BRINDISI – Avevo scelto di rimanere in silenzio per non avvelenare ulteriormente un clima già oltre modo teso, nella speranza che le mie dimissioni potessero dare uno scossone all’inerzia di quest’amministrazione.
Ma dopo la scelta del Sindaco e della Giunta di non approvare il bilancio “per colpa del dirigente” e dopo aver ascoltato con attenzione le dichiarazioni fatte in conferenza stampa dal Sindaco, sento il bisogno urgente di fare chiarezza e di spiegare alla città il perché di un gesto così dirompente.
Sicuramente sofferto ma sufficientemente maturato.
Non voglio soffermarmi sui numeri snocciolati e sui risultati raggiunti in conferenza stampa, frutto comunque del lavoro di squadra
Non mi soffermo sulle accuse rivolte al dirigente, dott. Simeone; che però evidenzia una propensione alla negazione come processo di difesa mancando la capacità di autocritica. Speravo che il Sindaco raccontasse la verità senza spostare l’attenzione su dirigente e opposizione. Speravo che il Sindaco raccontasse tutte le verità perché questo è segno di lealtà verso la città.
Avrebbe dovuto raccontare perché ha scavalcato dirigenti ed assessori per la costruzione del bilancio previsionale. Ha spiegato che da un anno sta costruendo il bilancio ignorando le note del direttore di ragioneria come fossero atti di lesa maestà anziché spunti di riflessione per impostare l’azione amministrativa anche nel rispetto delle norme e dei regolamenti che questa amministrazione stessa si è data.
Avremmo, invece, dovuto, utilizzando la stessa modalità di condivisione tra assessori e dirigenti utilizzata per la costruzione del piano di riequilibrio pluriennale, costruire insieme con le parti sociali un bilancio condiviso senza la presupponenza dell’autosufficienza.
Perché il bilancio di previsione non è un adempimento burocratico, non è un esercizio ragionieristico ma la traduzione in grandezze economiche di scelte per il futuro della città, frutto queste ultime di una visione.
E quando invece si sceglie di piegare le norme al proprio bisogno allora è necessario, per lealtà, raccontare la verità alla città così come avevo proposto alla giunta e da questa rigettata in maggioranza.
Gramsci diceva che la verità è rivoluzionaria; più prosaicamente o banalmente dopo tante verità non dette nel passato, dopo la stagione della “polvere sotto i tappeti “ la verità, anche quella dei propri limiti, avrebbe palesato una tensione al dialogo, all’apertura al confronto. Ma questo non è che la punta dell’iceberg, il risultato finale di un percorso suicida e sordo alle offerte di aiuto e sostegno progettuale provenienti da quelle forze che hanno fortemente creduto nella candidatura di Riccardo Rossi, dal mondo dell’associazionismo, del sindacato, e, cosa insolita, proveniente anche dalla minoranza (che poi proprio minoranza non è visto che al primo turno ha ottenuto, nel suo complesso, circa il 76%) e soprattutto nella modalità propositiva che aveva adottato. Più volte le forze politiche che avevano dato vita a Liberi e Uguali per Brindisi, pur nella loro autonomia politica, hanno cercato di ricostruire un dialogo che potesse recuperare la declinazione di un programma elettorale, un progetto politico per la città.
Offerte di dialogo ignorate; come quelle dei sindacati che sono stati costretti a rimarcare la sordità con articoli sui giornali; mentre a pochi chilometri di distanza il sindaco Matarrelli organizza il programma con un calendario di incontri allargato a tutte le espressioni sociali e produttive del territorio proprio per la redazione del bilancio previsionale.
Se solo il sindaco Rossi avesse continuato a fare il sindaco anziché fare l’assessore al bilancio avrebbe potuto continuare ad occuparsi di temi importanti come le politiche dei servizi sociali, che diventano ancora più attuali e cogenti a causa del Covid che acuisce le sofferenze e le distanze sociali e che quindi impongono un serio ripensamento degli stessi in sintonia con chi di quei servizi fruisce e con chi quei servizi eroga.
Avrebbe potuto occuparsi del porto anziché continuare in un’estenuante e sterile braccio di ferro con il presidente dell’Autorità di Sistema perché le incomprensioni, le divergenze non possono e non devono diventare un alibi per l’immobilismo che purtroppo condizionano una città intera. Avrebbe potuto continuare ad occuparsi del rilancio e riconversione del polo industriale chiedendo l’apertura di un tavolo permanente presso il Ministero dell’Industria e facendosi promotore del coinvolgimento di sindacati e associazioni datoriali insieme alla grande impresa presente sul territorio; assumendo quindi il ruolo di coordinatore del cambiamento.
E invece ha perso tempo a fare l’assessore al bilancio; un bilancio che non era il bilancio per la città ma un bilancio ragionieristico, aritmetico.
Ho provato sino all’ultimo affinché quel bilancio contenesse e propendesse verso il principio di veridicità. Sono stato sostenuto in questo solo dal professor Borri che ha provato a ragionare sulla qualità della spesa e sulla qualità dei servizi piuttosto che sulla quantità; ricordando che Brindisi è una città povera e i soldi vanno spesi utilmente per chi è povero, ma povero veramente.
Alla fine si è scelto di attribuire con immaturità politica, la responsabilità al dirigente piuttosto che ammettere di aver sbagliato e di aver tirato la corda oltre misura sino ad ottenere il “commissariamento del bilancio del sindaco”
Spero con questa mia nota di aver risposto ad Andrea che scrive su un quotidiano on line “ D’errico è chiaro che non è d’accordo con il bilancio presentato. Ma un cittadino comune vorrebbe sapere quali sono i punti di divergenza per poter appoggiare o criticare la decisione. In quale misura il bilancio in via di approvazione danneggia la comunità. Ed in quale misura la visione di D’errico avrebbe giovato alla città. Forse chiediamo troppo??”
No Andrea non chiedi troppo anzi ti chiedo scusa se non ho risposto prima!!!!
Cristiano D’Errico