D’Errico al vetriolo: “Dirigenti indotti ad andare via: si preferisce mantenere lo staff e lo status quo”
BRINDISI – Molte riforme si sono succedute negli ultimi anni che hanno interessato la pubblica amministrazione. Tutte tese a renderla efficiente e rispondente alle nuove esigenze della collettività secondo i principi della trasparenza e della semplificazione.
Queste riforme hanno via via eliminato prerogative gestionali agli organi politici secondo l’assunto che questi ultimi hanno minori competenze degli organismi tecnici e specializzati (e da persona impegnata in politica purtroppo non posso che confermarlo) e che rappresentano al tempo stresso ossatura e sistema nervoso degli enti locali.
Cioè il presupposto è che un dirigente selezionato con un concorso pubblico, sia molto più competente e preparato di un assessore o di un sindaco. E anche meno esposto a condizionamenti di gruppi di potere portatori di interessi non sempre legittimi.
Un assetto normativo, da questo punto di vista, ineccepibile perché ha cercato di neutralizzare gli appetiti ed impedire la continua ingerenza della politica, soprattutto quella incompetente ed irresponsabile, nella gestione amministrativa, tecnica e finanziaria degli enti.
Ma i fatti accaduti in questi ultimi mesi dimostrano che questa impostazione normativa non è chiara a chi amministra la città di Brindisi perché non appena un dirigente si è permesso di non aderire a pretese illegittime (pareri positivi al posto di negativi) si è scatenata la gogna mediatica nei suoi confronti cercando di sputtanarlo a mezzo stampa, in pubblico ed in privato (non è un caso che il Commissario ad Acta abbia richiesto di ristabilire la legittimità degli atti).
Il casus belli è scoppiato quando si era cercato, con la delibera di giugno di proroga dei servizi sociali, poi superata con un’ordinanza sindacale, di “essere coraggiosi ma a distanza di sicurezza” (noi, gente di periferia, usiamo un modo più prosaico per esprimere lo stesso concetto).
È qui che si è aperta una falla tra politica e dirigenza cui si sono succeduti atti e dichiarazioni esemplificative di come mai la politica dovrebbe cedere alla tentazione di piegare la norma al proprio bisogno particolare anziché utilizzarla per il bene della comunità che amministra.
Le conseguenze di questo atteggiamento sono ormai note grazie alle improvvide conferenze stampa, interviste e comunicati stampa; dichiarazioni che avrebbero sgretolato anche la proverbiale pazienza di Giobbe.
Un clima insopportabile e difficile che induce due dirigenti a scendere dalla giostra impazzita. Senza contare che una terza sarà costretta ad andare via a causa della irresponsabilità della politica che pur di silenziare lo status quo e non mettere a repentaglio lo staff del sindaco rinuncia ad effettuare una richiesta al Ministero per sapere se sia possibile o meno mantenere un dirigente con contratto a tempo determinato pur essendo il Comune di Brindisi in situazione di deficit strutturale.
Insomma mai svegliare il can che dorme.
Irresponsabilità politica che si manifesta ignorando la lettera di un sindacato (e non è neanche la prima volta che succede) che, in rappresenta di dodici dipendenti di settori nevralgici del comune, servizi finanziari, servizi tributari, centro elaborazione dati (CED), lamenta il forte stato di disagio lavorativo causato da un carico di lavoro straordinario ed ingestibile e che costringe gli stessi dipendenti oggi, inascoltati, a prendere carta e penna e chiedere in blocco la mobilità ai servizi demografici. Ignorati da quella politica che voleva cambiare la storia ma che oggi è distratta ed impegnata nella più miserevole delle pratiche politiche, il trasformismo per nuovi equilibrismi.
Una politica che invece di governare la città è impegnata a fare a sportellate con Confindustria e con l’Autorità di Sistema, ad ignorare “scientificamente” i sindacati e le associazioni, a delegittimare i dirigenti, ad ignorare la richiesta di aiuto che arriva dai dipendenti comunali.
Una situazione mai registrata al Comune di Brindisi e che rischia di mettere in ginocchio non solo l’ente ma l’intera comunità deprivandola di servizi essenziali: cosa può infatti fare un ufficio tributi con un solo dipendente quando dovrebbero essere in quattro; ufficio servizi finanziari con nove dipendenti quando sino a poco tempo fa erano in quattordici; un ufficio CED che con soli due dipendenti, facendo i salti mortali, sta modernizzando un’intera amministrazione mettendo la stessa in grado di offrire servizi digitali mentre gli “altri” si cuciono lo scudetto sulla casacca.
Sino a qualche settimana fa nutrivo ancora qualche speranza che il verso potesse cambiare, che un recupero dell’impegno assunto con la città con il programma elettorale poi ribadito nelle linee programmatiche.
Oggi dopo aver ascoltato le richieste accorate e responsabili di quei dipendenti che chiedono solo di lavorare e di farlo con serenità sono certo che la storia non cambierà perché la poltrona è diventata più accogliente e più sicura in un abbraccio anestetizzante e mortifero anche per tutta la sinistra brindisina perché tutta sta storia alla fine danneggerà chi ancora ci crede che Brindisi possa essere altro da quella raccontata e vissuta negli ultimi vent’anni e che continua a registrare emorragie di giovani e occasioni perse.
Cristiano D’Errico