Terminal passeggeri, riaperte le indagini. Il Pm: “Il Consiglio di Stato è stato tratto in errore”. Patroni Griffi: “Pensavo di aver visto tutto e invece…”
BRINDISI – Non sono bastate le assoluzioni del Gup e la sentenza del Consiglio di Stato per convincere il Pm Casto che la realizzazione del terminal Le Vele non integra il reato di lottizzazione abusiva. Su questa tormentata vicenda era già stato appurato da un giudice che non c’erano profili di illegittimità. Essendosi però chiusa la vicenda con un provvedimento del Gup, non c’è giudicato e quindi c’è margine per gli inquirenti per riaprire una partita infinita qualora dovessero essere rilevati nuovi elementi. Il Pm, infatti, ha chiesto la proroga delle indagini preliminari nei confronti di Patroni Griffi, di Di Leverano, dell’ex commissario dell’Authority Valente e di tutti coloro i quali hanno avuto un ruolo nel tentativo di realizzare quel terminal passeggeri di cui la città ancora non dispone. Nel caso specifico, il terminal Le Vele, per l’accusa, sorgerebbe in un’area che il PRG indica come industriale/commerciale e non consona, quindi, al traffico passeggeri.
Pertanto, né le robuste dissertazioni del Consiglio di Stato sulla valenza del Piano regolatore portuale (“Il Piano regolatore portuale di Brindisi, risalente al 1975, non poteva essere considerato come parametro giuridico ai fini della valutazione di conformità urbanistica”), né le assoluzioni pregresse sulla vicenda hanno convinto Casto. Il Pm è infatti convinto che il Consiglio di Stato sia nel torto, o meglio, sia stato tratto in errore dall’Autorità Portuale. E da cosa lo evince? Anche da una chiacchierata con l’avvocato del Comune Guarino, che essendo controparte dell’ente portuale e parte soccombente davanti ai giudici amministrativi, ovviamente fornisce la propria versione!
“Essendo risultato evidente – si legge nella richiesta di proroga delle indagini preliminari – dopo l’assunzione di informazioni dall’Avvocato Emanuela GUARINO, in servizio presso l’Avvocatura comunale di Brindisi, che il Consiglio di Stato che ha emesso la sentenza sopra contraddistinta con il numero 39 ha deciso, oltre che contraddicendo la propria consolidata Giurisprudenza precedente omettendo di spiegare le ragioni della totale inversione di interpretazione della normativa in vigore con riguardo ai Piani Regolatori Portuali, anche senza tenere in alcun conto, fra l’altro, la complessiva pianificazione urbanistica del Comune di Brindisi (già in prima approssimazione evincibile dalla Relazione sopra contraddistinta con il numero 57) e quella, sovraordinata, disciplinata dal Piano regolatore dell’Area di Sviluppo Industriale di Brindisi (nella quale è espressamente compresa la Zona Portuale, assoggettata alla relative Norme Tecniche di Attuazione), la conoscenza del cui contenuto, se non viziata dalle strumentalizzazioni attuate dall’Autorità di Sistema Portuale del Mare Adriatico Meridionale ricorrente, avrebbe con ragionevole probabilità condotto ad una valutazione diametralmente opposta rispetto a quella operata dal pur altissimo giudice amministrativo, anche per questo motivo non in grado d’incidere sul quadro indiziario fino a questo momento formato in sede penale”.
Mah.
Che succederà adesso? Quello che è successo fino ad ora: ovvero che il porto di Brindisi e l’economia cittadina rimarrano impantanati nelle asfissianti maglie della politica e della magistratura. Che pure fanno il loro lavoro.
Il Presidente dell’Autorità portuale, scosso per l’ennesima imputazione, ha così commentato: “Insomma a Brindisi non si vuole che il porto si infrastrutturi. Mi contestano un abuso edilizio per una opera (terminal le vele) non solo i cui lavori erano ripresi prima del mio insediamento, ma sulla cui legittimità si sono stratificate due sentenze del Tribunale di Brindisi (di cui una passata in giudicato), e il parere di numerose commissioni tecniche e finanche provvedimenti del Consiglio Superiore dei Lavori Pubblici. A parte che non è stato edificato neanche un metro cubo (causa insolvenza appaltatore) non posso non rilevare che tra le motivazioni per la proroga delle indagini sia addotta la non condivisione della recente sentenza del Consiglio di Stato (come noto supremo organo della giustizia amministrativa), dacché, sulla scorta della convinzione espressa dall’avvocato del Comune (parte soccombente) la sentenza (passata in giudicato) sarebbe erronea (Sic!!!) Quando pensi di averle viste davvero tutte ….”.
E ancora: “Apprendo peraltro con enorme sorpresa che il CTU è la stessa persona per cui, su mandato del compianto Vito Vasile, promossi un giudizio di responsabilità (credo chiedendo circa otto milioni di euro di danni). È legittimo che renda una CTU in un processo in cui io sono indagato? La risposta da professore di diritto é ovvia. Probabilmente si applica un codice che non conosco…”.