Qual è il discrimine del pubblicabile nella società che rifiuta l’idea della morte?
BRINDISI – Qual è esattamente il discrimine etico-morale per valutare se un video, un’immagine è pubblicabile o meno? No, perché per decenni ci sono state propinate immagini di corpi di magistrati, politici, giornalisti e mafiosi crivellati o di volti stravolti da pestaggi e soffocamenti per opera delle forze dell’ordine; abbiamo visto morire in diretta atleti e tifosi (vedi tragedia di Heysel); abbiamo assistito inermi alle immagini di uragani, tsunami, alluvioni, terremoti che hanno tolto la vita a centinaia di persone; abbiamo osservato sgomenti le immagini – da ogni angolatura – delle guerre, dei migranti morti, degli attentati terroristici (Torri Gemelle, Bataclan, veicoli pirata sulla folla); e poi abbiamo visto navi affondare e aerei, treni e auto scontrarsi in ogni salsa.
Alla luce di questo excursus storico-mediatico e della crescente insofferenza verso la trasmissione di questa tipologia di immagini, non è che forse la ragione della recente ‘ipersensibilità’ risiede nel fatto che viviamo in una società che accetta meno che in passato l’idea della morte? Il rispetto per le famiglie delle vittime è qualcosa che si può richiamare selettivamente, saltuariamente, senza criterio alcuno? Chi lo stabilisce che le immagini di una funivia che cade non devono essere pubblicate e tutto il resto sì?