Home Cronaca “Spy story” all’Inps di Brindisi: assolto un impiegato dopo un calvario giudiziario durato 13 anni
“Spy story” all’Inps di Brindisi: assolto un impiegato dopo un calvario giudiziario durato 13 anni
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“Spy story” all’Inps di Brindisi: assolto un impiegato dopo un calvario giudiziario durato 13 anni

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Un dipendente dell’Inps di Brindisi era finito sotto inchiesta per aver rimosso un documento conservato in un sistema informatico nell’ufficio di sua competenza, fino ad essere condannato a 2 anni e 3 mesi di reclusione (nel 2012) nel corso di un iter giudiziario che aveva poi visto confermare l’imputazione ma ridurre la condanna.
Una vera “Spy story” amministrativa che ha messo in atto un calvario giudiziario durato quasi 13 anni per l’impiegato 62enne Carmine Preite (detto Floriano, a sinistra nella foto), assolto lo scorso 8 gennaio dalla Corte d’appello di Lecce, Sezione lavoro, perché il fatto non sussiste.
Prima dell’appello bis, era stata una sentenza della Cassazione a spianare la strada dell’assoluzione quando era emerso che Preite (difeso dall’avvocato Ferruccio Gianluca Palazzo, a destra nella foto) aveva “legittimamente” adottato misure d’ufficio senza aver manomesso alcun documento riguardante una ditta di Brindisi (che non era in regola con i requisiti contributivi), limitando così quando disposto dall’articolo 615 ter del Codice penale, l’accesso abusivo a un sistema informatico o telematico.
“Oggi mi libero di un grosso peso. Per tutti questi anni mi sono sentito evitato e giudicato lungo i corridoi dell’Inps, dove ancora lavoro. Nonostante la stima di molti colleghi, con i quali parlavo spesso di questa assurda storia. Finalmente mi sento rinato. Io quel giorno avevo fatto solo un controllo per dovere d’ufficio, null’altro”, ha raccontato il 62enne al nostro giornale.
Ma come è nata un’indagine, per violazione, finita nelle mani della Procura attraverso un “documento falso”? Come ribadito sul caso dall’avvocato Palazzo nel corso di un incontro avvenuto nello studio del legale brindisino. Tutto ha avuto inizio quando un’attività d’indagine d’ispezione viene prodotta da un direttore dell’Inps subentrato a un direttore uscente che finisce nella mani della Procura attraverso un durc (documento unico di regolarità contributiva) che risulterà essere positivo e che invece non era in regola nel caso di una ditta di Brindisi. Documento, pare, a sua volta ricevuto dal direttore subentrato da un altro dipendente.
L’idea di avere dato positività a questo documento che in realtà era negativo (quindi senza requisiti e con ipotesi di corruzione) portava quindi a coinvolgere l’impiegato Preite e il direttore uscente. Successivamente, la visione postuma del file da parte di Preite, ma solo per verificare se il documento fosse stato modificato, porterà la Procura ad incaricare uno dei massimi esperti d’informatica per esaminare quanto accaduto, dichiarando che quel file non era stato mai spostato.
A sua volta, era stato il nuovo direttore di sede a contestare all’impiegato di aver modificato il protocollo, di aver tolto quel file della ditta in questione e di averne messo un altro: cosa che non si poteva fare secondo quanto accertato dall’esperto d’informatica.
Così, a finire in mano alla Procura era stato un documento falso dove si sosteneva la tesi della responsabilità e della collusione di Preite con il direttore uscente nell’attestazione della regolarità contributiva di una ditta, cosa che non era mai avvenuta perché la ditta in questione non aveva mai avuto un’attestazione di regolarità contributiva né da parte dall’impiegato né dal direttore uscente. Quindi, Preite veniva coinvolto in questa storia solo per aver protocollato in buona fede quel documento, senza però mai cambiare una virgola.