Brindisi città alla ‘mbersa. Ambientalisti e lobbisti poco green dalla stessa parte. Mentre la politica locale, come sempre, sta sulla luna
BRINDISI – Vestas, il più grande produttore di pale eoliche al mondo, che conta uno stabilimento anche a Taranto, mette in vendita la sua pipeline eolica dopo aver chiuso il 2022 con una perdita di 1,5 mld di euro. Tale disimpegno dà la misura di quanto sia difficile oggi investire nel manifatturiero legato alla filiera delle rinnovabili, e ciò per l’impari concorrenza della Cina (che detiene quasi il monopolio delle terre rare), per il rialzo dei tassi d’interesse, per il rincaro delle materie prime, per i colli di bottiglia nella supply chain. Se è difficile per Vestas, figurarsi per una start-up come Act Blade. E che investire nella produzione di componentistica per le Fer sia altamente impegnativo, se non proprio proibitivo, lo dimostra anche il fatto che Enel sia alla ricerca di un partner per cedergli il 50% della gigafactory di Catania 3Sun. D’altronde è conclamato che la transizione, per l’alto rischio d’impresa e gli alti costi che comporta, può essere traguardata in questa fase solo grazie a un imponente piano di sostegno finanziario pubblico. Vedasi l’Ira varato dagli Stati Uniti, un piano da 370 miliardi di dollari per sostenere le imprese tech e green. Senza una politica industriale, l’Europa e l’Italia soprattutto, che ha pochi margini per fare debito, non possono sperare di attivare grandi investimenti privati nel settore green. Per questo non ha senso strepitare istericamente contro Enel, la quale non è che non vuole, semplicemente non può reindustrializzare senza un sostegno pubblico. Se dobbiamo proprio prendercela con qualcuno, dobbiamo farlo con il Governo, che continua a snobbare questo territorio, tranne in campagna elettorale. Tutto ciò vale se vogliamo fare un discorso serio e responsabile. Ma comprendiamo che questi sono concetti difficili da assimilare, pertanto la politica locale sceglie la strada più semplice, che probabilmente paga più dividendi in termini di consenso, ossia quella di alzare la voce e battersi il petto. Tanto poi tra cinque-dieci anni, quando il problema ovviamente non sarà stato risolto ed esploderà, loro non ci saranno più o comunque la gente avrà dimenticato i fatti.
Stesso discorso vale per la logistica. È irrazionale, infatti, pensare che Enel non voglia creare valore attraverso la zona franca doganale di sua proprietà per la cui istituzione ha spinto tanto. Semplicemente, non essendo il suo core business, ha bisogno di appoggiarsi su un grande player. Doveva essere Geodis, ma poi le cose non sono andate per il verso giusto. Anche in questo caso risulta piuttosto melenso chiedere a Enel di darsi una mossa. Lo sanno benissimo che devono darsi una mossa, tant’è che la procedura per l’autorizzazione unica Zes è in fase di chiusura. Purtroppo la politica non ha mai interesse ad approfondire, a dire le cose come stanno, in maniera costruttiva. Sa solo parlare per slogan e titoli. Tavolo per la decarbonizzazione. Centrale a turbogas. Ed a proposito di quest’ultima, fa sorridere la saldatura tra le teste d’ariete degli interessi di bottega (che magari in passato hanno contribuito a inquinare questo territorio in altro modo) e gli ambientalisti, che non capiscono che chi gli dice quello che si vogliono sentir dire, lo fa perché tira acqua al mulino di chi vorrebbe la realizzazione di una centrale a turbogas, utile soltanto a saziare gli appetiti di una piccola – seppur legittima – lobby, o perché tira acqua al mulino dei falchi del porto, ossia di quei personaggi che per anni hanno fatto il bello e cattivo tempo e non vogliono Edison tra i piedi perché hanno altre – legittime (almeno in questo caso) – mire.
Ma ci rendiamo conto che forse sono discorsi troppo noiosi e in parte incomprensibili per la gente, che non vuole impegnarsi a seguire certe dinamiche contorte, a sentirsi dire certe verità, e che invece preferisce accodarsi a chi gli promette di acquietare le proprie paure (dopo averle alimentate) e gli consente di sfogare le frustrazioni del quotidiano che questa società genera in quantità industriali. L’unica industria che ha un futuro da queste parti.