educati all’impegno, al lavoro politico e allo studio.
E di un partito capace di mettere assieme sensibilità e culture progressiste che si richiamino al socialismo, al solidarismo cattolico e a quei valori sempre moderni e attuali (le grandi questioni dell’uguaglianza, del lavoro, della libertà, della difesa e del futuro del pianeta terra e dell’umanità che lo abita), c’è bisogno. Questo, lo si deve sapere, richiede la fatica del pensare, dell’organizzare e dell’agire con coraggio e coerenza e che assieme a visione, passione e competenza fanno di un partito, alternativo alla destra e a questa nuova destra italiana, un partito utile e attrattivo. Essere di sinistra per noi è sempre stato impegno per sviluppare le forze produttive che significa sostenere e fare politiche di impresa da mettere assieme con quelle per il lavoro, la ricerca, la scienza, la tecnologia, la ricerca, la scuola, la salvaguardia dell’ambiente. Politiche per far stare meglio chi sta peggio. Insomma essere oggi di sinistra per noi significa costruire anche con la lotta le condizioni che favoriscano lo sviluppo umano, civile e sociale. E questo vale sia se si sta al governo sia se si è opposizione.
La sinistra e il paese hanno bisogno di soggetti politici grandi, capaci di attraversare la crisi economica e morale del paese con un punto di vista non appiattito sul presente.
Oggi il Pd non è questo soggetto e ha deluso molti di quanti in esso avevano creduto
Oggi il PD è un partito che si è fatto casta; che fuggendo dai territori e dalle periferie ha dimenticato gli ultimi, ha dimenticato le donne, ha dimenticato il lavoro, ha dimenticato la lotta per i diritti ed ha dimenticato i giovani.
In buona sostanza ha dimenticato il futuro!!!
Non è questione di nomi o come dice Bersani di parrocchiette che si riuniscono. Ma di una linea politica che deve ancora dispiegarsi. Eppure questo è il terreno su cui bisogna provare ad aprire un confronto politico.
C’è bisogno di un partito dalle idee e dalla forma nuove, serio, organizzato e popolare, privo di rancori e diretto da dirigenti consapevoli, riconosciuti, giovani e motivati. Se il congresso del PD che si sta per aprire sarà veramente costituente ed aperto vale la pena parteciparvi.
Speriamo però che questa partecipazione non si limiti alle solite primarie per individuare un ennesimo segretario da utilizzare per intrupparsi in maniera gattopardesca e da scaricare alle sue prime difficoltà”.