Mafia a Brindisi: la mafia cinese investe nei grossi bazar, quella nigeriana in droga e prostituzione. Porto al centro di traffico di rifiuti illeciti e contrabbando. Aste immobiliari pilotate e appetiti su stabilimenti balneari
BRINDISI – Di seguito la relazione della DIA in merito alla criminalità nel brindisino.
Gli eventi registrati nel semestre in esame, indicatori dell’operatività e delle dinamiche della criminalità organizzata e mafiosa brindisina, non hanno evidenziato fenomenologie differenti o in controtendenza rispetto al
recente passato. I numerosi collaboratori di giustizia, già ai vertici dei sodalizi più strutturati della provincia,
hanno fornito agli inquirenti un ulteriore contributo informativo sulle più recenti evoluzioni, dinamiche associative e su alcuni episodi criminali riconducibili alle vecchie e alle nuove generazioni della sacra corona unita.
Benché non si siano evidenziate particolari situazioni di criticità, il crimine organizzato e mafioso brindisino ha continuato ad esercitare la sua influenza sia in città che in provincia, attraverso i canonici settori che, come per il passato, continuano ad essere quello delle sostanze stupefacenti, del racket estorsivo e delle rapine.
Accanto alle storiche figure di riferimento si sta progressivamente affermando una “seconda generazione”, scalpitante e violenta, responsabile di numerosi reati che spaziano dallo spaccio di sostanze stupefacenti alle rapine, ai furti e ai reati contro la persona. Le indagini correlate ai singoli episodi delittuosi, alcuni sfociati in gravi episodi di sangue, hanno fatto luce su un critico quadro legato alla criminalità diffusa, dove gruppi composti da un numero variabile di giovani, anche incensurati, ricorrono all’uso spregiudicato e disinvolto delle armi, senza una regia operativa di più alto calibro. Abbassando drasticamente il livello di percezione dell’illecito, i giovani
criminali potrebbero prestarsi a diventare il vivaio della criminalità organizzata.
Nel capoluogo, mentre il gruppo BRANDI appare ormai fortemente indebolito dall’azione di contrasto degli ultimi anni – che ha portato a condanne divenute definitive nel giugno 2019 – i MORLEO continuano a operare nel settore del narcotraffico.
In provincia, invece, sono attivi i due schieramenti malavitosi dei mesagnesi (gruppi ROGOLI, CAMPANA, VITALE, PASIMENI e VICENTINO) e dei tuturanesi (gruppo BUCCARELLA), tra le cui file vi è attualmente una figura di spicco della criminalità mesagnese, recentemente scarcerata.
I comuni confinanti con la provincia leccese risentono del controllo di entrambe le fazioni criminali, con alternanze di accordi e divisioni interne per la gestione degli affari illeciti, frutto perfino di decisioni prese dai boss ristretti nelle carceri.
Il sodalizio criminale capeggiato dai BRUNO opera nei territori dei comuni di Torre Santa Susanna e Oria, dove controlla il mercato della droga.
Nel solco del passato, il traffico di sostanze stupefacenti resta il fenomeno di più vasta portata criminale, che garantisce sicuri e stabili guadagni, parte dei quali impiegati per il mantenimento delle famiglie dei detenuti.
In tale ambito illecito, già in passato si è riscontrata, soprattutto nella zona nord della provincia brindisina, una forte influenza della criminalità barese. L’operazione condotta il 12 dicembre 2019, ad esempio, ha evidenziato il ruolo di un pluripregiudicato di Ostuni, figlio di uno storico boss del contrabbando pugliese, come “partner d’affari” per la droga del clan STRISCIUGLIO di Bari. Le indagini hanno documentato, tra l’altro, la cessione di armi dal gruppo barese a soggetti criminali del capoluogo brindisino. Nel semestre di riferimento si confermano anche le interazioni criminali con gruppi malavitosi gravitanti nella provincia di Lecce. Tale assunto trova conferma nell’operazione cd. “Mombello + 10” che, oltre ad acclarare un’intensa attività di spaccio – in particolare cocaina – nei comuni di Tuturano, Copertino (LE) e Casarano (LE), ha evidenziato il ruolo di alcuni indagati contigui al clan BUCCARELLA. Le indagini, inoltre, hanno fatto luce sull’operatività di un gruppo di indagati dediti ai furti ed alle ricettazioni di automezzi e strumenti vari utilizzati in agricoltura, ricorrendo alla cd. tecnica del “cavallo di ritorno”.
In tema di reati concernenti il traffico di sostanze stupefacenti è emblematica la sentenza definitiva di condanna nei confronti di alcuni soggetti coinvolti nell’ambito dell’operazione “Uragano” (2015), che ha consentito la disarticolazione di tre distinte organizzazioni criminali le quali, interagendo fra loro, gestivano buona parte del mercato della droga nel territorio salentino, riuscendo altresì a perpetrare tale illecita attività anche nelle regioni
dell’Emilia Romagna e del Friuli. Un sodalizio, in particolare, aveva base operativa e logistica nel comune di San Pietro Vernotico (BR) e faceva capo ad un esponente della sacra corona unita, affiliato al boss CAMPANA della frangia dei mesagnesi.
Il territorio brindisino continua a suscitare l’interesse delle consorterie calabresi per il reinvestimento dei capitali illeciti. Il 30 luglio 2019, la DIA di Bologna ha confiscato beni mobili ed immobili, per un valore complessivo di oltre 6 milioni di euro, riconducibili a un pregiudicato originario di Cutro (KR) e domiciliato a Parma. L’uomo è stato tratto in arresto nel 2015 e successivamente condannato, nell’ambito della nota inchiesta “Aemilia”, per associazione di tipo mafioso, reimpiego di capitali di provenienza illecita ed estorsione, avendo agito al fine di agevolare i cutresi GRANDE ARACRI. Tra i beni confiscati figurano beni immobili, uliveti e vigneti siti ad Ostuni.
Anche per il semestre in esame, le attività di analisi e i riscontri giudiziari confermano le consolidate relazioni criminali con gruppi albanesi, ai fini dell’approvvigionamento delle sostanze stupefacenti, operanti nel
Paese di origine o dimoranti in provincia di Brindisi. Gli esiti investigativi dell’inchiesta “Outlet”, di cui si argomenterà nel paragrafo dedicato all’Emilia Romagna, hanno svelato un vasto traffico di marijuana e cocaina dall’Albania. Pur avendo come epicentro il capoluogo emiliano romagnolo, l’attività illecita si ramificava anche
in altre regioni, dalla Puglia (nel porto di Brindisi come punto di approdo degli ingenti carichi), verso l’Umbria e la Toscana, ed era strutturata in termini tali da garantire un costante approvvigionamento dello stupefacente e un celere smistamento delle partite di volta in volta importate o acquistate. Il gruppo presentava comunque una
stabilità operativa ed organizzativa tale da garantire importazioni di enormi quantitativi di sostanze stupefacenti dall’Albania verso l’Italia, riuscendo a reperire i natanti per il trasporto, i piloti per la traversata, i luoghi di stoccaggio e i corrieri per lo smistamento a terra. Fra i soggetti brindisini figura un elemento più volte condannato per associazione di tipo mafioso il quale, oltre al ruolo di trasportatore di carichi di stupefacente, portava
avanti “anche una propria autonoma attività di spaccio, … con il figlio ed altre persone di fiducia”.
Anche nel semestre in esame, il porto della città di Brindisi continua a rappresentare un raccordo centrale non solo per il traffico di droga ma anche per quello delle merci contraffatte, del contrabbando di tabacchi lavorati
esteri e dei rifiuti illeciti.
Numerosi sono i reati contro il patrimonio e gli atti d’intimidazione e di danneggiamento, compiuti in danno di commercianti e imprenditori, ma anche in pregiudizio di funzionari della pubblica amministrazione o pubblici ufficiali, alcuni dei quali, per la loro efferatezza, potrebbero essere connessi a strategie estorsive della criminalità organizzata. Le estorsioni non sembrano, peraltro, risparmiare i titolari e i gestori di strutture turistico/ricettive, in particolare stabilimenti balneari e locali notturni, né tantomeno alcune fette di mercato quale quello
delle aste immobiliari, “pilotate”, in alcuni casi, da soggetti vicini ai sodalizi mafiosi. Emblematica, in proposito, l’operazione “Incanto”, che ha fatto luce sulle attività illecite poste in essere da un gruppo di soggetti che, oltre a millantare o spendere la loro appartenenza alla criminalità, riuscivano ad inserirsi nei meccanismi burocratici sottesi alle vendite giudiziarie. Gli indagati disponevano di fondi comuni e addirittura di una agenzia immobiliare che si occupava della partecipazione alle vendite, ritenute, per vari aspetti, maggiormente lucrose.
Per quanto concerne l’usura, restano sempre marginali gli episodi denunciati, sebbene resti una pratica molto diffusa.
In relazione, invece, al fenomeno della criminalità nelle aree rurali si rappresenta che ai reati predatori di micro criminalità – quali furti di prodotti e mezzi agricoli – si associano spesso altre dinamiche criminali, ben più complesse, connesse a finalità estorsive. Non sono mancati, nel semestre di riferimento, fenomeni di sofisticazione di alimenti.
Attraverso tali pratiche commerciali scorrette viene falsata la sana concorrenza sui mercati nazionali e internazionali, ingannando i consumatori e creando un mercato parallelo di falsi “made in Puglia”. La recente operazione “Ghost Wine”, eseguita dal Nucleo Antisofisticazioni dei Carabinieri di Lecce e dall’Unità investigativa
dell’Ispettorato centrale repressioni frodi del Ministero delle Politiche Agricole Alimentari e Forestali, ha disarticolato ben tre sodalizi, facendo luce sulla costante azione criminale “posta in essere direttamente o attraverso lo schermo di società compiacenti appositamente costituite”. L’illecito sistema commerciale permetteva di ottenere prodotto vinoso a basso costo successivamente commercializzato come prodotto di qualità o addirittura biologico,
DOC o IGT, potendo contare sulla fondamentale collaborazione di un funzionario infedele di Lecce.
Per quanto concerne il fenomeno del cd. “caporalato”, infine, la provincia brindisina è stata particolarmente impegnata sul fronte del contrasto al fenomeno dello sfruttamento del lavoro nero tanto che è stata creata un’apposita task force, costituita da esponenti delle Forze di polizia e dell’Ispettorato del lavoro.
Si evidenzia una crescita significativa di grossi “bazar” nei maggiori centri commerciali della provincia gestiti da cittadini cinesi, le cui espressioni criminali sembrano agire in modo silente. La criminalità organizzata nigeriana, invece, appare sempre più interessata al traffico di sostanze stupefacenti ed allo sfruttamento della prostituzione.