MESAGNE – Come tanti che hanno una storia politica di militanza a sinistra sento da tempo la mancanza di un partito, nuovo e moderno, dove potersi confrontare e lavorare “assieme”.
Un partito che non comunichi solo attraverso i social o le chat di whatsapp o che consideri la politica e la partecipazione solo gestione, governo su cui appiattirsi e a cui immolare dignità, valori, coerenza e serietà. Un partito dove e con cui poter costruire progetti condivisi per migliorare le condizioni di vita di chi soffre di più e paga le conseguenze di una ingiustizia diffusa. Un partito che tenga unita l’Italia. Spero che il nuovo Pd diventi questo partito.
La cultura governista a tutti i costi, il pensiero economico liberista e la personalizzazione della politica come era diventata la gestione del Pd mi allontanò dal partito che avevo contribuito a livello regionale a far nascere. Cultura ancora presente in molti dei dirigenti nazionali e locali di questo partito. Molti di loro sono cresciuti nei e con i governi ai vari livelli e come tali lontani dalla realtà, dalla vita dei cittadini e dagli interessi generali. Molti di questi dirigenti, sempre gli stessi che in maniera trasformistica e parassitaria sono stati e stanno sempre con chi vince e comanda, dovrebbero liberare il campo per fare spazio ad una nuova generazione di donne e uomini che saranno chiamati ad agire con umiltà per poter imparare ad ascoltare e ad unire.
Spettera’ a nuovi dirigenti ricreare quel senso di comunità perduto da tempo e diventare portatori di speranza di un mondo migliore. Quelli di sempre diano una mano mettendosi di lato e, se ci riescono, cercassero di comprendere che c’è vita e lavoro oltre le prebende della politica.
Ci vogliono scelte straordinarie, coraggiose e nuove in grado anche di ricomporre fratture, strappi che hanno sempre diviso la sinistra fin dal lontano 1921. Una ricomposizione però che non disperda la consapevolezza che essere partito significa essere di parte….
C’è una destra da combattere e sconfiggere culturalmente e socialmente. C’è da organizzare l’opposizione e non solo nelle aule parlamentari o sui social. C’è un paese da unire e un rapporto con il popolo e con il mondo del lavoro da ricostruire, un rapporto indispensabile anche per recuperare al voto una parte di quel 50% che non vota più.
A tutti coloro che hanno teorizzato che sinistra e destra erano concetti e collocazioni superati è stata data una lezione di realtà.
La destra esiste e in Italia si è manifestata e si manifesta in una forma aggressiva e regressiva. Mentre a sinistra e da tempo si è persa la dimensione della realtà; ci si è allontanati da un popolo che chiedeva protezione e riferimenti certi. Non mi convince per questo l’enfasi per un partito che si vorrebbe rilanciare facendo affidamento sugli amministratori locali e regionali che in molti casi sono il problema e non la soluzione.
Questi anni ci hanno cambiato, ci hanno portato a fare i conti con tornanti della storia che nessuno aveva calcolato come la pandemia e la guerra.
Spetta certamente al Pd, ma non solo ad esso, dare un segnale forte in questa direzione. Insomma serve un soggetto politico collettivo partendo dal Pd.
I partiti nascono, si creano, perché rappresentano valori e bisogni. Non nascono o non hanno lunga vita se a prevalere sono ragioni di convenienze elettorali e di sopravvivenza di un ceto politico che si organizza attorno ad un capo o al potere da gestire.
Valori e bisogni, domande di cambiamento, richiedono un nuovo pensiero lungo, come si diceva una volta.
Un partito e’ un’associazione di persone al servizio di una causa e di una comunità.
Il valore degli individui e il loro stare assieme, sentirsi comunità e’ insostituibile,l’apertura alla società e’ vitale, così come è determinante la formazione di nuovi dirigenti educati all’impegno, al lavoro politico e allo studio.
E di un partito capace di mettere assieme sensibilità e culture progressiste che si richiamino al socialismo, al solidarismo cattolico e a quei valori sempre moderni e attuali (le grandi questioni dell’uguaglianza, del lavoro, della libertà, della difesa e del futuro del pianeta terra e dell’umanità che lo abita), c’è bisogno. Questo richiede la fatica del pensare, dell’organizzare e dell’agire con coraggio e coerenza e che assieme a visione, passione e competenza fanno di un partito, un partito utile e attrattivo.
Essere oggi di sinistra significa costruire ancora anche con la lotta le condizioni che favoriscano lo sviluppo umano, civile e sociale. E questo vale sia se si sta al governo e sia se si è opposizione.
La sinistra e il paese hanno bisogno di soggetti politici grandi, capaci di attraversare la crisi economica e morale del paese con un punto di vista non appiattito sul presente.
Così come c’è bisogno di un partito dalle idee e dalla forma nuove, serio, organizzato e popolare, privo di rancori e diretto da dirigenti consapevoli, riconosciuti, giovani e motivati.
Sta al nuovo PD ritrovare parole, contenuti, reputazione e orgoglio per convincere chi non lo vota più , chi se ne è allontanato e soprattutto convincere le nuove generazioni per il cui futuro deve esserci il massimo impegno!
Si deve passare dall’idea di un progresso necessario a una di sviluppo sostenibile ma solo se è fondato sulla volontà degli individui. Sul loro sentirsi partecipi. Perché poi donne, giovani, chi lavora o un lavoro lo cerca, non basta ascoltarli. Bisogna tenere conto di quanto pensano, chiedono, desiderano, propongono.
Mi convincono, se non rimangono semplici dichiarazioni, gli impegni dei candidati alla segreteria del Partito Democratico quando sostengono che il Pd deve cambiare molto nel suo modo di discutere, di coinvolgere gli iscritti, di assumere le decisioni, di formare e selezionare la classe dirigente.
Con questo spirito e questa speranza riprenderò la tessera del pd per dare il mio modesto contributo di semplice militante a questo processo di costituente aperta e unitaria e di rilancio senza mai rinunciare alle mie idee e ai giudizi anche a quelli sulle vicende locali e regionali passate e future. Sosterrò la candidatura di Gianni Cuperlo a cui, per storia, cultura politica, idee, mi sento vicino. Chiederò di iscrivermi al circolo di Mesagne comune dove sono nato, dove nel 1964 feci la mia prima tessera alla federazione giovanile comunista e dove mi sono formato, assieme ad altri giovani, alla “scuola” di un partito di braccianti, coloni, contadini, operai.
Una scuola eccessivamente dura, rigida e rigorosa ma dai grandi insegnamenti politici e morali che sono stati determinanti per i miei successivi impegni politici, istituzionali e lavorativi.
Non parteciperò ad alcuna cordata congressuale e alla corsa delle tessere con l’augurio che tutti i candidati e i rispettivi sostenitori saranno impegnati a lavorare assieme per un nuovo Pd aldilà dell’esito della elezione di chi lo dirigerà.
Carmine Dipietrangelo