Nuovi accosti di Sant’Apollinare, l’Asi risponde all’appello ma c’è il rischio di tempi lunghi
BRINDISI – Sugli accosti di Sant’Apollinare si sta consumando il redde rationem tra Rossi e Patroni Griffi, con colpi bassi clamorosi che difficilmente ci si sarebbe aspettati dato che di mezzo ci sono rapporti istituzionali che andrebbero un minimo salvaguardati. L’ultima accusa rivolta dal movimento del sindaco al numero uno dell’Authority è parecchio pesante: «La conferma – scrive Bbc – che la missione è quella di affossare definitivamente il porto di Brindisi, a tutto vantaggio di Bari, sta nelle monche risposte circa gli attracchi di Sant’Apollinare, approvati da anni, immediatamente cantierabili ma senza alcuna ragione reale mai avviate dalla stessa Autorità portuale: chi lo spiega poi a Bari che a Brindisi potrebbero attraccare contemporaneamente più navi da crociera?
La città deve sapere che i dragaggi si possono fare anche subito con lo stoccaggio temporaneo dei sedimenti (bene ha fatto il sindaco a ricordare che si è fatto qualche anno fa nel porto interno con i sedimenti stoccati in un capannone ex Saca) e che invece l’Authority da anni temporeggia e nel frattempo a Bari realizza il porto turistico».
Patroni Griffi, come noto, ha invece più volte incolpato dei ritardi procedurali di tali opere portuali (nuovi accosti e cassa di colmata) proprio l’Amministrazione comunale, in preda – a suo dire – a burocrazia difensiva ed a furore ideologico: «Confesso – ha ironizzato su Facebook – che sono stato io ad immaginare di fare il bagno in porto dove è interdetta la balneazione, a volere realizzare una spiaggia anziché importanti opere portuali, a intravedere nelle acque cetacei ed uccelli di ogni genere, ad uscire dall’aula per non avallare le opere portuali, a contrastare le opere indispensabili per dragare il porto». Ma il presidente dell’Autorità portuale fornisce anche una spiegazione tecnica del perché la soluzione proposta dal sindaco non è percorribile: «Nel 2010 il porto di Brindisi ha movimentato un modesto quantitativo di sedimenti utilizzando la tecnica del soil washing. L’operazione si è protratta per oltre tre anni (l’intero procedimento è durato 7 anni) ed è costata 32 milioni di euro. Nel frattempo il quadro normativo è profondamente mutato. Le operazioni di dragaggio in area Sin sono disciplinate dal novellato (2016) art. 5 bis e soprattutto dal DM 172/2016, che hanno ulteriormente aggravato l’esecuzione dei dragaggi nei siti di interesse nazionale. La Adsp ha richiesto a Sogesid un approfondimento sulle alternative alla realizzazione della cassa di colmata. La perizia degli esperti ha considerato anche il soil washing, escludendone la percorribilità a ragione dei volumi in gioco (il solo dragaggio di Sant’Apollinare quota oltre 200.000 mc). I tempi (gli impianti hanno la capacità di processare un assai limitato numero di mc al giorno) e i costi sarebbero stati infatti insostenibili. La perizia di Sogesid è stata validata da tutte le autorità competenti sia in sede di Via sia, successivamente, in sede di Autorizzazione Unica. Ultimamente la normativa è stata ulteriormente modificata dall’introduzione nel Testo unico dell’ambiente dell’art. 184 quater che prescrive che le operazioni di recupero dei materiali di dragaggio – tra cui rientra il soil washing – debbano svolgersi in casse di colmata (o in altri impianti autorizzati). Cito quest’ultima novella solo per amore di discussione e per rappresentare la complessità della normativa di settore».
Che fare dunque per accelerare l’inizio dei lavori dei nuovi accosti, senza attendere la realizzazione della cassa di colmata? È necessario reperire un’area per il deposito temporaneo dei sedimenti, e per questo Patroni Griffi, nella giornata di ieri, ha reso ufficiale la richiesta – avanzata ufficiosamente nelle scorse settimane – di poter usufruire di 7-8 ettari dove depositare i sedimenti. Gli enti sollecitati sono Asi, Provincia e Comune, oltre al commissario Zes Guadagnuolo, poiché la possibile area di stoccaggio temporaneo ricade in area Zes: «L’avere ora a disposizione – scrive Patroni Griffi nella nota protocollata – una programmazione temporale piuttosto delineata delle fasi a venire per larealizzazione dell’opera di contenimento, che consente già da adesso di prefigurare l’avvio delle procedure di gara per l’esecuzione dei relativi lavori entro la prossima estate, ha spinto questa Autorità a vagliare possibili soluzioni atte a poter slegare, sia pure temporaneamente, l’attività di dragaggio propedeutica ai lavori di realizzazione dei nuovi moli di S. Apollinare – quella afferente alla sola prima fase, fino all’approfondimento a – 8 mt sul l.m.m. – dalla realizzazione della vasca di colmata deputata poi a contenerli». Quindi la richiesta d’aiuto indirizzata soprattutto all’Asi: «Codesto Ente è pregato, nell’ambito delle proprie competenze e disponibilità, a voler effettuare idonea indagine volta a verificare l’esistenza di aree dalla superficie non inferiore ai 7–8 ettari suscettibili di poter essere valorizzate per lo scopo su indicato.
Le Amministrazioni provinciale e comunale di Brindisi, che leggono per conoscenza, sono altresì invitate a fornire loro eventuale contributo al tema posto o indicazione di eventuale disponibilità di aree proprie, certi del comune e reciproco interesse sotteso alla realizzazione dei nuovi accosti.
Ricadendo la possibile area di stoccaggio temporaneo in area Zes, la presente nota è inviata anche al Commissario Zes al fine del suo coinvolgimento nella delineazione del più celere percorso amministrativo autorizzativo».
L’Asi, nella giornata di oggi, ha prontamente risposto: «Asi – ha messo per iscritto il presidente Vittorio Rina – non ha, in proprio, la disponibilità di aree ricadenti in zona Zes della superficie indicata nella sopra citata nota». Tuttavia «si evidenzia, nello spirito di collaborazione che ha sempre contraddistinto i rapporti tra i due Enti, che questo Consorzio ha la disponibilità di tre aree, dislocate in zona non Zes, della estensione complessiva di 7 ettari». Le aree disponibili ci sono, dunque, ma non in area Zes. Una notizia non particolarmente positiva, poiché se fossero state in area Zes, l’iter sarebbe potuto essere decisamente più rapido grazie alla recente introduzione normativa dell’autorizzazione unica, che sostituisce precedenti autorizzazioni, concessioni e pareri. L’Autorità portuale, alla luce della celere risposta, «organizzerà – fa sapere Patroni Griffi – un incontro con l’Asi per comprendere l’eventuale idoneità delle aree ai sensi della legge speciale». Il rischio è che seppure dovessero essere utilizzabili tali terreni per il deposito temporaneo, le procedure ordinarie – con la sfilza di autorizzazioni previste per un’attività così complessa – possano portare via parecchio tempo. E non ce n’è più così tanto a disposizione per provare a rendere il porto di Brindisi competitivo nella crocieristica e non solo.