Il diritto internazionale cogente non prevede limiti per quanto riguarda l’ammissione degli stranieri nel paese, ma delega questa decisione al governo territoriale. Quando però un determinato Stato decide di non fare accedere nel suo territorio di competenza gli immigrati, che magari si trovano al largo in mare a bordo di un barchino in balia delle onde e chiedono di entrare in acque territoriali e attaccare in un porto, deve stare attento a non ledere i diritti fondamentali dell’uomo, sanciti sia dalla convenzione, ma anche e soprattutto dallo ius cogens, primo fra tutti il diritto alla vita.
Per il diritto consuetudinario uno Stato è libero di poter effettuare i rimpatri, a patto però che l’espulsione non risulti oltraggiosa per il migrante, e che gli venga concesso un tempo ragionevole per regolare i propri interessi
Sul tema di espulsioni o estradizione limiti importanti arrivano dalla Convenzione Dei Diritti Umani e dalla giurisprudenza della CEDU, la quale obbliga gli Stati a non estradare una persona verso un paese in cui questa rischia di essere sottoposta a tortura.
La giurisprudenza della CEDU ha anche rilevato dalla Convenzione dei diritti umani, l’obbligo degli Stati a non espellere lo straniero, quando essa comporterebbe una ingiustificata e spropositata rottura dell’unità familiare; ciò è possibile se motivi che riguardano la sicurezza pubblica non richiedono l’applicazione dell’estradizione (principio di Non-refoulement)
Queste norme riguardano tutti gli immigrati, ma una particolare attuazione, viene di solito trovata a tutte quelle persone che non hanno cittadinanza, gli aploidi.
Ora parliamo invece di quelle persone che riescono a ottenere lo status di rifugiato o richiedente di asilo politico; lo status spetta al cittadino straniero il quale, per il timore fondato di essere perseguitato per motivi di razza, religione, nazionalità, appartenenza ad un determinato gruppo sociale o opinione politica, si trova fuori dal territorio del Paese di cui ha la cittadinanza e non può o, a causa di tale timore, non vuole avvalersi della protezione del suo Paese.
Inoltre tra i vari diritti del rifugiato ci sono quello di non essere discriminato per la sua razza, di praticare la propria religione, di accedere ai tribunali, all’assistenza e ad ottenere il documento di viaggio (cioè una sorta di passaporto che gli permette di circolare in tutti gli stati contraenti)
Va da sé che per il principio di Non-refoulement, va dato del tempo al richiedente di difendersi o di giustificare la sua richiesta, se non ha ancora ottenuto lo status di rifugiato.
E’ quindi da condannare il modo di operare che il Governo Italiano aveva un tempo, ovvero quello di respingere in alto mare stranieri che fuggivano dal loro Stato e addirittura rispedirli verso la Libia di Gheddafi (Stato non vincolato dalla convenzione).
Concludendo, credo che, secondo un mio modestissimo parere, oggi bisognerebbe stare molto attenti alla linea politica presa dal nostro governo, in quanto, ci sono alcuni fattori che mi fanno riflettere sul fatto che, forse, il modus operandi suddetto del Governo Italiano, in maniera leggermente diversa, ma stia comunque ritornando.
Francesco Caroli