Ingiunzioni di pagamento fra debiti condominiali e comproprietari morosi: l’amministratore è l’unico referente.
Con l’ordinanza n.7876/2021 pubblicata il 19 marzo scorso dalla Seconda Sezione Civile della Cassazione chiarisce inequivocabilmente che il credito dei terzi e quello del condominio per i suoi contributi sono questioni giuridicamente differenti.
I condòmini hanno il diritto di usare e godere dei beni e dei servizi comuni, a fronte dell’obbligo di farsi carico, pro quota , delle spese necessarie alla conservazione e alla manutenzione di quegli stessi beni e servizi.
E come recita l’art. 63 disp. att. c.c., nella sua nuova formulazione, “per la riscossione dei contributi in base allo stato di ripartizione approvato dall’assemblea, l’amministratore senza bisogno di autorizzazione di questa, può ottenere un decreto di ingiunzione immediatamente esecutivo, nonostante opposizione, ed è tenuto a comunicare ai creditori ancora insoddisfatti, che lo interpellino, i dati dei condomini morosi”.
Il fatto
Il Tribunale di Perugia aveva respinto l’opposizione al decreto ingiuntivo intimato al condòmino Scipio, su istanza del Condominio di via Augusta, per l’importo di circa dodicimila euro a titolo di contributo pro quota correlato al secondo e al terzo stato di avanzamento dei lavori condominiali eseguiti dagli appaltatori Mevio e Caio.
La Corte di appello di Perugia, poi investita della questione, aveva evidenziato come la delibera assembleare del Condominio di Via Augusta avesse approvato la spesa per l’intervento di manutenzione straordinaria delle parti comuni, riconoscendo – pertanto – la necessità di tale esborso.
E nonostante le sentenze di primo e secondo grado avessero confermato la validità dell’ingiunzione emessa a carico del condomino Scipio, perché moroso, questi proponeva ricorso in Cassazione, ribadendo che la richiesta della sua quota – dovuta in forza del contratto di appalto – doveva essere azionata solo dalla ditta appaltatrice.
Il diritto
La questione proposta riguarda il credito del terzo, ed è cosa giuridicamente diversa dal credito per la riscossione dei contributi condominiali, come si rileva dall’ordinanza della Corte di Cassazione, sez, II civ, resa lo scorso 19 marzo 2021.
Nella circostanza de quo, l’assemblea del Condominio di Via Augusta si era riunita per approvare il preventivo di una società appaltatrice in merito ai lavori straordinari e aveva affidato all’amministratore il compito di sottoscrivere il contratto di appalto con la ditta designata.
Ma il singoli proprietari avevano facoltà di versare la quota direttamente a quest’ultima, oppure dovevano provvedere attraverso l’amministratore?
L’art. 1118 c.c. parla chiaro, e in merito all’obbligo di pagamento nessun condòmino può sottrarsi all’obbligo di contribuire alle spese per la conservazione e manutenzione delle parti comuni. La ratio di tale norma è da ricercarsi nel fatto che il godimento dei beni comuni è inscindibile dal correlativo godimento dei beni di proprietà esclusiva e pertanto, avendo l’obbligo di contribuzione natura reale e derivando dalla gestione relativa all’uso delle cose comuni e alla prestazione dei servizi comuni, deve considerarsi preesistente alla delibera assembleare di approvazione dello stato di riparto che, quindi, non ha valore costitutivo, ma solo valore dichiarativo del credito vantato dal condomino nei confronti di ciascun condomino.
Ove la ripartizione delle spese sia avvenuta in sede di approvazione del rendiconto annuale dell’amministratore, ai sensi dell’art. 1135, n.3 c.c. l’obbligo di pagamento diviene attuale dal momento dell’approvazione della relativa delibera.
Dunque, è nei poteri dell’amministratore in base all’art. 63 disp. att. c.c. azionare il decreto ingiuntivo per ottenere dal condomino moroso la quota dei lavori ancora dovuti.
La Cassazione, a sostegno di tale tesi, richiama la consolidata interpretazione giurisprudenziale (Cass. Sez. Unite , 08.04.2008 n. 9148) per la quale il credito – che il terzo creditore, in forza del contratto concluso dall’amministratore nell’ambito delle sue attribuzioni – può far valere anche direttamente nei confronti del singolo condomino in proporzione della rispettiva quota millesimale, è cosa giuridicamente diversa, seppur economicamente coincidente, rispetto al credito per la riscossione dei contributi condominiali che può far valere l’amministratore di condominio.
Pertanto, l’obbligo dei singoli comunisti di pagare le spese dovute e le vicende debitorie del condominio verso i suoi appaltatori o fornitori rimangono del tutto indipendenti, tant’è che i comproprietari non possono ritardare la corresponsione delle rate di spesa in attesa dell’evolvere delle relazioni contrattuali tra ente di gestione e soggetti creditori dello stesso, in quanto ciò altererebbe la complessiva regolarità della vita dell’ente stesso.
In sostanza, le somme necessarie alla prosecuzione amministrativa di quest’ultimo vanno sempre e comunque pagare all’amministratore, anche perché il pagamento diretto eseguito dal singolo partecipante a mani del creditore condominiale non sarebbe idoneo a estinguere il suo debito “pro quota” relativo ai contributi ex art. 1123 c.c..
Concludendo, in giurisprudenza appare evidente la diversità dell’azione diretta alla riscossione dei contributi condominiali nei confronti dei partecipanti, rientrante nella legittimazione dell’amministratore (artt. 1130, n. 3 e 63, co. 1 att. disp. c.c.), rispetto all’azione per il pagamento del corrispettivo contrattuale esercitata dal terzo creditore verso il singolo comproprietario sul presupposto della riferibilità dei debiti condominiali ai singoli membri del gruppo.
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Avv. Mariacristina Modoni
Presidente della Camera Condominiale di Brindisi, co-fondatrice di CondominioSystem.