Quale turismo per Brindisi e la Puglia? La visione di Angelelli, Taveri e Argentieri
BRINDISI – Il turismo è l’oro della Puglia, si ripete spesso. Ma è davvero tutto oro quello che luccica? Di certo la regione può vantare delle eccellenze assolute nel campo della ricettività, dato che nell’ultima classifica de Il Sole 24 Ore le province di Taranto e di Brindisi si sono piazzate rispettivamente al secondo ed al terzo posto nella graduatoria sulla qualità dell’offerta alberghiera. Un dato lusinghiero che conferma l’altissimo livello dell’offerta “legale” ma che non sposta di una virgola i tanti coni d’ombra che caratterizzano la dimensione turistica della Puglia. Situazioni cristallizzate impietosamente da alcune recenti ricerche e che vanno ad interrogare sul reale impatto del comparto turistico sull’economia pugliese. Di particolare interesse, in tal senso, risulta lo studio effettuato dalla società Sociometrica, che svela come le località turistiche pugliesi, a dispetto della collocazione in cima ai desideri dei turisti italiani e internazionali, siano ai margini delle classifiche ufficiali sulle presenze turistiche e sul ritorno economico che ingenerano. Alcuni dati su tutti: nella top 20 italiana delle presenze, non c’è neppure una città pugliese; nella classifica sul valore aggiunto prodotto dal turismo, le realtà del Mezzogiorno si collocano nelle retrovie, con la prima località pugliese – ovvero Vieste – che si ritrova solo al 31esimo posto e con destinazioni come Polignano a Mare o Matera che sono fuori dalle prime 100; di converso, ci sono ben quattro pugliesi nella top 10 delle mete dove è maggiore il peso delle strutture non ufficiali rispetto alle strutture alberghiere ed extra-alberghiere (in destinazioni come Porto Cesareo, Ostuni, Nardò e Gallipoli si rilevano numeri di abusivismo anche di tre volte superiori rispetto alle strutture legalmente riconosciute).
I riverberi riguardano il Pil regionale, sul quale il turismo esercita un impatto modesto, perlomeno se rapportato al grande carico antropico ed a tutto ciò che ne consegue di negativo. Le ragioni della scarsa incidenza, come intuibile, sono riconducibili al fatto che le camere private non hanno granché bisogno di addetti, imprese di servizi e professionalità rispetto agli hotel ed ai resort.
«L’aumento spropositato di queste strutture fantasma – commenta Sergio Angelelli, presidente della sezione Turismo di Confindustria Brindisi – non porta con sé un impatto importante sul Pil, un aumento dei posti di lavoro e delle relazioni commerciali, in quanto tali strutture vengono gestite direttamente, ad esempio, dal proprietario della seconda casa a mare. Questo determina un importante mancato gettito ed una evasione fiscale: chi dichiara, infatti, redditi derivanti da un’attività non legittima? Nessuno. È una forma di turbativa del mercato ed a pagarne le conseguenze sono le strutture ricettive in regola, che si fanno carico di gravosi oneri tributari ed amministrativi. Per giunta tali strutture in regola, nella loro strategia di vendita e nell’ottica di individuare la migliore tariffa, devono anche tenere conto dell’aumento della tassa di soggiorno versata dall’ospite. Imposta di soggiorno che grava esclusivamente su quelle strutture ricettive che sono già gravate da numerosissimi adempimenti ed oneri. Per tale motivo nella città di Bari, dove si stima un’incidenza dell’abusivismo ricettivo sull’intera economia turistica pari all’80%, tanti albergatori hanno giustamente gridato allo scandalo per la decisione di introdurre la tassa di soggiorno. Purtroppo il fenomeno dell’abusivismo ricettivo si sta diffondendo a macchia d’olio ed è sotto gli occhi di tutti. Basta aprire qualsiasi sito di intermediazione online come Booking o Airbnb o Expedia per osservare la notevole differenza che vi è tra le strutture ricettive non ufficiali che operano nel mercato e quelle che risultano al Suap o in Regione. La diffusione del fenomeno è probabilmente dipesa anche da vuoti normativi: mi viene da pensare alle norme che vanno a disciplinare regione per regione i b&b in forma non imprenditoriale. Ebbene, quella normativa desta qualche perplessità perché, fatti salvi i casi in cui quelle attività vengono svolte effettivamente come prescritto dalla legge regionale, è come se venisse concessa la facoltà a tali soggetti di esercitare un’attività imprenditoriale e quindi di avere come scopo quello di ricavare utili pur sottraendosi facilmente agli oneri amministrativi e tributari. Pertanto, di fronte a questi numeri davvero allarmanti sarebbe il caso che si iniziasse ad intraprendere un percorso volto a risolvere questo gravissimo problema, il quale determina una concorrenza sleale con effetti distorsivi sul mercato e fa regredire la qualità del turismo nella regione».
Una prima pietra nella direzione di una maggiore trasparenza è stata posta dalla Corte di Giustizia Europea: «Una sua recente pronuncia – spiega Angelelli – ha confermato l’obbligo in capo agli intermediari di assoggettare il canone di affitto alla cedolare secca con aliquota al 21% e di corrispondere in qualità di responsabile d’imposta il relativo importo direttamente nelle casse dello Stato. Ciò non può che essere accolto in maniera positiva ma rappresenta un primo passo, non risolutivo, per provare a ripristinare un minimo di trasparenza e legalità in un mercato molto compromesso».
Sulla stessa lunghezza d’onda è il vice-presidente di Federalberghi Puglia, Pierangelo Argentieri: «L’esplosione digitale e la conseguente nascita di nuovi canali distributivi, uniti alla complicità della mancanza assoluta di controlli, ha fatto sì che il mercato degli affitti brevi crescesse in maniera incontrollata. Questo sommerso turistico, che sfugge alle statistiche, impatta non solo economicamente a danno delle strutture legali ma soprattutto sulle dinamiche urbanistiche, sul costo degli affitti, sull’organizzazione delle città. Servono una nuova governance del turismo, maggiori risorse professionali da dedicare al monitoraggio ed al controllo dell’offerta; ci sono gli strumenti e le risorse economiche, basta volerlo. Come Federalberghi abbiamo dato la massima disponibilità per supportare le strutture regionali e comunali con la nostra organizzazione ed il nostro know how».
In Puglia non esiste solo un tema di qualità dell’offerta ricettiva legale, ma si inizia a discutere sempre più frequentemente anche della congruità del numero di strutture esistenti rispetto alla domanda. Tale dibattito tiene banco soprattutto nella città di Bari ed è sollecitato dal grande incremento di arrivi e presenze registrato negli ultimi tempi. Una crescita che, in verità, riguarda anche altre grandi città pugliesi senza una grande tradizione turistica quali Brindisi e Taranto, seconda in Italia dopo Como per crescita di presenze di stranieri tra 2019 e 2021. Il tema è stato posto con forza, alcuni mesi fa, finanche dal ceo di Ryanair, Michael O’Leary, che in un’intervista al Corriere della Sera dichiarò: «Quando uno deve andare a Bari, a Brindisi o in Sicilia, trovare un posto in albergo diventa un problema. Possiamo portare milioni di persone ma poi non riescono a prenotare una camera». Per Argentieri, però, quelle affermazioni sono state eccessive: «Non mi sembra – replica – di aver visto turisti dormire sotto i ponti. In Puglia, tra alberghiero ed extra-alberghiero, l’offerta è all’altezza: non riscontro criticità sotto questo punto di vista, semmai riscontro una mancanza di controllo tra offerta legale e sommerso. I numeri parlano chiaro: i passeggeri dei nostri due aeroporti trovano posti letto e sono ampiamente sistemati sia in strutture alberghiere che soprattutto extra-alberghiere».
Ed a proposito di traffico aeroportuale, un altro tema che sta facendo discutere è quello legato all’addizionale comunale sulla tassa d’imbarco aeroportuale che il Comune di Brindisi ha deciso di introdurre per ovviare ai propri problemi di bilancio. Una misura che va nella direzione opposta rispetto a quanto richiesto dalle compagnie low cost, che desidererebbero addirittura l’eliminazione integrale della tassa d’imbarco statale. Sul punto, oltre alle perplessità che sono trapelate da parte dei vertici di Aeroporti di Puglia, si aggiungono quelle del vice-presidente di Federalberghi Puglia: «Siamo contrari – ribadisce – a qualsiasi tassazione che riguarda i turisti, soprattutto se le risorse, come sempre capita, sono destinate a tappare i buchi di bilancio e non a migliorare i servizi e l’accoglienza. E quella tassazione, nella peggiore delle ipotesi, può effettivamente incidere sulle scelte delle compagnie low cost, il cui modello di business è incentrato per l’appunto sul basso costo».
Il mondo evolve velocemente, ed allo sforzo per risolvere le problematiche contingenti va accostato un lavoro di ricerca delle nuove tendenze, e quindi delle nuove opportunità offerte dal turismo. Emma Taveri, destination change maker e assessore al turismo, al marketing territoriale ed alla creatività del Comune di Brindisi, da anni è impegnata a fiutare le evoluzioni del mercato turistico. La nuova moda sembra quella dello smart working, esplosa nel periodo pandemico e la cui onda lunga è pronta ad essere surfata da tante destinazioni emergenti e consolidate. Taveri è stata tra i primi a intercettare la nuova domanda, tanto da lanciare nel 2020 un contest – che raccolse una grande copertura mediatica – per invitare smart worker di tutto il mondo a trasferirsi a Brindisi, così da bilanciare lavoro e buona qualità della vita dimorando su una barca a vela. Quell’esperimento adesso si è trasformato in politiche concrete, soprattutto grazie alla collaborazione con Airbnb, che ha selezionato Brindisi tra le 20 località mondiali che verranno promosse come destinazioni ideali per smart worker.
«L’anno scorso – racconta Taveri – sono stata al Forum degli investimenti immobiliari a Berlino e ho riscontrato un alto interesse per la Puglia: ci sono grandi catene che stanno differenziando, c’è proprio un’evoluzione del settore immobiliare ricettivo in considerazione di quelle che sono le più recenti tendenze del turismo dell’immobiliare e di quella che viene definita residenza temporanea. Oggi ci sono dati che dimostrano che le persone stanno cercando anche luoghi in cui soggiornare per periodi più lunghi della semplice vacanza: scelgono alloggi o case-vacanza che abbiano una buona connettività, ma scelgono anche delle strutture ricettive che siano al passo con i tempi. Si passa dal classico villaggio a strutture ricettive ibride che permettano di vivere un’esperienza diversa, come lavorare da remoto e connettersi con la comunità locale. Stanno nascendo anche nuove catene alberghiere che stanno puntando molto su questo. Al momento, queste catene stanno investendo su aree primarie ma non si esclude l’interesse per nuovi territori, a patto che abbiano nella propria strategia l’obiettivo di aprirsi ad una nuova forma di turismo». Secondo una recente ricerca presentata da ‘Scenari Immobiliari’, su un totale di 110 miliardi di patrimonio immobiliare alberghiero italiano, il 54% si trova al Nord Italia, il 26% al Centro e il 20% al Sud. Il settore ricettivo/immobiliare è in costante evoluzione e nascono così nuovi brand che intersecano turismo, lavoro e lifestyle. Solo per citarne alcuni: The Social Hub (ex Student Hotel), Citizen M, Selina Hotels, 25 Hours Hotels.
«In Puglia – prosegue Taveri -, sulla base dell’esperimento di Brindisi sullo smart working, la Regione sta lavorando ad una strategia per aggredire questo segmento di mercato. Come dicevo, alcune nuove catene innovative stanno puntando alla fascia dei millennials, persone che possono viaggiare spesso e contestualmente lavorare; rappresentano un bacino potenzialmente molto interessante».
Uno strumento che può venire incontro all’esigenza di implementare l’offerta ricettiva, anche sul fronte dell’attrazione di investimenti immobiliari innovativi e sostenibili nel campo turistico, è rappresentato dalle zone economiche speciali.
«Le zes – dichiara l’assessore del Comune di Brindisi – possono rappresentare un volano per l’attrattività del territorio e per nuove forme di turismo. C’è un’interlocuzione in corso con il commissario zes per creare una sinergia nell’ottica di attrarre investimenti avviando una collaborazione tra enti locali e struttura zes per rendere noto il territorio agli investitori».
L’intenzione è di puntare alla qualità e non alla quantità, differenziando Brindisi dai modelli classici del turismo di massa che hanno caratterizzato note località con insediamenti che hanno deturpato la costa e alimentato una domanda alla ricerca di soluzioni a basso costo: «Il mare – spiega Taveri – è ancora un attrattore importante in Puglia, bene puntare anche sulla sostenibilità ambientale che oggi caratterizza un nuovo ‘lusso’ nel turismo, dal design ricercato nella ricettività ad esperienza di turismo in natura, temi su cui la differenza può farla l’innovazione nella proposta di valore e non il prezzo. Per essere attrattivi si sta puntando sui grandi eventi per destagionalizzare e rigenerare il patrimonio dismesso, in linea con ciò che accade nelle città Europee in fase di riconversione. Ne è un esempio il rilancio dell’affascinante Capannone ex Montecatini con il nuovo festival muSEAa – Musica Vista Mare e la rigenerazione della ex batteria militare Menga per creare il primo museo immersivo del mare digitale. L’eccesso di investimenti senza pianificazione sulla costa, effettuati in alcune realtà ha creato le condizioni per un turismo di un bassissimo livello, low cost, con uno scarso monitoraggio degli accessi e delle presenze. I servizi sono sicuramente necessari, ma bisognerebbe anche puntare ad aumentare la spesa media di destinazione, la permanenza media e aumentare il livello culturale indotto dal turismo; questi parametri non vengono analizzati. Il turista mordi e fuggi lascia poco sul territorio in termini di impatto economico e rappresenta un carico antropico per la destinazione. È importante – conclude – lavorare sul posizionamento della destinazione: a Brindisi, ad esempio, lo stiamo facendo ed i risultati iniziano a vedersi perché siamo una delle 21 mete del 2021 del The Guardian ed abbiamo questa grande esposizione mediatica grazie al progetto sullo smart working di Airbnb. Non è semplice competere con altri contesti più favorevoli rispetto al nostro: in Italia, infatti, bisogna fare i conti con la burocrazia, con la scarsità di risorse degli enti pubblici, vedi il Comune di Brindisi che è in predissesto. È sempre un po’ più difficile realizzare qualcosa in Italia ed in particolare in contesti svantaggiati come il Sud. Ad ogni modo, da quando abbiamo lanciato la campagna sullo smart working ci sono arrivate decine di richieste di informazioni da persone di tutto il mondo che stanno valutando il trasferimento a Brindisi per un determinato periodo. Lavoriamo con la Regione e con Pugliapromozione per estendere e strutturare questa best practice».