BRINDISI – TAP/SNAM, l’ennesima grande opera considerata di importanza strategica per il Paese Italia. E in termini geopolitici certamente lo è considerato il ruolo strategico che l’Italia sta giocando in questa partita transeuropea, e non solo, negli accordi internazionali di approvvigionamento di gas naturale. Come anche in termini economici merita attenzione se non altro per royalties e fiscalità. Ma a quale prezzo tutto ciò? Il gasdotto TAP/SNAM, non ancora operativo, approda in Salento alla Marina di Melendugno e arriva alla centrale di Matagiola, Brindisi, in attesa di connettersi con la Rete Adriatica SNAM, che parte da Massafra, per iniziare il suo viaggio verso il nord Europa attraversando tutta l’Italia. Un’opera che non ha portato sinora e non porterà in futuro alcuna ricaduta occupazionale, e che per la sua realizzazione ha causato lo sradicamento di ben 8600 alberi, per lo più ulivi secolari, interventi di livellamento dei fondali, per lo più rocciosi, di fronte al punto di approdo San Foca, la distruzione di una barriera corallina al largo di Torre dell’Orso, il prosciugamento della falda acquifera nei pressi di Tuturano e tutta una serie di sbancamenti dei terreni interessati dal gasdotto. Il punto è che noi non ci stiamo più e sosteniamo unanimemente la posizione di associazioni e comitati cittadini che rigettano l’idea di svendere oggi il territorio per compensazioni che lasciano il tempo che trovano. Importanti gli esempi sul territorio regionale, vedasi ex-Ilva e gli impianti di Cerano per citarne alcuni, e stesso dicasi per l’intero territorio nazionale la cui importanza strategica delle opere ha provocato danni irreversibili non solo all’ecosistema, ma anche all’economia e alla salute. Ogni volta, però, la disputa rimane concentrata su quelle che vengono definite le compensazioni: somme che dovrebbero servire a risarcire le popolazioni che subiscono sui propri territori danni a seguito di scelte imposte da altri, in nome del cosiddetto sviluppo, nella quasi totalità delle volte senza che le stesse vengano coinvolte come parte attiva nelle decisioni. I presupposti su TAP c’erano tutti con le conseguenze che hanno portato i vertici della società ad affrontare un processo penale (ancora in corso) per disastro ambientale con la Regione Puglia costituitasi parte civile con la richiesta di risarcimenti ingenti. Ma cosa poi rappresentano queste compensazioni? Il rischio è che non diventino altro che “contentini” a varie amministrazioni, spesso in difficoltà, di cui le popolazioni dei luoghi “danneggiati” ne gioverebbero in minima parte. Non saranno le compensazioni a ridare dignità ai territori deturpati irrimediabilmente, condannati a non poter diversificare le proprie economie naturalmente vocate al turismo e all’agricoltura e a pagare un prezzo molto più alto rispetto agli spiccioli ricevuti. Gli esempi già citati insegnano che non esiste al mondo alcuna compensazione in grado di sanare situazioni di danno ambientale, economico e socio-sanitario che investe i primi giocatori nelle partite “investimenti strategici”, ovverosia i cittadini, purtroppo sempre perdenti in partenza di fronte ai colossi del “profitto a tutti i costi”. Ciò detto, riteniamo fermamente anche offensivo si parli di compensazioni, perché le stesse si mostrano a tutti gli effetti “elemosine” che col tempo avranno il peso di macigni. Prioritariamente, dovrebbe sempre e comunque valere il principio del “chi inquina paga” perché solo così si quantificherebbe, a carico di società e imprese, i danni a tutti i livelli di percorsi di sviluppo industriale ed energetico oramai scientificamente considerati “obsoleti” e altamente “nocivi” all’ambiente, alla salute, allo sviluppo socio-economico sostenibile, al futuro stesso del pianeta.
EUROPA VERDE BRINDISI