E’ giusto estendere i test attitudinali e antidroga a chi si occupa della “Cosa pubblica”?
Sono passate quasi sotto gamba le dichiarazioni del magistrato Nicola Gratteri, procuratore di Napoli, dopo decenni vissuti a Catanzaro, e da 35 anni sotto scorta. Secondo Gratteri, dopo l’approvazione dei test attitudinali ai magistrati, ha provocatoriamente dichiarato di essere favorevole, ma a una condizione. “Se vogliamo farli per tutti i settori apicali della pubblica amministrazione sono favorevole – ha detto Nicola Gratteri – ma a questo punto facciamoli anche per chi ha responsabilità di governo e della cosa pubblica. Facciamo, oltre ai test attitudinali, anche il narco test perché, chi è sotto l’effetto di cocaina, può fare ragionamenti alterati o prendere decisioni frutto di ricatti. Dato che ci troviamo, facciamo anche l’alcol test perché chi magari quel giorno è ubriaco può dire delle cose che possono condizionare l’opinione pubblica in modo negativo”. Quanto dice Gratteri non è sbagliato. Già in passato, proprio in provincia di Brindisi, abbiamo avuto casi di politici implicati in storie di consumo di droghe. Sarebbe, quindi, più che giusto che chi si occupa della “cosa pubblica” debba rispondere a sani principi di onestà, competenza e coerenza etica. A livello esistenziale si è chiamati a testimoniare con la vita i valori indicati, molti dei quali sono patrimonio comune del nostro popolo e sono recepiti nella nostra Costituzione. Questi valori sono strettamente collegati fra di loro e vanno accettati globalmente. Per questo non è necessario scomodare Don Luigi Sturzo o essere cattolici. E il discorso riguarda anche noi elettori: le elezioni non sono un concorso di bellezza. I cittadini debbono scegliere sui programmi concreti non in base alla faccia più o meno simpatica dei candidati nei mega manifesti elettorali o agli slogan pubblicitari. Perché poi, gli errori di una scelta sbagliata, vengono pagati da tutta la comunità.