Prendo parola su un evento che mi vede protagonista di articoli di organi di informazione regionale, rimbalzati poi sui canali social e quindi nella quotidianità delle persone con cui condivido la mia vita privata, professionale e sociale.
Lo faccio ora, avendolo evitato fin qui nonostante la tempesta di accuse, sia per il rispetto doveroso verso il procedimento del Consiglio di Amministrazione che mi ha visto coinvolto, su cui sto valutando ogni azione conseguente, sia per difendere il buon nome e l’onorabilità della Fondazione Apulia Film Commission che ho l’onore di dirigere da sei anni e di cui faccio parte con passione e dedizione dalla sua nascita.
Però arriva un punto, e questo credo lo sia, in cui si deve prendere parola, in cui non si può più procrastinare, fare finta di nulla e sperare che si giunga a più miti consigli, soprattutto quando mi si rivolgono presunte accuse.
Vengo accusato dalla Presidente di AFC di aggressione, di averla azzittita con violenza alla fine di una riunione di lavoro. C’è la mia verità e ci sono dei testimoni le cui dichiarazioni emergeranno nelle sedi opportune e davanti agli organi inquirenti. Voglio però dire con fermezza – e pensare che non avrei mai immaginato di dover ribadire un concetto ovvio per la mia storia e il mio modo d’essere – che non ho mai agito violenza nei confronti della Presidente di AFC, non lo avrei mai fatto, non è la mia bussola, non è l’educazione che ho avuto in lascito dalla mia famiglia, né quello che ho acquisito “sul campo” con l’esperienza.
L’impegno contro la violenza sulle donne, come pratica “praticata” e non come evocazione, presuppone dignità, correttezza e igiene del dibattito, ancor più in un dibattito pubblico.
E la correttezza dovrebbe evitare processi sommari, impianti accusatori sui social e la consolatoria chiamata alla solidarietà nei confronti di una donna solo perché tale, che diventa purtroppo rifugio salvifico contro ogni richiesta di verità. Verità che a chi ricopre cariche pubbliche va richiesta e pretesa e su cui io intendo andare fino in fondo, altrimenti sarebbe la barbarie.
In questo scenario, in cui salvaguarderò fino all’ultimo la mia immagine e quella della mia professionalità costruita con sudore e fatica, ho un rammarico grade e inconsolabile: vedere infangata l’immagine di Apulia Film Commission che ha “portato” la Puglia oltre i confini nazionali e ha reso il cinema motore della nostra industria culturale. I risultati sono sotto gli occhi di tutti, abbiamo raggiunto traguardi importanti grazie ad uno straordinario gruppo di lavoro che ho l’onore di dirigere, facendolo sempre con passione ed entusiasmo.
Non lo dico per un mero spirito di bottega o perché i “panni sporchi si lavano in casa”, ma perché in questo caso, ahimè, “altro” ha prevalso, mettendo nell’ombra un mondo variegato, vivo, desideroso di futuro che ha visto in AFC un seme di vita che ha ridato senso alla parola cultura, alla parola Puglia, a un’idea di Sud. Questo non mi perdono, al pensiero di aver concorso, seppur involontariamente, ad aver messo in cattiva luce un progetto ambizioso e lungimirante.
Su tutto il resto sono a posto con la mia coscienza e pronto a tutelarmi nelle sedi opportune.
Antonio Parente dg Apulia Film Commission