È evidente che una delle poche cose utili che possiamo fare in questo momento è cercare di dare un senso a questi giorni. Una missione non certo facile mentre i più fragili soffrono, le aziende sono in affanno, le terapie intensive dei nostri ospedali collassano e la politica non sempre offre l’unità di intenti che ci si aspetterebbe in questi casi.
Malgrado tutto, dobbiamo riconoscere che la situazione è seria e preoccupante ma poteva andarci peggio. Già anni fa, in un celebre TED Talk, Bill Gates proponeva il tema della preparazione ad un eventuale catastrofe biologica come una delle priorità dei nostri governi. Poneva l’accento sulla necessità di studiare, coordinare, creare organizzazioni e sistemi ad hoc per queste speciali, ma sempre meno remote, evenienze.
In questi mesi abbiamo purtroppo scoperto come il visionario (nel senso di uomo dalla grande visione prospettica) statunitense avesse ragione su come le nostre istituzioni internazionali, europee, nazionali e regionali siano lontane anni luce da quel che servirebbe per affrontare in modo efficace questi momenti. È ovvio: stiamo assistendo ad una catastrofe naturale paragonabile a un terremoto o un’alluvione. È la natura che ha generato questa situazione e all’uomo spetta rallentarne, attutirne, possibilmente evitarne i tragici effetti. Inutile girarci intorno, la natura riafferma il proprio primato sul progresso scientifico e sull’umanità.
Tuttavia è bene riconoscere che tante cose non hanno funzionato. E non stanno funzionando. Ha funzionato sicuramente lo spirito dei tanti operatori sanitari, non ha funzionato il coordinamento tra istituzioni, non hanno funzionato le Regioni, non ha funzionato il sistema dell’informazione.
Sia chiaro: la malattia è grave, crea un danno impressionante all’intero sistema sanitario nazionale, crea seri problemi di salute prevalentemente agli anziani e alle persone estremamente fragili, inoltre, i danni economici di stop semi-totale sono pesantissimi, ma ancora contenuti se si pensa che la situazione potrebbe protrarsi per anni interi o che l’aggressività del virus avrebbe potuto essere estraneamente più compromettente dal punto di vista clinico. Ma è nella difficolta che l’intelligenza umana trova ragione d’esistere e serve lucidità per ricavare quel poco di positivo che i giorni appena trascorsi ci offrono. Per questo occorre interpretare questa come una grande esercitazione.
Ci è stato chiesto di essere responsabili, ma la paura ha prevalso in tanti di noi, portandoci a comportamenti sbagliati o portando alcuni a minimizzare e a continuare a vivere come se nulla stesse accadendo. I tanti decreti legge hanno imposto, per la prima volta nella storia di intere generazioni, dei veri e propri cambi al nostro stile di vita quotidiano, privato e pubblico. Tutto questo ci viene chiesto per tutelare la salute del singolo, ma anche, per il bene dell’intero sistema.
Abbiamo avuto la prova che le organizzazioni vanno progettate per resistere in condizioni di massimo stress ma che devono operare mantenendo ampi margini di flessibilità per gestire le emergenze. Non si può andare sempre al massimo, vale per l’indebitamento pubblico, per il sistema sanitario come per le casse dei supermarket.
A noi cittadini questa esperienza può insegnare a vigilare su questo: sull’importanza della prevenzione e della capacità di organizzarsi in ogni evenienza, sull’importanza della competenza e dell’esperienza. Appuntiamoci gli errori, immaginiamo e studiamo soluzioni e rendiamoci pronti ad applicarle. Quando sarà tutto finito non dimentichiamoci di quello che sta accadendo.
Perché, il futuro arriva in ogni caso, ed è sempre valido il vecchio motto «prevenire è meglio che curare».
Francesco Caroli