Lo straziante sfogo di un medico brindisino al nord: “Sai già che non riuscirai a salvarli tutti”
La fine di un turno di notte che ormai è come il giorno…
Ormai quasi tutte le aree dell’ospedale si sono fuse in un unico grande reparto. Il numero dei pazienti cresce ogni giorno.
Pazienti gravi che aspettano ore in attesa di un posto letto. E nel frattempo ne arrivano tanti e tanti altri: da giovani di 40 anni agli anziani. Sono talmente tanti da sembrare un’invasione.
Sai già che non riuscirai a salvare tutti. La verità è che sopraggiunge una morte terribile, le persone si spengono da sole, senza parenti. E il paziente accanto sente tutto, sentir dire “aiuto non respiro”, portandosi dentro la paura che gli accada lo stesso. E i posti letto in terapia intensiva non ci sono.
A un punto del turno si incrociano gli sguardi degli operatori, medici (di tutte le specialità che fanno gruppo), infermieri ed oss (da applausi). Solo gli sguardi, perché per il resto siamo chiusi dentro a camici e mascherine opprimenti. Ma gli occhi parlano da soli.
Ieri abbiamo tutti visto la carovana dei mezzi dell’Esercito italiano trasportare le innumerevoli salme dal cimitero monumentale di Bergamo ad altri cimiteri di altre città (Parma, Modena, Reggio emilia ecc.) per far si che potessero essere cremate, essendo ormai anche i cimiteri al collasso. Dico anche perché già sapete com’è la situazione negli ospedali. Quindi riflettete.
Ma vi lascio con questa immagine. Voi direte cosa è? Che c’entra?
Ve lo spiego…
Si tratta di una grossa cella frigorifera a rimorchio. La sua funzione? Contenere impilati in dei sacchi neri i corpi dei pazienti che purtroppo hanno perso contro il Coronavirus, in attesa di trovare collocazione migliore per il loro riposo eterno. Anche le necroscopie sono piene. Quindi riflettete.
Riflettete se lo stare a casa sul divano sia più noioso dello stare in corsia giorno e notte, dell’avere un casco sulla faccia o peggio un tubo in gola, o se preferite stare in un sacco nero ammassati.
Per chi non lo ha ancora capito siamo in guerra ma non con le pistole e le bombe, combattiamo contro un infame particella microscopica che può distruggerci
Riflettete.
Roberto Caragnulo, medico dirigente presso il reparto di Geriatria dell’Ospedale Santa Maria Nuova di Reggio Emilia