BRINDISI – Il rigassificatore è il passato, Falck è il futuro, Enel è l’incognita. Dal tavolo sulla crisi del polo energetico brindisino convocato dal sindaco Rossi è emerso questo, oltre che la consueta pochezza di contenuti da parte di TUTTI.
A mettere una pietra tombale sull’ipotesi di un rigassificatore in città è stato il presidente di Confindustria Brindisi, Gabriele Menotti Lippolis: «I due nuovi rigassificatori dei quali ha parlato l’amministratore delegato di Enel, Francesco Starace, sicuramente non saranno realizzati a Brindisi; otterranno due autorizzazioni ma non qui. Come Confindustria siamo sempre stati favorevoli ai rigassificatori ma solo con essi non si può realizzare compiutamente una politica energetica: servono più autorizzazioni per le rinnovabili e bisogna già pensare a quello che rappresenteranno l’idrogeno e l’ammonia». Che Enel non lo voglia realizzare a Brindisi appare comprensibile ma non condivisibile e non vorremmo che la stessa Enel chieda di non avere competitor tra i piedi. Bene ha fatto pertanto il consigliere regionale Fabiano Amati a convocare il presidente dell’Autorità portuale per comprendere se ci siano margini per una candidatura di Brindisi ad ospitare l’infrastruttura energetica.
In un clima di apparente unità e docilità si è discusso perlopiù di metodo e argomentazioni con le quali presentarsi davanti al ministro dello Sviluppo Economico Giancarlo Giorgetti. Uno dei temi più discussi è stato ovviamente il futuro nebuloso del sito di Cerano. «Questa – ha sottolineato il segretario della Cgil, Antonio Macchia – è una città che vive di appalti e adesso bisognerà capire cosa fare con la platea che per anni ha vissuto in funzione della centrale di Cerano. Per quanto mi riguarda, Enel dovrebbe smantellare quello che non serve e bonificare; questo porterebbe lavoro nell’immediato».
Il sindaco ha evidenziato come «la mancata realizzazione della centrale a turbogas ha fatto venire meno ogni alibi ad Enel, perché quella storia stava anestetizzando tutti, facendo dimenticare che si sarebbe comunque passati da 1.000 a meno di 100 lavoratori».
Le maggiori speranze, ascoltando sindacati ed amministratori, sarebbero indirizzate verso l’investimento di Falck sull’impianto eolico offshore, nonostante non vengano sottaciute le problematiche tecniche legate all’assemblaggio di pale alte in tutto 320 metri che bucherebbero il cono d’atterraggio. Un’altra necessità emersa è quella di reperire aree in zona industriale da mettere a disposizione di Falck, che ha avanzato una richiesta per occupare circa 40 ettari, un terzo dei quali dovrebbero essere quelli della zona franca doganale di Capobianco. Si parla a regime di 100 lavoratori occupati (non tutti locali), numeri simili ad altri investimenti avversati, e andranno messi a punto alcuni aspetti, come ad esempio quello di richiedere che le attività a maggiore valore aggiunto non vengano svolte a Taranto ma a Brindisi mediante l’insediamento di una filiera produttiva, altrimenti tutto avrebbe poco senso. Il sindaco è libero di non risponderci quando gli chiediamo se esiste un reale “rischio Taranto” come sottolineato dal capo di gabinetto di Emiliano, ma questo punto va chiarito quanto prima onde evitare di ritrovarsi poi a recriminare fuori tempo massimo o comunque ritrovarsi meno di quanto sarebbe auspicabile. Così come va detto che il futuro della zona franca doganale di Capobianco non è certo legato all’investimento di Falck.
In tutto ciò, il presidente di Confindustria ha chiesto al presidente del consorzio Asi, Vittorio Rina, di indicare velocemente a Falck alcune aree disponibili. Il problema, però, è il solito: gli spazi utilizzabili sono pochi a causa delle pochissime bonifiche realizzate negli anni passati e della abnorme perimetrazione dell’area Sin. «Come Asi – ha spiegato Rina – abbiamo individuato mediante delibera un’area dove poter insediare anche impianti per la produzione di energia rinnovabile, ma se dovesse chiederci quei terreni un’impresa manifatturiera, saremmo ben felici di concederli. In particolare, 70 ettari a sud del Petrolchimico sono destinati ad attività legate alla logistica. Su circa 60 investitori che ho incontrato, però, praticamente tutti mi hanno chiesto di poter installare pannelli fotovoltaici. Con Falck, comunque, c’è una interlocuzione in atto e abbiamo già suggerito determinate soluzioni».