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Quel populismo che non ti aspetti da Ranucci: non esistono diritti tiranni
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Quel populismo che non ti aspetti da Ranucci: non esistono diritti tiranni

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Fa specie dirlo ma nella retorica di Sigfrido Ranucci, conduttore di Report, c’è un po’ di populismo. A smascherarlo è stato il magistrato Vladimiro Zagrebelsky su La Stampa.

Ranucci ha annunciato che piuttosto si farà arrestare pur di non ottemperare alla sentenza del Tar. Cosa dice quest’ultima? Che l’avvocato Mascetti al centro di un’inchiesta di Report – in merito a consulenze di sospetta natura clientelare ottenute da enti pubblici – ha diritto a ricevere e visionare i documenti sulla base dei quali si fonda il servizio giornalistico in quanto per la natura giuridica ibrida della Rai (e quindi anche pubblica) quelli risultano atti amministrativi, per definizione accessibili, a meno che non coperti da segretezza.

Nessuna violazione del diritto/dovere di non rivelare l’identità delle fonti, dunque, parrebbe sussistere nel caso in oggetto. Tale garanzia costituzionale, infatti, preserva il bene giuridico dall’anonimato della fonte in modo tale che possa continuare a fornire in tutta serenità ai giornalisti notizie d’interesse pubblico, senza timori di ritorsioni; una ‘legge whistleblowing’ ante-litteram, insomma. Perché l’interesse per la democrazia è che la fonte non si prosciughi.

Nel caso in oggetto la fonte è un ente pubblico, i cui atti possono essere comunque consultabili con un accesso agli atti.

Stesso discorso vale per il nuovo ricorrente, ovvero Genti Tare (anche lui al centro di un’inchiesta giornalistica di Report), che sulla scorta della sentenza del Tar ha chiesto al tribunale di poter visionare l’informativa della Guardia di Finanza alla base del servizio giornalistico a lui dedicato. Anche qui, nessuna disvelazione di fonti, parrebbe.

La controdeduzione di Ranucci, allora, è la seguente: “e se un funzionario di un ente pubblico ci invia una mail, siamo tenuti a farla vedere a un terzo interessato? Non verrebbe svelato il suo nome?” E poi: “atti amministrativi sono anche i contratti milionari di alcuni miei colleghi: può essere reso tutto pubblico?” Beh, dato che gli ‘azionisti di maggioranza’ della Rai siamo noi contribuenti, la risposta è sì: dobbiamo conoscere quanto più possibile su come vengono spesi i nostri soldi in un’azienda, la Rai, che funziona male. Malissimo.

Andando al nocciolo e citando il Presidente della Corte costituzionale Giancarlo Coraggio: non esistono diritti tiranni. Pertanto, in un contemperamento d’interessi, il diritto alla segretezza delle fonti non può essere assoluto ma deve lasciare uno spazio, magari ristretto, alla possibilità di verificare la veridicità e credibilità di una notizia, la sua eziologia. S’intende: preservando sempre il nome di una gola profonda onde evitare che le oasi di libera informazione non si prosciughino, e con esse la democrazia.