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Ancora troppa confusione sulla Patente vaccinale
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Ancora troppa confusione sulla Patente vaccinale

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La campagna vaccinale italiana era iniziata coi migliori degli auspici, ma tra i ritardi negli approvvigionamenti di Pfizer e le mancate approvazioni dei possibili sostituti, ora sembra annaspare nel mare dell’incertezza. E come se non bastasse, a creare ulteriore scompiglio ci pensano i politici impreparati, che oltre ai pasticci e alla confusione sulle aperture, chiusure e permessi, annunciano una risposta scomposta e frammentaria sul grande tema del patentino vaccinale: dimostrandosi così incapaci di decidere.

In questo caos, il primo punto dal quale partire è cercare di capire che cosa sia il patentino vaccinale: un certificato di avvenuta vaccinazione, digitale o card, che almeno negli intenti, consentirebbe l’accesso e quindi il ritorno a una vita normale. In questo modo infatti, i neopatentati potrebbero far ritorno in palestra, andare al cinema come al ristorante e viaggiare senza vincoli di quarantene, semplicemente esibendo l’avvenuta vaccinazione. Il condizionale è però d’obbligo, poiché non è ancora stato dimostrato che essere immuni al virus escluda, almeno per ora, la possibilità di trasmetterlo e quindi fungere da vettore di contagio. Anche se su questo fronte le notizie che giungono da Israele, dove la campagna vaccinale è già a buon punto, sembrano molto incoraggianti.

Un altro nodo da scogliere è quello legato all’accesso al vaccino stesso, per ora destinato solo ad alcune fasce d’età e che può o meno essere tollerato dal candidato per via della propria storia clinica. E proprio in virtù di questi fattori, c’è chi respingerebbe l’idea del patentino, ricordando come la Costituzione italiana impedisca una simile discriminazione (art. n°32).

Di fatto, e benché c’è chi paragoni il patentino vaccinale alla patente vera e propria, la questione gravita infatti attorno a piani differenti, tant’è che nel giardino regionale italico, così come in quello europeo, le posizioni su questo tema sono discordanti e tuttavia simili nel non trovare un accordo. Vi sono infatti Paesi, come ad esempio la Grecia, che vorrebbero il rilascio di un passaporto vaccinale che consenta il libero spostamento, così da poter rimettere in moto la macchina del turismo, e altri invece, come la Francia, che non sono affatto d’accordo. E lo stesso si registra nei confini nazionali, con regioni come la Campania e il Lazio che spingono affinché chi sia vaccinato possa tornare ad accedere a luoghi e attività al momento proibite, mentre dall’altra parte la Lombardia ha già bocciato l’introduzione di un patentino così progettato. Ed è in questo ginepraio di idee e di provvedimenti, che il governo aspetta che la decisione si prenda da sé, lasciando comunque trapelare qualcosa attraverso la voce del commissario unico Arcuri: “patentino vaccinale? Non è una cattiva idea. Aspettiamo si prenda una decisione definitiva”.

Ma a chi spetta questa decisione? Perché se da un lato è vero che sia il dibattito di idee, sia il confronto costituzionale abbiano una loro logica, dall’altro invece, occorre comunque determinare a che livello debba essere presa una simile decisione. Il rischio infatti, è quello ripiombare nel caos generato da regole diverse per ogni regione, o tra singoli Paesi europei, com’è tristemente già accaduto durante la prima e la seconda ondata. E forse, proprio perché a giovare di più dall’introduzione del patentino vaccinale sono ingenti asset strategici, dal turismo alle compagnie aeree, al benessere di una comunità d’individui molto ampia (il virus infatti viaggia e non conosce confini), forse occorrerebbe che questa decisione fosse uniforme su tutto il territorio europeo, o perlomeno nazionale.

E per giungere a ciò si devono prima di tutto valorizzare gli insegnamenti di questa pandemia, lasciandosi alle spalle il campanilismo regionale, nazionale o europeo e redimere un 2020, che ha visto protagonista assoluta la confusione dovuta ai troppi errori dei decisori politici e a modelli istituzionali evidentemente disegnati male. Ora occorre una linea di comando chiara e un’Europa che prenda consapevolezza dell’assenza di un confine geografico per il contenimento della minaccia pandemica; perché se ogni Stato continua a guardare solo al proprio orticello, com’è stato siano ad adesso, le chance di tornare alla normalità sono destinate ad allontanarsi ancor di più di quanto non stia già avvenendo: e la colpa non potrà che ricadere sull’attuale classe dirigente, mentre a farne le spese saremo tutti noi.

Francesco Caroli