“Papà cosa stai facendo?” In tribunale il terribile ricordo: l’omicidio della madre da parte del genitore, un brindisino 54enne
“Papa cosa cosa stai facendo?”. Un terribile ricordo per raccontare l’omicidio della madre, la 38enne brasiliana Ana Cristina Duarte,, massacrata a colpi di coltello dal loro papà, il 54enne Ezio Di Levrano, un conducente di autobus di Brindisi, finito poi in carcere perché accusato di omicidio volontario.
E’ quello vissuto dai tre fratelli (di 14, 12 e 6 anni) lo scorso 7 settembre (in piena notte, dopo le 2) in un’abitazione di Saltara, in provincia di Pesaro, che dopo 4 mesi è stato ricostruito, in cerca di verità, lo scorso 30 dicembre all’interno di un’aula di tribunale di Pesaro dove a porte chiuse si è tenuto l’incidente probatorio. Testimoni di rilievo, davanti al gip Giacomo Gasparini, proprio i due figli più grandi della coppia.
“Papa cosa cosa stai facendo?”, sarebbe quindi emerso nel corso della ricostruzione nelle parole del figlio 14enne, andata avanti per un’ora e mezza. Era stato lui quella notte a soccorrere la mamma trafitta all’addome dal padre, tamponandole le ferite. Poi era sceso in strada ad attendere i soccorsi, lasciando i fratelli più piccoli, di 6 e 12 anni, a proseguire le cure, che poi si erano rivelate inutili. A parlare in aula c’era anche la 12enne, ma non il fratellino più piccolo. Entrambi hanno risposto alle domande del gip in audizione protetta, divisi da un muro, non incrociando mai lo sguardo con quello del padre, che ha voluto essere presente in aula a fianco dell’avvocato difensore Salvatore Asole.
Ad assistere i minori c’era invece l’avvocatessa salentina Francesca Conte che al termine dell’udienza ha lasciato dichiarazioni ad alcuni giornalisti in cui sono state confermate tutte le dichiarazioni che i ragazzi avevano fatto nell’immediatezza dei fatti: il pregresso di maltrattamenti e le denunce (poi ritirate) fatte da Ana anche in Sardegna, dove la famiglia aveva precedentemente vissuto prima di arrivare nelle Marche.
In base al racconto dei due adolescenti (apparsi sereni in aula e assistiti da alcuni psicologi nel corso delle domande rivolte dal gip), sarebbe emerso di aver assistito in diretta all’accoltellamento. Un fase dove il figlio più grande avrebbe cercato anche di intervenire in favore della mamma dicendo al padre “che c… fai?”. Purtroppo, non ha potuto fare niente per salvarla. I tre figli, al momento, si trovano ancora in una comunità protetta e stanno man mano lentamente cercando di elaborare quanto accaduto quella tragica notte.
Su quanto emerso nel corso della ricostruzione, non è dello stesso avviso l’avvocato Salvatore Asole che dà un’interpretazione diversa: sostiene infatti che i tre giovani sarebbero intervenuti in un momento successivo, rispetto agli istanti nei quali il 54enne sferrava le pugnalate. Inoltre, il difensore ipotizza la gelosia nei confronti di una relazione extra coniugale della moglie scoperta dal marito poco tempo prima. Un rabbia che può aver scatenato la follia, un delitto d’impeto. Nel momento in cui tra la coppia è scoppiata la lite potrebbe essere successo qualcosa scaturita (forse) da un messaggio, una telefonata o una videochiamata.
Di Levrano, quella notte, era stato trovato dai carabinieri in un campo di calcio, non distante da casa. Ana Cristina Duarte era invece spirata in ospedale. Nei giorni precedenti l’omicidio, la donna aveva raccontato ai carabinieri di violenze subite dal marito: non lo aveva denunciato, ma era comunque stato attivato il codice rosso. Il prossimo appuntamento sarà ora l’udienza preliminare.