Sono state Olimpiadi speciali. Le prime dopo 50 anni senza l’Italia degli sport di squadra in semifinale, le prime dopo 40 anni senza ori nella scherma.
Ma soprattutto le prime che hanno visto l’Italia portare a casa 40 medaglie. Record di sempre.
La conquista dell’Europeo di calcio dopo 53 anni e la prima volta nella storia di un italiano in finale a Wimbledon, d’altronde, facevano presagire un’estate leggendaria.
Non è dato sapere se si tratti solo di suggestioni ma molti ori olimpici azzurri hanno dichiarato nel post-gara di aver tratto convinzione ed entusiasmo dalle imprese della nazionale di calcio e di Berrettini. Ma anche dalle parole di Gregorio Paltrinieri, che avrebbe dovuto cannibalizzare questi Giochi con tre ori (nella 800, nella 1.500 e nella 10.000 di nuoto) ma che, abbattuto dalla mononucleosi, dopo lo stoico argento conquistato nel corso della prima settimana nella 800 ha spiegato che conta solo quanto cuore ci metti.
La psiche, nello sport, fa tanto, forse tutto. Ma che un battito di ali di farfalla a Londra potesse creare un uragano nell’altro capo del mondo, a Tokyo, è estremamente affascinante.
Un uragano che più che a Londra, ha visto la sua genesi in Puglia. Mesagne-Mottola-Grumo Appula: un triangolo perfetto, magico. Perché qualcosa di magico è dovuto necessariamente accadere per conquistare 5 ori nell’atletica.
Certo, fuori dalla pista, fuori dallo stadio olimpico, abbiamo assistito alle imprese nella maratona di Stefano Baldini e nella marcia di Ivano Brugnetti e Alex Schwazer. Ma all’interno di uno stadio olimpico, per anni il sogno di un oro lo abbiamo coltivato solo aggrappandoci a Fiona May. Una italiana di colore, guarda un po’.
Abbiamo gioito per gli argenti nella 400 metri ostacoli di Fabrizio Mori e nel lancio del peso di Nicola Vizzoni, abbiamo visto saltare così in alto un italiano, Giuseppe Gibilisco, con l’ausilio di un’asta, da conquistare un bronzo. E poi abbiamo sperato in una qualificazione in finale negli 800 di Andrea Longo, magari in un buon piazzamento nei 3.000 siepi, in un superamento della propria batteria del nostro italiano più veloce, Stefano Tilli, uno da 10″36 o 10″27 quando volava. Ma di più, non abbiamo mai potuto osare, sperare. Ed è arrivato tutto assieme, veloce come Marcello e Fausto. Bello come il volo Dell’Aquila di Mesagne.