Sospensione dei servizi al condomino moroso: acqua e riscaldamento non sono intangibili
L’art. 63 disp. att. c.c.. così come rivisto dalla l.220/2021, legittoma l’amministratore a sospendere al condomino moroso nel pagamento dei contributi per un periodo di almeno sei la fruizione dei servizi comuni suscettibili di godimento separato. L’interesse meramente economico del condominio non può però pregiudicare i diritti fondamentali della singola persona e deve trovare dunque un giusto bilanciamento con la preminente tutela del diritto alla salute ex art. 32 Cost. Il legislatore, nell’attribuire la facoltà di sospensione all’amministratore, non ha operato alcuna distinzione tra servizi essenziali e non essenziali, talché spetta al giudice censurare, in base ai principi generali, la legittimità o meno dell’inibitoria disposta dall’amministratore, in modo da impedire la lesione del diritto alla salute, all’incolumità e all’integrità fisica dei condomini privati del godimento del servizio condominiale, così che nonsi oltrepassi mai quella soglia minima di solidarietà e di rispetto comunque nella gestione dei rapporti condominiali. Il potere si sospensione del servizio è attributo dalla legge all’amministratore in via di autotutela e senza dovere ricorrere preventivamente al giudice, a prescindere dall’entità della morosità.
Un condomino si è reso moroso nel pagamento delle quote del riscaldamento per un‘intera gestione e il Condominio ha adito l’Autorità giudiziaria in via d’urgenza per ottenere sia l’immediata sospensione del servizi di erogazione dell’acqua e di fruizione del servizio di riscaldamento, sia l’autorizzazione ad adottare le misure e gli interventi tecnici necessari al distacco delle utenze limitatamente alla di lui abitazione.
Questa, in sintesi, è la questione sottoposta al Giudice di Perugia e da questi risolta con l’ordinanza qui in commento.
Il moroso non si è costituito in giudizio ed è stata dichiarata la sua contumacia: ciò ha peraltro indotto il giudice a presupporre che il resistente, con tale comportamento, abbia lasciato intendere di nulla avere da opporre alle buone ragioni fatte valere dal Condominio.
Parte ricorrente, infatti, ben documentava la circostanza che il resistente si fosse reso moroso nel pagamento di una consistente quota di contributi condominiali, al punto che, a seguito di due decreti ingiuntivi regolarmente notificatigli, si era dato corso anche ad una procedura di pignoramento presso terzi, andata poi delusa.
Sul presupposto quindi che i servizi di acqua e di riscaldamento non rientrassero tra quelli ritenuti essenziali e pur potendo l’amministratore del Condominio procedere autonomamente a sospenderli in forza del chiaro dettato di cui all’art. 63 disp. att. c.c., il Condominio ha ritenuto prudenzialmente opportuno ottenere, per l’effetto, una specifica autorizzazione ad accedere alla rete condominiale per procedere al distacco delle predette utenze e a sigillare le relative tubature.
L’adito Tribunale di Perugia ha accolto il ricorso con motivazione fondata e condivisibile, soffermandosi, soprattutto, sulla necessità per il giudice, di fronte a simili fattispecie, di riuscire a tutelare il diritto alla salute del condomino moroso garantitogli dall’ art. 32 della costituzione, ma anche quello degli altri condomini solventi che con diligenza provvedono a versare al Condominio le quote di loro competenza e che, in aggiunta, si trovano a dovere sopportare un maggiore esborso per evitare di trovarsi loro stessi soggetti a procedure esecutive da parte dei fornitori del Condominio.
La privazione di una fornitura essenziale per la vita, infatti, può ledere diritti fondamentali delle persone, di rilevanza costituzionale. Viceversa, il diritto che con la sospensione del servizio si intende tutelare, in favore del Condominio, è puramente economico e, dunque, sempre riparabile.
Pur nel silenzio della legge, i servizi forniti dal Condominio si classificano in essenziali e non essenziali e sulla facoltà per l’amministratore di sospendere i primi la giurisprudenza non è sempre concorde sulla possibilità di esercitarla, al punto da rendere consigliabile per l’amministratore, nel dubbio, di ricorrere anche in via d’urgenza al giudice affinché lo autorizzi a sospendere ,ad esempio l’erogazione del servizio idrico: così facendo la sua azione verrà eventualmente legittimata da un provvedimento giurisdizionale.
La L. n. 220/2012, d’altro canto, ha innegabilmente reso più stringenti i doveri dell’amministratore verso i morosi, stante il dovere che gli impone l’art. 1129, comma 9, c.c. di procedere alla riscossione forzosa dei contributi condominiali entro sei mesi dalla chiusura dell’esercizio, facendo uso dei mezzi che gli mette a disposizione l’art. 63 disp. att. c.c.: il tutto aggravato dalla precisa disposizione di cui al comma 12, n. 6, dell’art. 1129 c.c. che lo rende passibile di revoca giudiziaria qualora ometta di curare diligentemente l’azione e la conseguente esecuzione coattiva nel caso di sia stata promossa l’azione giudiziaria per la riscossione delle somme dovute al Condominio.
La sospensione dei servizi configura quindi un potere-dovere dell’amministratore, il cui esercizio è legittimo quando la sospensione sia effettuata intervenendo solo sulle parti comuni dell’impianto, senza incidere sulle parti di proprietà esclusiva del moroso.
La norma responsabilizza in tal modo i condomini a provvedere celermente a saldare il dovuto a titolo di contributi condominiali, pena la sospensione di servizi di particolare rilevanza, posto che non di rado accade che il condomino in mora per importi rilevanti continui a beneficiare di servizi suscettibili di godimento separato il cui ingente costo rimane, nelle more dell’espletamento della procedura esecutiva ai loro danni, a carico degli altri condomini in regola con i pagamenti.
Rimane comunque preferibile che il regolamento, o in ultima analisi l’assemblea, continui ad indicare le modalità ed i casi in presenza dei quali l’amministratore possa avvalersi del rimedio in esame, ad esempio individuando una soglia minima di mora in presenza della quale scatta la sospensione dal servizio.
Nel silenzio, è chiaro però che il nuovo potere discrezionale conferito all’amministratore dal nuovo testo del comma 3 dell’art. 63 debba essere da quest’ultimo dosato con la diligenza del buon padre di famiglia, rimanendo comunque salvo il sindacato dell’autorità giudiziaria sull’operato dell’amministratore che ha esercitato il relativo potere.
L’art. 63, comma 3, disp. att. c.c. non dice da quando debba decorrere il semestre scaduto il quale si possa procedere alla sospensione della fruizione dei servizi comuni suscettibili di godimento separato a carico del condomino moroso. Atteso però che l’art. 1129, comma 9, c.c. ha previsto l’obbligo in capo all’amministratore di agire per la riscossione forzosa delle somme dovute dagli obbligati entro il termine di sei mesi dalla chiusura dell’esercizio nel quale il credito esigibile è compreso (salva espressa dispensa dell’assemblea), esigenze di coordinamento con tale ultima norma impongono che il semestre decorra dall’approvazione del consuntivo cui la morosità si riferisce. Considerata l’incidenza che l’uso del potere di sospensione dal servizio può avere nella vita dei condomini sia pur morosi, si deve escludere un’interpretazione che faccia decorrere il semestre di mora dall’approvazione del preventivo con cui i condomini suddividono in rate il dovuto per l’esercizio di gestione da affrontare, o dalla scadenza della prima rata ove il termine sia successivo all’approvazione del preventivo, dovendosi optare per una interpretazione restrittiva della norma.
Ci si è più volte domandati se si possa sospendere il moroso dal godimento dell’acqua o del riscaldamento. Il dubbio nasce dall’esigenza, come si è visto, di tutelare il diritto del debitore alla salute, prima ancora del diritto di credito del Condominio.
La domanda se l’è naturalmente posta anche il Giudice umbro e la risposta è stata positiva. Esaminate infatti le discordanti opinioni espresse dalla giurisprudenza di merito, egli ha ritenuto di non condividere quelle che, privilegiando il principio costituzionale della salute, portano in tal modo a ritenere applicabile l’art. 63 d.a.c.c. solamente ai servizi non essenziali, quali potrebbero essere l’uso della piscina o di altre strutture sportive oppure del parcheggio nell’area condominiale.
Quest’ultime tesi, in primo luogo, non trovano fondamento nemmeno sotto il profilo dell’interpretazione sul piano letterale perché, sebbene il giudice sia tenuto ad interpretare qualsiasi norma in maniera costituzionalmente orientata, ciò nondimeno non gli è data possibilità di “sconfinare nell’attribuzione di significati estranei alla cornice semantica costruita dal legislatore”, che non ha affatto inteso relegare l’operatività dell’art, 63 a mere ipotesi marginali, sicuramente con minore deterrenza per il condomino moroso e più gravose invece per il condomino solvente , costretto a gravarsi di una maggior spesa per continuare a fornire al moroso i servizi necessari per tutelare la di lui salute.
“Legittimando la protrazione del comportamento inadempiente del condomino inadempiente – precisa il Tribunale umbro – si arriverebbe alla conseguenza per cui o il condominio continua a sostenere i costi dell’unità immobiliare morosa o, viceversa, dovrebbe sopportare a sua volta il distacco delle forniture da parte dell’ente erogatore”.
Eccezionalmente per il pubblico servizio idrico è stata peraltro prevista una specifica disciplina a tutela del moroso, sempre che costui dimostri documentalmente di versare in condizioni di stato di disagio economico sociale, con la previsione di un quantitativo minimo di erogazione da garantirsi. Questa è una tutela tutela che riguarda il rapporto tra soggetto fornitore del servizio e l’utente e non già i rapporti interni, di carattere prettamente privatistico, quale è appunto quello tra singolo condomino e Condominio.
L’avveduto legislatore della L. n. 220/12, d’altro canto, ha espressamente subordinato al solo volere dell’assemblea l’esonero dell’amministratore dal procedere al recupero coatto della morosità, segno evidente della volontà di sottoporre alla valutazione dei condomini la sussistenza o meno dello stato di indigenza – o comunque di particolare gravità – in cui viene a trovarsi il singolo condomino, tali da non consentirgli di ottemperare all’obbligo di concorrere pro quota alle spese necessarie per erogargli i servizi, compresi quelli essenziali.
Peraltro, la mancata previsione testuale del criterio di valutazione dell’adeguatezza dell’iniziativa inibitoria dell’amministratore non impedisce al giudice di censurare, in base ai principi generali, la legittimità della stessa, in modo da impedire la lesione del diritto alla salute, all’incolumità e all’integrità fisica dei condomini privati del godimento del servizio condominiale, in modo che non si oltrepassi mai quella soglia minima di solidarietà e di rispetto comunque necessaria e doverosa nella gestione dei rapporti condominiali.
L’obbligo di pagamento degli oneri condominiali da parte del singolo partecipante in misura proporzionale al valore della sua unità immobiliare, a ben vedere, trova causa diretta nella disciplina del Condominio, e, in particolare, ha la sua fonte nella comproprietà delle parti comuni dell’edificio e non risulta strutturato su coppie di prestazioni corrispondenti, ossia in un rapporto contrattuale che obblighi una controparte ad una controprestazione in favore dell’altra.
A ciò si aggiunga che, nel caso sottoposto all’esame del giudice perugino, nessun elemento è stato fornito supporto dell’eventuale indigenza economica del condomino moroso in quanto, come si è visto, questi è rimasto contumace per tutta la durata del giudizio.,
Il che non toglie che lo strumento dissuasivo di cui all’art. 63 disp.att. c.c. debba essere applicato con estrema prudenza da parte dell’amministratore solo in situazioni talmente gravi da non consentirgli una diversa soluzione, comunque sempre nel rispetto dei canoni generali della diligenza del buon padre di famiglia.
Spetta infine al magistrato la valutazione della singola fattispecie e censurare semmai eventuali azioni che, benché esercitate dall’amministratore nell’ambito dei suoi obblighi, possano ledere o minacciare il diritto alla salute, all’incolumità e all’integrità fisica, o i diritti soggetti fondamentali della persona, quand’anche morosa.
Nel caso in specie, la contumacia del moroso nel giudizio promosso dal Condominio ha eliminato ogni incertezza del giudice, al punto da indurlo ad accogliere totalmente le domande del Condominio ricorrente e a condannare parte resistente al pagamento delle spese di lite. (Fonte)
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