Come stanno realmente le cose? Il Presidente dell’Asi risponde alle nostre domande su Intel e sulle prospettive di sviluppo della zona industriale
BRINDISI – La vicenda Intel è il pretesto per fare chiarezza sulla reale possibilità di sviluppo della zona industriale brindisina e sulla attrattività per nuovi investitori. Ma fornisce anche l’occasione per aprire un dibattito franco sulle responsabilità del passato in capo alle istituzioni locali, regionali e statali e sugli interventi necessari per sbloccare centinaia di ettari che rischiano di rimanere abbandonati per penuria di risorse e per i lacci della burocrazia.
Il Presidente del Consorzio Asi Vittorio Rina, in maniera schietta, fa il punto della situazione rispondendo ai nostri quesiti, a partire dalla ricostruzione delle tappe che riguardano l’affaire Intel.
“La Regione – spiega Rina – a luglio ci ha informato di questa richiesta avanzata da una multinazionale statunitense molto importante (Intel, ndr) e ci ha chiesto di inviare con urgenza una scheda, fornendo un’indicazione di carattere generale sulla possibilità di mettere a disposizione 600 ettari e sulla esistenza di una buona infrastrutturazione. Da questo punto di vista la nostra zona industriale forse è l’unica dove c’è una convergenza infrastrutturale così importante. Tutto questo noi l’abbiamo fatto presente. Dopodiché c’è stata una successiva interlocuzione con la Regione durante la quale ci è stato detto che la proposta dell’Asi di Brindisi veniva candidata come prima opzione per l’investimento. Poi ad agosto è arrivata un’ulteriore richiesta per un investimento leggermente inferiore sempre riconducibile ad Intel (dato che nel frattempo per la produzione di microprocessori sarebbe stata scelta la Germania, la disponibilità richiesta si è incentrata solo sulla possibilità di insediare in Italia una fabbrica per il packaging, ndr) e anche in questo caso ci siamo candidati. Al momento non abbiamo ricevuto ulteriori indicazioni e non abbiamo contezza del fatto che le aree indicate nel barese e nel leccese ci abbiano scavalcato”.
Come detto, però, la querelle su Intel è l’occasione per allargare l’orizzonte su tutta l’area industriale brindisina e sui problemi con i quali si imbatterebbe qualsiasi investitore in assenza di interventi del Governo e della Regione.
“La zona industriale – spiega il Presidente – sconta il fatto di rientrare nella perimetrazione dell’area Sin. L’Asi ha avanzato un progetto in tal senso ma ogni progetto ha bisogno di essere finanziato perché la deperimetrazione presume che tu abbia accertato (attraverso le caratterizzazioni, ndr) che quelle aree che vai ad escludere dal perimetro dell’area Sin non siano inquinate; su questo tema però il Governo è stato sordo in passato. Nell’area che abbiamo candidato per accogliere impianti di produzione di energia rinnovabile (che è la stessa sulla quale si è candidata la Prometheus con un progetto che interesserebbe 295 ettari, ndr) le caratterizzazioni sono state effettuate così come, probabilmente, buona parte delle bonifiche perché tali aree sono in capo ad aziende private come Versalis. Questi terreni possono essere espropriati e liberati velocemente se per il progetto viene riconosciuta la pubblica utilità. Quello che chiedo è che tali progetti portino ricadute occupazionali e non si limitino alla produzione di energia. Penso ad esempio alla possibilità di produrre qui i pannelli fotovoltaici. Purtroppo c’è da dire che il Consorzio ASI dispone di pochi ettari di propria proprietà. Detto che possiamo procedere con gli espropri, per le bonifiche, invece, il discorso è differente perché possono essere effettuate unicamente dal proprietario del terreno. Tutti gli investitori, non solo Intel, si pongono dunque domande sui tempi”.
Già, una realtà con la quale bisogna fare i conti senza infingimenti. Perché non ha senso parlare di disponibilità nominale di centinaia e centinaia di ettari o di Zes se poi per un investimento come Intel non si hanno aree in zona industriale da candidare e si è costretti a volgere lo sguardo verso terreni fuori dal perimetro industriale sui quali intervenire con varianti urbanistiche, di fatto annullando i potenziali vantaggi competitivi. Per non parlare poi delle Zes, che non cancellano i problemi legati alla scarsa attrattività della zona industriale per nuovi investitori.
“Le Zes – ammette Rina – sono state istituite nel 2017 e ancora aspettiamo la nomina del commissario. Se si dovesse partire a pieno regime, ci sono alcuni player già insediati in aree Zes che potrebbero beneficiarne. Ma per i nuovi investitori restano i problemi elencati prima”.
Ci sono infine vincoli derivanti dal Pptr, che vieta ad esempio insediamenti entro 300 metri dal mare. Su questo però il Consorzio Asi conta di attenuare i vincoli: “Stiamo lavorando per l’adeguamento del nostro piano regolatore al Pptr regionale, che traccia una linea di 300 metri dal mare con la quale viene condizionato tutto lo sviluppo entro quella fascia. Con gli adeguamenti in atto si potrebbero liberare molte aree”.