Home Economia e lavoro Le associazioni ambientaliste: “Su che basi è stata revocata l’ordinanza? Le promesse non bastano”
Le associazioni ambientaliste: “Su che basi è stata revocata l’ordinanza? Le promesse non bastano”
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Le associazioni ambientaliste: “Su che basi è stata revocata l’ordinanza? Le promesse non bastano”

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BRINDISI – Quando il sindaco di Brindisi Rossi ha emesso l’ordinanza di sospensione dell’impianto di cracking di Eni Versalis, ci siamo chiesti se le motivazioni addotte, non quelle abbondantemente documentabili, fossero tali da giustificare l’emissione dell’atto amministrativo in questione e non di una diffida con indicazione dei termini entro cui provvedere al rimuovere le cause del danno provocato e ripetibile.

La seconda ordinanza era fondata principalmente sul puntuale report dell’Arpa ed individuava una correlazione diretta dei processi produttivi di Eni Versalis, non del solo cracking, con i riscontrati picchi di emissione di Toluene e soprattutto di Benzene, arrivato quest’ultimo sino a 35 microgrammi per metro cubo, registrati nella centralina sita in località Micorosa, a ridosso del petrolchimico e di una torcia in cui frequenti sono state le “sfiammate” ed i superamenti di limiti di emissione.
Una ordinanza contingibile e urgente non è un semplice atto amministrativo e ancor più un atto politico, ma è l’atto a cui un sindaco si trova costretto a ricorrere, in quanto ufficiale di governo in materia sanitaria, quando si sia in presenza di danni e di pericoli per la salute pubblica, accertati ed anche reiterati, rispetto ai quali sia dimostrato il rapporto di causa/effetto fra una attività insalubre ed altamente inquinante e l’effetto sulla salute pubblica, nel caso specifico legato ad un pericolosissimo agente cancerogeno.
Un’ordinanza contingibile e urgente della fattispecie di quella emessa dal sindaco Rossi, tanto più alla luce del rapporto causa effetto da lui indicato, può essere revocata soltanto a condizione che sia rimossa la causa, cioè la fonte emissiva accidentale o frequente indicata, non sulla base di generiche promesse e ancor più di impegni già contenuti in precedenti accordi nel riesame dell’autorizzazione integrata ambientale (AIA), così come segnalato in un infelice documento di parlamentari dei 5 stelle, che hanno citato dichiarazioni del responsabile nazionale AIA e della sottosegretaria Todde: tutti sanno, peraltro, che molti di questi impegni, oltretutto ben poco incidenti sull’impatto ambientale dei processi produttivi, sono stati tante volte disattesi o procrastinati, a cominciare dalle torce a terra, tanto che la stessa amministrazione comunale di Brindisi ha chiesto, inutilmente, la convocazione del tavolo per un nuovo riesame dell’AIA.
Solo a titolo esemplificativo, si evidenzia che avrebbe potuto rappresentare elemento giustificativo della revoca dell’ordinanza, la cessione della gestione, a fini di controllo, delle centraline ubicate dall’impresa all’interno dello stabilimento, al solo soggetto pubblico ed all’Arpa. Ma così non è avvenuto!!!
Ed inoltre, l’efficacia degli effetti della seconda ordinanza, venivano dal Sindaco di Brindisi, temporalmente subordinati al deposito, da parte di Arpa, di una relazione completa e delle indagini compiute da quell’Ente, per determinare, qualificare e quantificare i fatti che avrebbero determinato l’emissione di quell’atto amministrativo, finalizzato alla tutela della salute pubblica.
L’ARPA ha realizzato ed ha in corso di realizzazione approfondite analisi e relazioni tecniche che sono anche base fondante dell’inchiesta che la Procura della Repubblica di Brindisi ha inteso avviare e che numerosi cittadini di Brindisi hanno successivamente inteso sollecitare con una loro denuncia. Le analisi e le relazioni tecniche dell’ARPA concernono ovviamente i dati sulla qualità dell’aria registrati nelle centraline di gestione pubblica ed è francamente sconcertante il dibattito caratterizzato anche da tante fake news, che è in corso, sugli ulteriori picchi successivamente registrati e sul report della stessa ARPA o di quanto rappresentato da associazioni ambientaliste, anche perché perfino i bambini sanno che, ad esempio, il rapporto sull’ecosistema urbano di Legambiente riguarda centraline ed indicatori, diversi da quelli relativi all’inquinamento industriale.
Le analisi e le relazioni tecniche dell’ARPA siamo convinti che cercheranno anche anomalie nel bilancio di massa e nei flussi emissivi da sottoporre all’attenzione della procura della repubblica, la quale certamente guarderà con attenzione il catasto delle emissioni territoriali (CET) e l’indicazione che ci è stata riferita relativa al fatto che il 90% delle emissioni su base annua di benzene nella provincia di Brindisi sarebbero addebitabili ed Eni Versalis.
Alla stessa procura non potrà sfuggire il fatto che le centraline interne al petrolchimico siano a tutt’oggi di gestione privata e non pubblica, traendone le valutazioni del caso.
Sono le considerazioni sopra richiamate e gli approfondimenti necessari che ci fanno dire che nulla è cambiato nel corso della riunione della cosiddetta task force, che ha portato il sindaco Rossi a revocare l’ordinanza contingibile e urgente, in quanto gli impegni dichiarati erano conosciuti e in parte disattesi prima, i danni ed i pericoli per la salute pubblica, se ritenuti tali da giustificare l’ordinanza, non si vede in che modo siano stati rimossi. I riferimenti al catasto delle emissioni ed alle centraline interne al petrolchimico richiederebbero un’azione istituzionale ancora più incisiva, la qualità stessa del confronto sul riesame dell’AIA appare di basso profilo rispetto a quella “giusta transizione” ecologica che oggi dovrebbe essere obbiettivo di tutte le istituzioni e che con la presente poniamo come richiesta urgente, oltre che al Sindaco, al Ministro dell’Ambiente ed al Presidente della Regione Puglia, che ha parlato di possibili investimenti regionali ed al quale ricordiamo che il “chi inquina paga” dovrebbe imporre investimenti in primo luogo per le imprese.
E tra le cicatrici del passato, questo territorio ha, oltre, Micorosa il ricordo ancora vivo dell’esplosione del reparto P2T nel 1977 che costò vite umane, feriti ed un rischio miracolosa mente scampato per l’intera città.
A tutti i destinatari della presente ricordiamo la storia sbagliata del petrolchimico, per quel che attiene un impatto ambientale grave e che il benzene oggi richiama in modo allarmante, lo smaltimento abusivo dei rifiuti (i 44 ettari della discarica di Micorosa e l’assegnazione dell’appalto per una semplice messa in sicurezza sono allucinanti), la riconversione ecologica degli impianti sembra una chimera malgrado gli annunci soltanto in spot pubblicitari ingannevoli. A tal proposito ricordiamo che in data 15 gennaio 2020, l’Autorità Garante per la Concorrenza e il Mercato condannava Eni al massimo dell’edittale di 5 milioni di euro per pubblicità ingannevole e pratica commerciale scorretta, a causa dei messaggi enfatici sulle caratteristiche “green” del gasolio “Eni-diesel+” che ci risulta usato dai mezzi in uso presso le aziende pubbliche (mezzi di raccolta di diverse frazioni di rifiuti o di servizio di trasporto pubblico).
Inoltre, apprendiamo dagli organi di stampa nazionali ed internazionali, la presenza di un’indagine in corso sulle devastazioni per gli sversamenti di petrolio causati dalle multinazionali petrolifere nella regione del Delta del Niger, dove Eni è tra le aziende che operano nella zona. Nonché l’esistenza di un processo per corruzione internazionale, in cui Eni sarebbe accusata di aver pagato una tangente da 1,1 miliardi di dollari, per l’acquisizione di un giacimento petrolifero in Nigeria.
Preme inoltre specificare, dalla rassegna scientifica che:
Il benzene è classificato dallo IARC (Agenzia Internazionale per la Ricerca sul Cancro) nel Gruppo 1 delle sostanze cancerogene, quindi in grado di causare tumori nell’uomo, soprattutto leucemie. Il benzene deve essere considerato un forte e multipotenziale cancerogeno così come dimostrato già dal 1983 da Maltoni C., Conti G., Cotti G.
Il benzene è anche responsabile di anomalie cromosoniche, per cui è inevitabilmente coinvolto in altri importanti processi patologici. È ampiamente acquisito a livello scientifico che gli agenti cancerogeni, per il loro meccanismo eziopatogenetico, non hanno una dose soglia. Maggiore è la dose e maggiore è la probabilità di insorgenza degli effetti cancerogeni. L’effetto è zero solo per la dose zero. Inoltre, c’è da aggiungere che l’esposizione contemporanea a più agenti cancerogeni ha spesso effetti moltiplicativi.
L’US-EPA (United States EnvironmentalProtection Agency) calcola un livello di rischio di 1/100.000 per una concentrazione in aria del benzene di 1 microgrammo/metro cubo.
Studi su decine di migliaia di lavoratori esposti a benzene controllati per quasi tren’tanni ci dicono che il benzene non provoca solo tumori del sangue, ma tutti i tumori sono incrementati inclusi quelli del polmone, le malattie displastiche del midollo, leucemie mieloidi acute e croniche, linfomi non Hodgkin e leucemie linfatiche oltre a malattie respiratorie e disordini della produzione del sangue.
Linet SM, Int J Cancer. 2015 Nov 1;137(9):2184-97.

Il Toluene, viene classificato dallo IARC nel Gruppo 3 cioè nel gruppo delle sostanze che non possono essere classificate per la loro cancerogenicità nell’essere umano, a causa della carenza di dati e della difficoltà di esposizione al solo toluene, perché nella stragrande maggioranza dei casi ci si trova di fronte ad una esposizione multipla. Non si può però sottacere che esistono studi scientifici che hanno dimostrato che fra gli effetti tossici del toluene ci sia anche un potenziale effetto cancerogeno (Gérin et al. Canada nel 1998: aumento tumori esofago, stomaco e colonretto) (Wilcosky et al. nel1984, United States: linfosarcomi e leucemie) (Svensson et al. Nel 1990, Sweden: stomaco. colonretto e leucemie).
Che siamo di fronte ad una storia sbagliata lo dimostra quanto accaduto nella mattina del 4 giugno, quando un “incidente” nella centrale Enipower ha prodotto una reazione a catena negli impianti di Versalis e le immancabili sfiammate in due distinte torce. Tutto ciò dimostra quanto sia necessarie che il Ministro Costa avvii un “vero” riesame dell’AIA contrariamento a quanto afferma il responsabile di tali procedimenti autorizzativi, ma, alla luce di questo nuovo incidente, che dimostra ulteriormente i difetti strutturali dei processi produttivi nel petrolchimico e gli effetti sulla salute pubblica e su quella dei lavoratori, chiediamo anche al Sindaco di valutare attentamente i dati sulla qualità dell’aria e le relazioni dell’Arpa per pretendere la rapida convocazione presso il Ministero di un incontro sul riesame dell’AIA e su una vera riconversione ecologica e per assumere quei provvedimenti, anche interessando l’autorità giudiziaria, che tutelino realmente la popolazione ed i lavoratori, non fidandosi a generici impegni, in passato sempre disattesi, dell’Eni.

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