C’era una volta basket city. “Ieri a Brindisi ho percepito per la prima volta un distacco che ha il sapore dell’autolesionismo”
BRINDISI – Nell’ultima gara interna della stagione 2010/2011 (contro l’Avellino di Omar Thomas e Frank Vitucci), i tifosi inscenarono una protesta contro il g.m. Antonello Corso. Ma contestualmente intonarono cori di sostegno verso Ferrarese, facendo partire un “Forza Brindisi” memorabile che trasferì all’allora patron la giusta carica per assemblare la società che poi risalì immediatamente in serie A e collezionò una sfilza di partecipazioni alle F8 e ai playoff.
All’epoca non c’erano prospettive di una nuova arena da 7mila posti (adesso invece si parla di prossima posa della prima pietra) e non si conosceva ancora il futuro della società (questa volta già a gennaio si sa che, nella denegata ipotesi la squadra dovesse retrocedere, la società raddoppierebbe gli sforzi per risalire). D’altronde, con un grande investimento in ballo come la New Arena, non potrebbe essere altrimenti.
L’aria che si respira da mesi in città appare ben lontana da quella del 2011, quando tutta Brindisi sospinse fino all’ultimo la squadra (predestinata a retrocedere con quella panchina composta soltanto da Giovacchini, Maresca e Infante) verso un’impresa – in quel caso sì – davvero impossibile. Memorabili gli esodi di tifosi di quell’anno, con la squadra che puntualmente perdeva di 20, 30 o 40 punti come a Montegranaro. Eppure c’era entusiasmo, c’era riconoscenza verso chi metteva gli sghei. Sentimenti che mancano oggi, nonostante gli oltre dieci anni di successi ai massimi livelli, l’iter terminato per la costruzione del(l’agognato) palazzetto più grande del Sud Italia e la promessa di ripartire più forti di prima.
Chi meglio di un forestiero può cogliere l’allucinazione collettiva della quale sono preda i tifosi e la città tutta? Angelo Barnaba, dal 2005 al 2013 Consigliere Nazionale della F.I.P., ha sempre seguito con affetto le sorti della New Basket. E ieri non ha potuto fare altro che registrare quanto di incomprensibile stia accadendo a Brindisi.
“Ieri pomeriggio ero al PalaPentassuglia per sostenere l’Happy Casa Brindisi nel difficile impegno con Napoli.
Una gara persa in modo rocambolesco e doloroso, perché la squadra era riuscita a svoltare un match difficile di suo, ma reso ancora più ostico dalla precaria condizione fisica di alcuni giocatori, dalla scomodissima posizione in classifica e da un arbitraggio che ancora una volta ha suscitato perplessità, per usare un eufemismo.
Tuttavia, la notazione più sorprendente per me è stato il clima che si respirava nel Palazzo dello Sport: lo frequento da molti anni e non mi era mai capitato di percepire tanti silenzi, tanta mesta ed immotivata rassegnazione a partita in corso, quasi che l’esito infausto del campionato venga dato dai più come ormai scontato, ineluttabile. Una squadra che deve provare una grande impresa per risalire ha bisogno di calore, non di mugugni. Troppa gente sembra invece, tanto al PalaPentassuglia quanto sui social, solo in attesa di poter vedere confermati i suoi pronostici negativi, al punto di aver quasi smesso di tifare per i propri colori.
E allora ok la delusione, è legittima. Ok puntare il dito contro le scelte sbagliate, tanto nell’allestimento del roster quanto nelle correzioni: ci sta. Ma come ci si può dimenticare del fatto che mancano ancora 13 gare al termine? E che solo vincendo ieri ci si sarebbe messi ad appena due punti dalla permanenza in A?
Ieri a Brindisi ho percepito per la prima volta un distacco che ha il sapore dell’autolesionismo. Peraltro del tutto immeritato, dopo 13 stagioni consecutive in serie A. Molte delle quali concluse con la qualificazione ai playoff, dopo aver preso parte alla Final 8 di Coppa Italia.
Forse per qualcuno tutto questo era diventato scontato, invece alle nostre latitudini resta un’impresa incredibile. Anzi, forse irripetibile in mancanza di un impianto adeguato a sostenere adeguatamente la società con entrate più consistenti dal ticketing, dalle sponsorizzazioni, dal merchandising e da tutto quello che si puo’ realizzare solo in condizioni differenti da quelle attuali.
Se posso dire, credo che una riflessione collettiva su questi temi potrebbe servire più di ogni sterile sfogo/contestazione, in questo momento così complesso per il basket brindisino”.
Già. Chissà che un giro al piano inferiore non possa addirittura risultare salutare per far tornare la necessaria fame a una tifoseria oramai sazia. Magari così riusciremo a riempire la New Arena.