Home Economia e lavoro Porto Al Comune non piace il nuovo Piano regolatore portuale. Visioni diverse su quasi tutto, si complica il percorso
Al Comune non piace il nuovo Piano regolatore portuale. Visioni diverse su quasi tutto, si complica il percorso
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Al Comune non piace il nuovo Piano regolatore portuale. Visioni diverse su quasi tutto, si complica il percorso

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BRINDISI – Al Comune di Brindisi non piace il nuovo Piano regolatore portuale adottato dal Comitato di gestione dell’AdspMAM. Le relazioni del Comune di Brindisi, che andranno approvate nel corso del Consiglio comunale del 5 dicembre prossimo (al quale parteciperà anche il presidente dell’ente portuale, Ugo Patroni Griffi), sono infatti costellate di disappunti e richieste di eliminazione di parti del Prp. Ci sono tuttavia diversi piani di lettura.

Se il parere del Comune sulle aree portuali e retroportuali non è vincolante e al più potrà servire ad alimentare la burocrazia difensiva degli uffici ministeriali come già accaduto per i progetti della vasca di colmata e del completamento del banchinamento di Capo Bianco (il Prp passerà infatti dalle forche caudine della Vas), diversa è la questione sulle aree di interazione città-porto, dove Comune e Autorità portuale dovranno trovare un’intesa.

La questione che più alimenta lo scontro tra enti riguarda la perimetrazione delle aree assoggettate al nuovo Prp effettuata dall’Autorità portuale, che secondo il Comune è debordante rispetto alle aree di competenza dell’ente guidato da Patroni Griffi. Il rovello del sindaco Rossi, che ha condiviso con i consiglieri comunali nel corso delle commissioni consiliari, è che questo sconfinamento dell’Autorità portuale sia “diabolico”, perché finalizzato alla gestione anche delle istanze di investimento che giungeranno in aree zes esterne al demanio marittimo. Un retropensiero ingeneroso in quanto la ragione della volontà di assoggettare al Prp tali aree retroportuali contigue alle banchine portuali è una soltanto: favorire gli investimenti.

Facciamo un esempio pratico: la zona franca doganale Enel esorbita dal demanio marittimo. Questo significa che gli insediamenti che si vorranno realizzare al suo interno dovranno sottostare ai vincoli imposti dal Pptr, tra i quali quello dell’impossibilità di costruire entro i 300 metri dal mare. Un vincolo che è costato caro ad Eni Versalis, la quale qualche anno fa non ha potuto realizzare in pieno petrolchimico un impianto fotovoltaico galleggiante proprio perché l’opera era localizzata entro 300 metri dalla battigia. Ora, poiché l’autorizzazione Zes va in deroga al Pptr solo nelle aree disciplinate dal Prp, mentre tale provvedimento, fuori dalle aree portuali, serve solo a derogare il Prp ma non il Pptr, è facilmente comprensibile quali vantaggi avrebbero le aree retroportuali nel rientrare all’interno della pianificazione portuale. Altro esempio dei benefici effetti della disciplina di favore di cui godono le aree assoggettate al Prp riguarda, a sentire l’Authority, le semplificazioni per le procedure di deperimetrazione del Sin.

Sulle aree di competenza dell’ente portuale, infatti, la richiesta di deperimetrazione, invece che passare dai perigliosi uffici del Ministero dell’Ambiente, potrà essere avanzata presso l’Autorità portuale.

A questa serie di vantaggi, che dovrebbero trovare favorevole anche il consorzio Asi, si deve aggiungere che i timori del sindaco, stando all’interpretazione dell’Autorità portuale, sarebbero infondati in quanto la competenza su quelle aree retroportuali resterebbe ai titolari originari e non passerebbe, dunque, all’ente portuale. Allo stesso modo, le istanze di autorizzazione sarebbero comunque di pertinenza del Commissario Zes Manlio Guadagnuolo. Ecco, sarebbe interessante capire se le preoccupazioni di Rossi trovano sponda anche in Guadagnuolo e nel parlamentare che ne ha favorito la nomina, ovvero Mauro D’Attis. Perché, in questo momento, proseguire sulla china delle divisioni (in fazioni) o delle scaramucce sulle competenze nel rilascio delle autorizzazioni risulterebbe esiziale. Bastano già gli scontri perpetui tra Comune e Autorità portuale: la comparsa sul campo di battaglia di un terzo soggetto “pugnace” è l’ultima cosa della quale ha bisogno questo territorio. Bisogna fare squadra, provando a non regalare ulteriori giocatori agli avversari.

Ma tornando al rosario delle eccezioni del Comune al Prp, una balza agli occhi e preoccupa particolarmente, perché riguardante un’area strategica dove insediare nuovi operatori economici. Un’area che, a parere del Comune, rientra tra quelle di interazione città-porto: su di essa, pertanto, l’ente comunale vanterebbe potere pianificatorio. Parliamo nello specifico dell’ex villaggio Montecatini, area retrostante Capo Bianco, attualmente in stato di abbandono ma che, se recuperata, consentirebbe di garantire ai grandi investitori del settore del project cargo e della cantieristica navale – che stanno chiedendo la disponibilità di decine di ettari (quando invece la colmata di Capo Bianco in sé sarà di soli 14 ettari) – spazi più adeguati per le loro esigenze. Il Comune, però, nella sua relazione evidenzia «l’inserimento nelle aree retro-portuali del PRP proposto dell’area comprendente parte dell’ex Villaggio Montecatini e dell’ex Centrale Enel di Brindisi Nord e della Centrale Enel di Brindisi Sud, tutte non previste nel DPSS approvato». In particolare il Comune oppone che «l’area e gli immobili dell’ex villaggio Montecatini ivi presenti, esempio di archeologia industriale» sono «vincolati ope legis» perché, seppure completamente sgarrupati, sono risalenti alla metà del secolo scorso. In particolare, il Comune sottolinea che l’area e gli immobili sono «parte integrante del Documento programmatico per la Rigenerazione Urbana» che prevede la riqualificazione della costa sud per finalità legate al turismo lento.

Ed anche per l’ampliamento del porticciolo turistico inserito nel Prp, molto gradito dagli operatori portuali, il Comune pare porre un veto. Nella relazione dell’ente si legge infatti che, nell’area ‘Marina di Brindisi’ e nell’area ‘Cantieristica navale’, ritenute di interazione città-porto, «sono ammessi esclusivamente gli interventi consentiti per legge sul patrimonio edilizio esistente, con esclusione delle nuove costruzioni, e gli interventi di riqualificazione degli spazi esterni coerenti con le tutele del PPTR della Puglia. Sono ammessi installazioni, attrezzature ed impianti funzionali allo svolgimento delle attività consentite».

Una posizione che sembra precludere qualsiasi nuova cementificazione, piccola o grande che sia. Una ritrosia verso le cementificazioni che il Comune ribadisce quando scrive che «si riduce con le colmate lo specchio d’acqua naturale del porto e si assiste alla introduzione di una significativa commistione degli usi delle banchine attuali e future (queste ultime derivanti dalle colmate) tra il trasporto marittimo e le costruzioni per industrie e depositi in tutto l’arco del porto».

Tra le aree di interazione città-porto, però, è destinato a sorgere un conflitto anche per quelle del porto interno, sul cui impiego – a partire dall’ex capannone Montecatini e dall’area ex Pol – vige una tremenda confusione. Per il momento, comunque, si sappia che il Comune non gradisce yacht troppo grandi davanti alla scalinata: «Si ritiene – recita il documento del Comune – che la banchina prospiciente la scalinata delle Colonne debba essere concessa per l’ormeggio di imbarcazioni che non impattano sulla visuale dal piazzale alto delle Colonne verso il porto e l’isola di S. Andrea con il Castello Alfonsino e il Forte a Mare e dal porto verso la scalinata delle Colonne del waterfront storico». Poesia.