I giudici: “Fitto radicalmente avulso dalla democrazia e dalla legalità”. Ma ci sono altri filoni da affrontare in sede civile
Raffaele Fitto dovrà risarcire la Regione Puglia per 434.000 euro (più 90.000 euro di interessi legali) per danno d’immagine. Pesanti le motivazioni addotte dai giudici civili della Corte d’Appello.
“La Corte ritiene – si legge nella sentenza – che il falso ideologico commesso da Fitto abbia provocato un enorme danno alla credibilità e all’immagine della Regione. […] È ravvisabile la sussistenza del dolo di Fitto, il quale volle e preparò l’apertura generalizzata al privato nelle Rsa, sollecitando in ogni modo pezze di appoggio dagli uffici competenti. […] Il suo organo di vertice (della Regione, ndr) più importante, un presidente scelto dagli elettori, prese una decisione essenziale in materia di sanità, la più importante sul piano socio-economico tra quelle attribuite all’ente, creando sulla base di falsi presupposti il ponte necessario per un successivo processo di privatizzazione delle Rsa sganciato da ogni discussione democratica e collaborazione amministrativa non solo con gli elettori e i loro rappresentanti in Consiglio regionale, ma di volta in volta pressando e pretermettendo uffici amministrativi e qualificati dirigenti di Asl e Ares, fino a prevaricare e travolgere persino gli assessori da lui scelti in virtù di un vincolo di fiducia politica e personale, in primis quello alla sanità. […] Un atteggiamento autocratico proprio di chi evidentemente considerava soltanto il risultato da perseguire, al di là di procedure, rispetto di regole legali e amministrative, e persino il rispetto personale e politico verso i suoi assessori. […] L’essere stata la Regione rappresentata da un presidente così radicalmente avulso dalla democrazia e dalla legalità, nonché dal rispetto per le articolazioni locali titolari di proposta, le Asl, ha prodotto un danno che può essere quantificato, secondo equità, nella misura di 350.000 euro, rivalutati a 434.500 dal fatto al momento attuale”.
Fitto, dunque, avrebbe indotto in errore la Giunta evidenziando l’esistenza di un requisito, relativo alla carenza di personale, che rendeva inevitabile la gestione privata delle Rsa a valle di una gara. Questo requisito in realtà non ci sarebbe stato visto che le residenze in questione avevano chiarito l’assenza di difficoltà e la possibilità di gestione pubblica e diretta. Quella delibera rendeva legittimo l’affidamento delle Rsa, tramite gara, a privati. A Fitto pertanto è stato contestato il falso ideologico.
In sede penale la vicenda si concluse con la prescrizione. La Corte di Cassazione chiarì comunque che non vi erano gli elementi per emettere una sentenza di proscioglimento.
Ma da Presidente della Regione Fitto si sarebbe trovato a dover affrontare altre questioni giudiziarie legate al rapporto tra la sua persona e l’ente.
Attingendo dalla preziosa ricostruzione di Nello Trocchia del quotidiano “Domani” effettuata nel settembre scorso, nel 2006, appena chiusa la sua avventura da presidente, Fitto ha infatti affrontato un’inchiesta giudiziaria nella quale gli veniva contestato il reato di corruzione. Il suo movimento politico, La Puglia prima di tutto, aveva ricevuto 500mila euro (200 mila attraverso l’Udc) da una società della famiglia Angelucci, imprenditori della sanità privata, in cambio, secondo l’accusa, della gestione di alcune rsa. Il processo penale, nel 2017, si è concluso con la totale assoluzione sia di Fitto sia di Giampaolo Angelucci, «perché il fatto non sussiste». Tuttavia il caso è rimasto in piedi in sede civile.
Dall’inchiesta principale si erano aperti altri filoni giudiziari e da qui derivano i problemi di Fitto.
Il primo filone giudiziario riguarda proprio i 500mila euro. Fitto è stato indagato anche per finanziamento illecito, il processo si è chiuso con la prescrizione del reato, ma resta in piedi il procedimento civile.
Il Tribunale di Bari, sezione civile, è stato chiamato a decidere se c’è stato danno morale ed a quantificarlo in base al pronunciamento della Cassazione che, per quanto riguarda i 200mila euro di finanziamento, ha stabilito il «diritto della Regione Puglia al risarcimento del danno» e che Fitto «era pienamente consapevole di ricevere un’erogazione per un importo pari a 200mila euro per interposta persona (tramite Udc, ndr).
In un altro filone Fitto era indagato per peculato, poi derubricato ad abuso d’ufficio, per aver utilizzato 189mila euro del fondo del presidente verso finalità non tutte, secondo le contestazioni, rispondenti alla realizzazione di interessi pubblici. Il reato si è prescritto. Anche in questa vicenda resta in piedi il contenzioso in sede civile. La Corte di Cassazione ha infatti confermato la prescrizione del reato, respinto i ricorsi di difesa e accusa, ma ha accolto quello della Regione con rinvio al giudice civile.
Complessivamente, i procedimenti civili contro Fitto sono quattro, uno dinanzi al tribunale di primo grado e tre davanti alla Corte di appello di Bari.
Ecco, se fosse divenuto Presidente della Regione si sarebbe ritrovato ad affrontare tutto ciò. Non proprio una situazione ottimale, per usare un eufemismo.