Il vaso di Pandora si è rotto: chiare le responsabilità di ogni attore di queste paradigmatiche vicende

BRINDISI – Proviamo a essere ancora più chiari su quanto sta accadendo attorno allo sviluppo economico e portuale di Brindisi:
1) Se la visione della città è basata sul ritorno ai pascoli, non ha senso fare battaglie contro Roma e Bruxelles, perché contestare quanto riportato nel Def 2020 o nei regolamenti europei sui corridoi logistici ha senso solo se si ha una certa idea di sviluppo economico. Se non si è rivendicato nulla è perché coerentemente non ci si interessa di questi argomenti.
2) È solare che a Roma recepiscano determinate narrazioni, probabilmente sospinte da ragioni lobbistiche, di interessi politici ed economici, altrimenti mai si parlerebbe di Bari come unico avamposto sull’Adriatico meridionale per i traffici commerciali e come unica interfaccia per il traffico marittimo con i Balcani. Abbiamo gente in grado di smascherare tali pratiche? Evidentemente no se oggi siamo costretti a parlarne in questi termini.
3) La Regione nei fatti è connivente, si smarca dal suo ruolo di cinghia di trasmissione con il territorio e avalla tacitamente queste pratiche di sostanziale declassamento del porto di Brindisi, perché è facilmente intuibile che la strategia tracciata nei documenti ufficiali condizionerà e veicolerà investimenti pubblici e privati su quel territorio e non sul nostro.
4) L’Autorità portuale deve continuare nella sua azione di denuncia verso queste pratiche così come fatto in occasione della redazione dei documenti di denuncia inviati al governo e in occasione dei tavoli di crisi. Derubricare e minimizzare non va bene per nulla: il problema di un condizionamento dall’alto dello sviluppo di Brindisi e del suo porto esiste e va gridato ai quattro venti da tutti.