Brindisini brava gente: grandi manovre per tornare a non contare niente e perdere con l’autonomia anche Zes e Zona Franca
BRINDISI – La strisciante idea di chiedere l’autonomia per il porto di Brindisi viaggia lenta ma inesorabile in città, e se è confluita in una nota stampa della Cgil, allora vuol dire che il sottobosco che spinge per questa soluzione è diventato particolarmente popolato.
Fino ad alcune settimane fa, gli operatori portuali brindisini spingevano affinché Patroni Griffi ripresentasse la propria candidatura per il mandato bis. Ma è possibile anche che si giochi su più tavoli, nel più classico modus operandi brindisino.
Ed allora l’idea che il presidente uscente possa restare in carica altri 5 anni, portando avanti gli interessi della collettività piuttosto che quelli di bottega o di ideologi tutti fuffa, sta catalizzando le energie di varie parti della comunità brindisina verso l’idea di un ritorno al passato. A quella autonomia che dal 1984 al 2016 ha portato tanti benefici…agli altri porti e ad alcuni portatori d’interessi, lasciando in mutande e carbone l’economia portuale locale.
C’è da capire se a spingere verso questa possibilità ci siano anche il PD e il Sindaco Rossi, non proprio estimatori dell’Autorità di Sistema Portuale del Mar Adriatico Meridionale.
Tra le certezze c’è quella che ancora una volta i brindisini remano dalla parte opposta rispetto al futuro e allo sviluppo. Perché se il porto di Brindisi dovesse chiedere l’autonomia, potrebbe perdere ad esempio la possibilità il riconoscimento di Zona Economica Speciale o di veder nascere la zona franca di Capobianco, sulla quale l’Autorità portuale sta lavorando di concerto con l’Agenzia delle Dogane ed Enel per un progetto di sviluppo economico ed occupazionale. E questo perché tali misure economiche speciali possono essere istituite solo in porti core; Brindisi, infatti, sfrutta l’ombrello del riconoscimento di Bari come porto core.
Ciò, sempre che non si pensi davvero alla fiaba che il porto di Brindisi, con i modesti numeri sul traffico delle rinfuse che si ritrova in questa fase di decarbonizzazione, possa ottenere il riconoscimento di porto core.
Oltre alle macroscopiche controindicazioni accennate, l’autonomia comporterebbe anche la ripartenza da zero dell’iter per la redazione del Piano regolatore portuale (il documento programmatico strategico preliminare è già pronto, per esempio). Così come ci sarebbe da valutare la sostenibilità economica del bilancio di un porto in crisi, oltre alla preoccupante eventualità che possa passare – tramite un nuovo Presidente brindisino (a trovarne uno competente) una linea kamikaze come quella del Comune di Brindisi, contrario a progetti vitali come quello della vasca di colmata.
L’auspicio è che ognuno torni a fare il proprio mestiere, che si lasci lavorare il Presidente attuale (nella speranza che voglia prolungare il suo mandato e che venga confermato) e che trombati, mestatori, aspiranti alla poltrona, falliti, illusi, ideologi et similia vengano messi all’angolo dalla politica brindisina. Viceversa, ci troveremmo di fronte non tanto a legittime aspirazioni di autonomia quanto a reiterate pratiche di tafazzismo che non vorremmo più essere costretti a raccontare.