BRINDISI – <<State attenti: la nave ormai è in mano al cuoco di bordo, e le parole che trasmette il megafono del comandante non riguardano più la rotta, ma quel che si mangerà domani». Sono parole di Søren Kierkegaard filosofo danese dell’800 che ben si adattano alla condizione generale attuale per la mancanza di visione a lungo termine. E’ un po’ il male che investe tutto il Paese scompaginato in ogni ordine e ruolo per la sopraggiunta crisi pandemica che è sanitaria ma anche economica.
Brindisi non è fuori da questi contesti ed occorrerebbe nelle difficoltà sforzarsi di avere una visione, capire dove si vuol andare. Questa amministrazione sta compiendo notevoli sforzi per mantenere in piedi la baracca, i metodi non li abbiamo mai approvati e non sono mancate le nostre critiche in proposito, ma quello che ci pare assente sin dall’inizio è la presenza di un disegno.
E’ mancata sin dall’inizio una capacità di pianificare, di dare un indirizzo chiaro all’azione politica che fosse ben comunicato e che potesse consentire a chi è fuori dal recinto amministrativo e fuori dalle menti che lo dirigono di valutare le azioni e misurare l’efficacia dei singoli interventi proposti.
In tema di pianificazione territoriale si era in attesa del PUG, Piano Urbanistico Generale, strumento che potesse definire gli assetti del territorio e fornire degli indirizzi, ma il lavoro del prof Borri tarda a mostrare la sua efficacia. Ci è dato conoscere che il documento di programmazione propedeutico alla redazione del PUG sia stato terminato da tempo, poi si sono perse le tracce sull’avanzamento lavori. In questa materia purtroppo la tempistica è spesso più importante della qualità del lavoro. Si rischia di avere un gran lavoro ma non più adatto ai tempi ed alle esigenze che cambiano rapidamente. Non è ancora chiaro cosa si vuol fare della città e quindi risulta difficile interpretare tutto il resto perché mancando un piano non si comprende quali obiettivi si hanno in mente. Piacerebbe comprendere per esempio che idea si ha per il rapporto della città con il porto, con la campagna, con la costa o con il tessuto produttivo industriale. Si assiste periodicamente alla annuncio di interventi a spot, come l’ottenimento di finanziamenti per la realizzazione di piste ciclabili, delibere di spesa per cominciare a sistemare alcune aree della città ormai abbandonate come recentemente per il Collegio Tommaseo e la caserma Ederle, il restauro e la rigenerazione di alcune piazze molto importanti nel tessuto urbano. Tutti interventi meritevoli presi singolarmente, ma in assenza di un piano, di una idea progettuale rimangono isolati e non misurabili in termini di beneficio. Ogni intervento, ogni spesa invece dovrebbe avere in sé un moltiplicatore sociale ed economico che si può valutare solo all’interno di un piano generale di cose. Sappiamo tutti che le risorse sono esigue, nessuno degli interventi può essere completato e l’assenza di un progetto generale rischia di far diventare la spesa per ogni singolo intervento una spesa vana.
Per intenderci, se devo ristrutturare un appartamento e non dispongo delle risorse necessarie per effettuare tutti i lavori, se non ho voglia di buttare via in miei soldi, ho la necessità di fare un progetto completo e pian piano, a seconda delle disponibilità, effettuare e portare a compimento pezzi di casa. Non ha senso cambiare le piastrelle del bagno e quelle della cucina se poi ho intenzione di rifare gli impianti di tutto l’appartamento. Rischio di spendere male i miei soldi e di allontanare sempre di più la fine della ristrutturazione dell’appartamento.
Se questa amministrazione avesse la capacità di comunicare un suo progetto di città, magari facendo realmente partecipare i cittadini alle scelte, come era nei programmi elettorali, probabilmente non si avrebbero tutte queste incomprensioni. Anzi, gli obiettivi sarebbero conosciuti a tutti e potrebbero essere apprezzati e misurati nel loro valore anche piccoli interventi iniziali.
Questa mancanza di pianificazione e comunicazione è stata evidente anche in occasione di opere banali dal punto di vista tecnico come il rifacimento delle pavimentazioni stradali al rione Bozzano. Se non ci fossero stati i cittadini a sollecitare delle priorità negli interventi, probabilmente la qualità della spesa sarebbe stata ben più bassa.
Sulla mobilità urbana questa amministrazione aveva cominciato a tenere incontri partecipativi per comprendere le necessità ed i desideri dei cittadini. Si aspettava l’emissione di alcune linee guida, propedeutiche alla realizzazione di un piano della mobilità sostenibile. Il Commissario Giuffrè aveva dato incarico alla società STP ed al Politecnico di Bari di redigerlo stanziando ben 40.000 euro. Questi soldi sono stati spesi? E’ stato prodotto qualche documento o si è solo perso del tempo? Il cittadino andrebbe informato ed invece degli incontri e delle linee guida non si è saputo più nulla e quest’anno è stata bandita una gara per la selezione di professionisti a cui affidare la redazione dei piani con altro impegno di spesa.
Quello che appare fuori dal recinto è solo una gran confusione di idee.
In tema di mobilità andrebbero invece coinvolti tutti: i sindacati e le grandi aziende del territorio per le quali quotidianamente si muovono migliaia di persone, i gestori degli impianti balneari, i commercianti, i presidi delle scuole, gli abitanti del centro come quelli delle periferie e tutti i soggetti che possano manifestare un interesse.
Quello che si osserva dall’esterno è che il dialogo con la città, con gli enti, le istituzioni e tutti i protagonisti della vita sociale è assente e quando c’è si trasforma spesso in scontro. Un metodo che abbiamo stigmatizzato e disapprovato sin dall’inizio come Left e che purtroppo ha segnato pesantemente questi primi due anni e mezzo di mandato amministrativo.
Si assiste spesso a scelte determinate dal momento, come la chiusura del centro nel periodo estivo e proclami come l’ottenimento di un finanziamento 800.000 per una pista ciclabile di 19 km (sarebbe interessante capire come si realizza una ciclabile di 19 km con questo importo), tutte azioni anche benefiche sotto certi aspetti per il territorio ma solo se facenti parti di una trama complessiva che al momento sembra mancare e se c’è, è solo nella testa di qualcuno, ma alla città non è dato conoscere.
E’ giusto quindi pensare a cosa mangiare domani ma dato che come abbiamo letto qualcuno si sente al comando di una nave, se non vogliamo che si pensi che sia il cuoco a governarla, le idee devono essere chiare e condivise dalla città. La città ha necessità di sapere dove sta andando. Il fardello è indubbiamente pesantissimo, ma solo garantendo una grande partecipazione nelle scelte, una pianificazione chiara, sarà possibile alleviare le difficoltà del momento e quelle cui si va incontro.
Coordinamento Left Brindisi