Forse abbiamo sbagliato di nuovo a votare. Andiamo oltre, va
BRINDISI – Se il buongiorno si vede dal mattino, siamo fritti. Non si intravede uno straccio di idea comune, c’è gente che sembra ritrovarsi in piazza Matteotti per caso. Altri, invece, sanno fin troppo bene dove sono e cosa fare. Non sarà neppure questa l’amministrazione che darà risposte e un indirizzo alla città. Certe cose le senti. Ma ce li vedete questi politici, che giocano continuamente a ‘futti cumpagnu’, mettere da parte i grandi interessi in ballo e lavorare all’unisono, ad esempio, sulla nuova Pianificazione urbanistica della città? Utopia. Sembrano il Brindisi di Danucci, dove ognuno va per cavoli suoi. Ma questo non è un gioco, c’è la vita dei brindisini tra le loro mani.
Dove sono gli assessori? Come sappiamo che si stanno guadagnando i lauti compensi raddoppiati dal Governo? Possibile che non sentano l’esigenza di dare conto agli elettori, ai cittadini, a loro stessi? Non potete fingervi morti per cinque anni, vi vediamo benissimo che respirate, seppure con grande affanno.
«È venuto mezzo Governo a Brindisi!». Eh, non ditelo ad alta voce, però. Perché in questi primi sei mesi di amministrazione, il Governo non è andato oltre le dichiarazioni di facciata. Ad aprile, in piena campagna elettorale, il ministro della Cultura Sangiuliano dichiarò: «Assumo un impegno: appena eletto, il sindaco Marchionna verrà da me e parleremo dei progetti di cultura per questa città, soprattutto dell’arte contemporanea e della possibilità di agganciarsi al museo Maxxi». Attendiamo fiduciosi di essere ragguagliati su quanto si sono detti il giorno dopo l’elezione di Marchionna come primo cittadino di Brindisi…
Ma andiamo oltre. Vogliamo parlare di Zes? Del danno che l’estensione a tutto il Mezzogiorno procurerà a Brindisi in termini di competitività? Il Comune di Brindisi, infatti, essendo in predissesto non potrà adottare kit localizzativi (sono agevolazioni ulteriori che possono prevedere i Comuni). Inoltre, un’impresa che voleva investire a Brindisi, prima poteva beneficiare di un abbattimento del 50% dell’Ires, mentre ora non più. Così come adesso, a differenza di prima, potranno beneficiare del credito d’imposta solo i privati che presenteranno investimenti da almeno 200mila euro. Per non parlare, poi, dell’ingolfamento delle pratiche che renderà più lunghi gli iter rispetto a quanto avvenuto sino ad oggi.
E a proposito di investimenti, si deve dedurre che alla luce del nuovo piano industriale di Enel, al momento non abbia sortito l’effetto sperato l’emendamento presentato l’anno scorso dall’onorevole D’Attis, il quale prevedeva che «entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore della legge (ne sono passati 500 di giorni, ndr) è convocato, presso il ministero dello Sviluppo economico, un Comitato di coordinamento finalizzato ad individuare soluzioni con fondi PNRR e IPCEI (che il ministro ha fatto sapere qualche settimana fa non essere disponibili, ndr) per il rilancio delle attività imprenditoriali, per la salvaguardia dei livelli occupazionali, per il sostegno dei programmi di investimento e sviluppo imprenditoriale delle aree industriali di Civitavecchia e Brindisi». Adesso che il sottocomitato per la decarbonizzazione si è finalmente insediato, si è dato mandato al sindaco di stilare una sorta di letterina di Babbo Natale, i cui desiderata verranno esauditi secondo le possibilità. Occorrerà fare sintesi, ma la partenza non è delle migliori, e neppure le premesse, dato che Brindisi, in questo momento, sembra il set di “Gangs of New York”. Le energie, in questa fase, si stanno concentrando nella richiesta a gran voce della centrale a turbogas. Un impianto che a regime non produrrebbe nuovi posti di lavoro (è previsto l’impiego di massimo 80 unità già alle dipendenze di Enel) e che libererebbe ancor più la società da ogni obbligo morale – che ha verso il territorio – di produrre nuova occupazione che possa compensare la perdita dell’indotto generato fino ad oggi dal carbone.
Piuttosto, una battaglia sulla quale ci piacerebbe venisse spesa qualche parola è quella promossa da Confindustria, la quale, più che tavoli di crisi, vorrebbe tavoli di sviluppo. «È necessaria – ha sostenuto il presidente Menotti Lippolis – una politica industriale che consenta alle aziende del Mezzogiorno, in cui si concentra gran parte del comparto aeronautico civile legato alle aerostrutture, di proporsi come fornitrici dei grandi player nella forma di reti d’impresa o consorzi. Che questo settore sia in crisi lo dimostrano d’altronde le vicende della Dema e della Piaggio aeronautica. Ma anche le ricadute nel settore della motoristica aeronautica potrebbero essere maggiori. Su Brindisi, i fornitori dei grandi gruppi sono pochi. C’è dunque il rischio che il grosso delle forniture per la realizzazione dei motori provenga dalle aziende del Nord, dove è concentrato il maggior numero di fornitori dei grandi player. Ecco, con il Governo e la Regione Puglia si potrebbe ragionare su contratti di filiera che incentivino le imprese fornitrici insediate al Nord a spostarsi nel nostro territorio». Ecco, su questa intelligente sollecitazione al Governo e alla politica locale si è registrato un silenzio assordante. Troppo presi, tutti, nel rivendicare la centrale a turbogas.
E buone nuove si attendono anche sul fronte della riperimetrazione del Sin. Secondo le recenti dichiarazioni rese in consiglio comunale dal sindaco, dovremmo essere prossimi a novità positive. Il problema è che l’emendamento a firma Prestigiacomo-D’Attis con cui si disponeva «la ricognizione delle aree Sin e la riperimetrazione se ci sono parti che possono tranquillamente essere escluse e restituite quindi direttamente agli usi legittimi» risale al 2021. Questa ricognizione, recitava un comunicato, «deve essere fatta entro un anno dall’entrata in vigore, ossia entro il 2022». Siamo praticamente al 2024 e viviamo ancora di attese e speranze, che tuttavia sono le ultime a morire.
Del mezzo Governo atterrato a Brindisi faceva parte pure il ministro degli Esteri Tajani. Anche lui potrebbe fare qualcosa, magari per dimostrare che non è più quello che prometteva l’inserimento di Brindisi nelle reti Ten-T senza tuttavia avere strumenti, e forse neppure tanta voglia, per traguardare l’obiettivo. Ad esempio, potrebbe farci sapere a che punto siamo con la creazione di una scuola privata internazionale che possa attirare personale delle Nazioni Unite da altre realtà, così come promesso da più parti nel febbraio scorso in occasione della visita di Khare. Tra le promesse, ricordiamo anche quella di Emiliano che anticipò la volontà di «costituire un centro di medicina speciale per le grandi emergenze internazionali, magari provando a dotare di qualche strumentazione e assunzione in più la sanità brindisina». Tanto, una promessa non si nega a nessuno. Figurarsi ai brindisini.
Alla luce di tutto ciò, forse abbiamo sbagliato di nuovo a votare. Nel senso: proprio a recarci alle urne. Andiamo oltre, va, che abbiamo già visto abbastanza. Avanti il prossimo.