Legambiente nazionale scrive a Cingolani e Giorgetti: “Fermate le opere portuali ed Edison, ci sono evidenti vizi procedurali”
BRINDISI – Egregi Ministri, Egregio Presidente Commissione VIA, Legambiente ha più volte sottolineato la centralità, nell’ambito delle politiche di transizione ecologica, di un focus particolare sui Siti di Interesse Nazionale da bonificare.
All’interno dei SIN Legambiente ha individuato i siti di Brindisi e Taranto come emblematici di una situazione gravemente impattante sul territorio e sulla salute pubblica e, allo stesso tempo, come luoghi sensibili in cui sperimentare ed attuare i programmi inseriti nella propria proposta del piano Nazionale di Ripresa e Resilienza presentata nelle settimane passate.
Purtroppo, il bilancio dei piani e dei progetti di bonifica nell’area Sin di Brindisi è assolutamente sconfortante.
Da un report del 2020 del Ministero dell’Ambiente (oggi della Transizione ecologica) risulta che la percentuale delle bonifiche portate a termine non raggiunge il 10%.
Paradossale è il caso della discarica Micorosa (44 ettari in cui sono stati scaricati per anni rifiuti altamente pericolosi del petrolchimico), in quanto è stato assegnato un appalto per la bonifica con un incredibile ribasso del 74% per poi dover riassegnare l’incarico, vista l’inadempienza della società affidataria, per quello che alla fine sarà soltanto un intervento di messa in sicurezza.
È in questa area SIN che si dovrebbero andare a inserire due progetti, uno inerente la realizzazione di opere portuali, l’altro invece la realizzazione di un deposito costiero di GNL. Progetti in merito ai quali l’Associazione richiama ancora una volta l’attenzione di tutti i soggetti coinvolti, affinché siano garantiti nei procedimenti in corso l’effettivo diritto alla partecipazione, la trasparenza e il rispetto delle leggi.
In particolare, per le ragioni di seguito descritte, Legambiente chiede la sospensione dei procedimenti autorizzativi e degli atti endoprocedimentali relativi alla realizzazione di dragaggi, di una colmata e connessi banchinamenti e di un deposito costiero: nel primo caso, infatti, si fa notare come l’unico atto ufficiale pubblicato sul sito del Ministero della Transizione Ecologica è il giudizio negativo di compatibilità ambientale (di seguito puntualmente riportato). Nel secondo caso è invece necessario predisporre uno studio di fattibilità che eventualmente giustifichi tecnicamente la scelta di un sito e comporti, di conseguenza, l’avvio di una procedura di valutazione di impatto ambientale.
Nel dettaglio dei due progetti si evidenzia quanto segue.
Per quel che riguarda le opere portuali, Legambiente ha inviato osservazioni nell’ambito del procedimento di Valutazione di Impatto Ambientale (codice procedura 3870) avente per oggetto “Lavori per il completamento dell’infrastrutturazione portuale mediante banchinamento e realizzazione della retrostante colmata tra il Pontile Petrolchimico e Costa Morena Est”.
Nelle osservazioni di Legambiente si sottolineava che i dragaggi dei fondali nell’area di Santa Apollinare concernevano sedimenti contaminati da sversamenti diretti di sostanze inquinanti o dallo sversamento di Fiume Piccolo e che, conseguentemente, tali sedimenti avrebbero dovuto essere sottoposti a caratterizzazione da effettuare a maglie strette ed ovviamente in contraddittorio con soggetti pubblici, quali l’ARPA, abilitati ad effettuare e validare tali analisi, evidenziando nel contempo gli obblighi in merito allo smaltimento di cui al DL.vo 152/2006, articolo 182 e seguenti.
Nella stessa area di Santa Apollinare ed in quella attigua di Canale Pigonati, sempre da dragare, si evidenziava la presenza nei fondali di un relitto e di vari reperti archeologici censiti e documentati da tecnici del MIBACT anche nella carta archeologica del porto di Brindisi. I sedimenti dall’Autorità di Sistema Portuale del basso Adriatico era previsto che dovessero essere “tombati” in una enorme colmata ricavata scavando i fondali nell’area portuale di costa Morena est fino a meno 27 metri rispetto al livello del mare. Tale colmata ed il banchinamento connesso per Legambiente non trovano alcuna giustificazione in relazione alla asserita necessità di nuovi accosti per le navi e soprattutto con riferimento ai rischi idrogeologici e geomorfologici e all’impatto sulla foce del canale Fiume Grande, di cui si proponeva una deviazione, che è inserito nel Parco Naturale delle Saline e stagni di Punta della Contessa, e di Fiume Grande in generale essendo sottoposto a vincolo in quanto in aree SIC e ZPS.
Il giorno 02 del mese di agosto 2019 la Commissione VIA – VAS ha emesso il parere n. 3109 esprimendo un giudizio di compatibilità ambientale negativo, respingendo l’istanza e sottolineando che la documentazione presentata non prevede né la caratterizzazione dei sedimenti di dragaggio dei fondali inclusi nell’area SIN, né la loro gestione.
Tale pronunciamento è l’unico ufficialmente e pubblicamente riportato sul sito del Ministero della Transizione Ecologica e, sulla base di esso, avrebbe dovuto essere comunicata al proponente la chiusura del procedimento con il diniego al rilascio del decreto ministeriale o, in alternativa, avrebbe dovuto essere comunicata la richiesta formale di integrazione della documentazione, con primario riferimento alla caratterizzazione dei sedimenti in questione, dandone conoscenza, a termini di legge, con avviso pubblico e con comunicazione agli aventi diritto, in primo luogo a chi, come Legambiente, era parte del procedimento.
Niente di tutto questo è avvenuto e la scrivente associazione ha avuto notizia, indiretta e casuale, della prosecuzione del procedimento soltanto perché un organo di informazione della città di Brindisi ha anticipato la notizia di un rilascio del giudizio di compatibilità ambientale positivo fondato su caratterizzazioni di parte dei sedimenti citati e sulla base di un non meglio precisato ruolo di consulenza della SOGESID, società in house del Ministero della Transizione Ecologica.
Legambiente, unitamente ad altre associazioni ambientaliste, ha inviato varie note evidenziando “l’anomalia” di quanto annunciato ed ha ricordato anche ai destinatari della presente, gli obblighi, connessi alla trasparenza, ai diritti di partecipazione ed alla scientificità delle analisi e dei pronunciamenti in essere, con particolare riferimento al mancato avviso pubblico, alla mancata comunicazione degli aventi diritto quanto meno della riapertura del procedimento, alla caratterizzazione dei sedimenti in contraddittorio con un ente pubblico o agenzia formalmente in grado di certificare le analisi in questione.
Il dato certo è che l’unico atto ufficiale endoprocedimentale pubblicato sul sito del ministero resta il giudizio di compatibilità ambientale negativo dell’agosto 2019 con cui si rigetta l’istanza del proponente.
Da una ricerca effettuata da parte di Legambiente risulta che anche il MIBAC abbia evidenziato le stesse argomentazioni evidenziate dalla scrivente associazione nelle proprie osservazioni in merito alla presenza di un relitto e di reperti archeologici. A rigor di logica quindi il MiTE non avrebbe potuto produrre il rilascio di quel parere positivo annunciato da qualche organo di informazione e da esponenti politici locali, ma al massimo avrebbe dovuto avanzare la richiesta di una modifica progettuale da inoltrare all’Autorità Portuale proponente.
È evidente che tale richiesta di modifica non possa che essere il presupposto per un avviso pubblico, anch’esso disposto dal decreto legislativo 152/2006, di cui ad oggi non c’è traccia ufficiale nel sito del Ministero, in comunicazioni dovute agli aventi diritto ed in organi d’informazione che possano essere consultati per giusta conoscenza.
Per quanto riguarda la realizzazione di un deposito costiero di GNL nel porto di Brindisi, nell’area di costa morena, Legambiente non mette in discussione la dichiarata strategicità dell’impianto o l’effettiva utenza in gran parte individuata nel rifornimento di autocisterne (a quanto sembra pari al 75% della capacità stoccata) rispetto a navi alimentate da GNL.
In questa sede ci preme invece sottolineare ed evidenziare gli evidenti limiti o «forzature» in merito alle procedure adottate.
La scelta del sito per la realizzazione di un impianto del genere dovrebbe tener conto dei necessari principi di precauzione nel localizzare un impianto ad elevato rischio di incidente rilevante sulla base dell’analisi del contesto, ma soprattutto la scelta dovrebbe derivare da uno studio di fattibilità in cui esaminare diversi tipi, analizzando di essi caratteristiche geomorfologiche, rischi idrogeologici, vincoli paesaggistici ed ambientali, destinazioni d’uso urbanistiche, commerciali ed industriali, presenza antropica e correlazione tra le attività in zona presenti, vulnerabilità e criticità individuate ed esaminate. Soltanto da uno studio di fattibilità può derivare la scelta del sito idoneo o l’opzione zero.
Nel caso specifico è stato individuato direttamente il sito senza alcuna analisi comparata con altri siti e senza alcuna analisi di dettaglio sullo stesso, per nulla considerando la presenza di altre attività in essere o di nuove opere programmate, della linea ferroviaria che rappresenta l’elemento essenziale degli scambi intermodali portuali, la movimentazione di navi, di merci, di automezzi e di persone nella zona, la destinazione per attività portuali e retroportuali logistiche disposte nel documento programmatico preliminare del Pug approvato nel Consiglio comunale di Brindisi nell’agosto del 2011 e l’individuazione di una retrostante zona franca che, come altre attività portuali, verrebbe gravemente ostacolata, se non impedita del tutto, dalla presenza del deposito costiero e dal connesso vincolo su 300 metri di banchina.
Da un corretto e tecnicamente approfondito studio di fattibilità e dall’eventuale motivata e documentata scelta di un sito può derivare il ricorso ad una valutazione di impatto ambientale che, in questo caso, la società Edison, proponente dell’impianto, sembra aver volutamente sottratto alla competenza della commissione VIA-VAS del Ministero della Transizione Ecologica), indicando una capacità di stoccaggio di 19.950 m3 equivalenti. Come risulta dalla consultazione delle normative vigenti ed anche dalle linee guida di Assocantieri – procedura VIA depositi GNL – per capacità di stoccaggio superiori a 20.000 m3 è prescritta la VIA statale, Punto 8, Allegato II, Parte Seconda D.Lgs. 104/2017 di attuazione delle direttive 2014/52/UE e 92/2011.
I 50 m3 equivalenti indicati in meno rispetto ai 20.000 che impongono la VIA di competenza nazionale comportano non soltanto l’accorto tentativo di impedire una procedura di VIA ordinaria e perfino di verifica di non assoggettabilità a VIA, ma anche qualsiasi analisi di contesto tecnicamente trasparente ed approfondita, qualsiasi ricorso a strumenti di analisi e conseguente giudizio di compatibilità analiticamente e giuridicamente inoppugnabile e qualsiasi forma di partecipazione per gli aventi diritto.
L’unico procedimento avviato, ovviamente monco delle ragioni ampiamente sopra documentate è stato quello che ha portato al rilascio del nulla osta di fattibilità (NOF) ai sensi dell’art. 17 del d.lgs. n. 105/2015. Tale NOF è stato sostanzialmente decontestualizzato e derubricato rispetto ad una analisi di rischio di incidente rilevante endoprocedimentale in una VIA di competenza nazionale.
Da quanto sopra riportato appaiono evidenti vizi procedurali, possibili lesioni di diritti alla partecipazione nei procedimenti ed al rispetto di osservazioni, pareri, esami e valutazioni tecniche, il mancato ricorso ad un motivato, ufficializzato e pubblicizzato riesame del giudizio di compatibilità citato; l’eventuale mancato avviso pubblico in presenza di una richiesta progettuale e, per quel che riguarda il deposito costiero, il mancato studio di fattibilità, con conseguente procedura VIA.
In attesa di sollecito riscontro che possa fugare le ombre sui procedimenti richiamati ed evitare ulteriori azioni a tutela degli interessi diffusi che Legambiente rappresenta, si porgono i più distinti saluti.
Andrea Minutolo Responsabile scientifico Legambiente nazionale
Ruggero Ronzulli Direttore regionale Legambiente Puglia
Teodoro Marinazzo Presidente Legambiente Brindisi