Ecco come si vedranno le pale. Legambiente: “Pochi 8,7 km per garantire un impatto visivo compatibile con Cerano e Punta della Contessa”
BRINDISI – A Brindisi tutti vogliono l’eolico offshore: maggioranza, opposizione, sindacati, associazioni datoriali, enti. Il progetto “Kailia Energia” presentato da Falck Renewables e BlueFloat Energy, infatti, viene visto come una ghiotta occasione sul fronte occupazionale e della decarbonizzazione. Sotto il primo aspetto, il sindaco Riccardo Rossi, nel corso della trasmissione “Il Graffio” di Telenorba, ha affermato che per sei anni (nella fase di costruzione, quindi) verranno occupate 1.500 persone, mentre a regime gli occupati saranno 3-400. Un’affermazione che al momento non trova sponde nei dati ufficiali forniti da Falck, che nel proprio piano indica «oltre 100 posti fissi per 30 anni per la manutenzione dopo l’entrata in esercizio del parco eolico marino, di cui circa l’80% locali». Sul sito della società “Kailia Energia”, creata ad hoc per l’impianto che sorgerà tra Brindisi e San Cataldo, si legge inoltre che vi sarà «il coinvolgimento prioritario delle aziende del territorio per le forniture di beni e servizi per la realizzazione e manutenzione del parco eolico marino, con valorizzazione della manodopera locale e ampliamento delle competenze correlate alla sostenibilità energetica»; si registreranno «ricadute positive sul settore terziario per servizi complementari e di ausilio alle attività del parco eolico marino»; si determinerà una «valorizzazione dei porti, in particolare di quello di Brindisi».
Sul fronte della decarbonizzazione, invece, l’impianto da 1,2 gigawatt servirà quasi un milione di utenze, evitando due milioni di tonnellate di Co2 l’anno. Ma un altro aspetto interessante indicato sul portale della società proponente è che tramite questo parco eolico «potranno essere prodotte circa 90.000 tonnellate l’anno di idrogeno verde da utilizzare per la mobilità o per la riconversione delle industrie energivore».
Tuttavia, vi è anche l’aspetto paesaggistico da considerare (in foto si può apprezzare quale sarà l’impatto secondo una simulazione fornita dalla stessa società proponente), e su questo fronte emerge qualche perplessità in più. Al momento, infatti, il progetto presentato prevede la realizzazione di circa un’ottantina di turbine galleggianti (tra 78 a 98 pale eoliche) collocate a una distanza che varia da 8,7 km a 21,9 km. La distanza minima non soddisfa gli ambientalisti, anche in virtù del fatto che per l’impianto gemello che si vorrebbe realizzare nel basso Salento è stata fissata una distanza minima di 12,8 km (fino ad arrivare a 24 km). Pertanto Legambiente Puglia ha deciso di depositare presso il Mite alcune osservazioni in merito, attraverso cui lamenta che «la distanza di appena di 8,7 km dalla costa appare decisamente insufficiente per garantire un impatto visivo (da valutare sulla base delle norme nazionali vigenti e del Pptr della Puglia) che risulti paesaggisticamente compatibile con il parco regionale di Cerano Tramazzone e soprattutto con quello di Saline e Stagni di Punta della Contessa e Fiume Grande, in cui insistono Siti di Interesse Comunitario dal punto di vista naturalistico censiti in Natura 2000 e Zone di protezione speciali in particolare per l’avifauna stanziale e di passo». Inoltre l’associazione richiede «una diversa dislocazione o una riduzione dell’occupazione di un fin troppo ingente e concentrato specchio di mare, pari complessivamente, escludendo il corridoio riservato alla navigazione, a 133,6 Km2».