Che bella città di mer che siamo
BRINDISI – Viviamo proprio in una bella città di mer. Una delle poche dove il mare è praticamente un intralcio e non una risorsa.
In una nazione di mer, Brindisi si distingue come città di mer per eccellenza. Dove tutto è cloroformizzato: progetti, appalti, dibattiti.
Mentre la città cola a picco, le discussioni che occupano politica ed opinione pubblica riguardano i migranti, il palazzetto, i gatti e gli animali in generale (molto presenti sulla pagina Facebook del Comune), le strade da chiudere o meno al traffico. Brindisi vive insomma ogni giorno il suo giorno della marmotta.
Ogni Amministrazione si ritrova puntualmente ad avvitarsi sugli stessi argomenti: sui Corsi che chiuderà al traffico, sul rilancio del porto e della litoranea, su quanto siano cattive le multinazionali. E ogni Sindaco sente di poter promettere una Brindisi universitaria, turistica o quantomeno più attrattiva.
Salvo poi svegliarsi a metà mandato e accorgersi che la risoluzione di problematiche inerenti l’accessibilità del Centro passano dalla redazione di un Piano urbano della mobilità sostenibile, il quale dopo ben tre anni dall’avvio del procedimento viene affidato all’esterno “per l’urgenza e la complessità” della tematica. Rectius, perché ci si è accorti che con le sole forze degli uffici comunali il Pums avrebbe visto la luce chissà quando.
Ora, se ci hanno messo tre anni per comprendere da dove iniziare con il Pums, non osiamo immaginare quale travaglio rappresenterà il licenziamento del Piano urbanistico generale, fermo da quasi dieci anni al Documento programmatico preliminare approvato nel corso della consiliatura Mennitti. Eppure con sicumera l’Assessore Prof. Borri affermò che per l’approvazione del Pug ci sarebbero voluti meno di due anni.
Passerà anche questa Amministrazione senza che tali strumenti urbanistici vengano adottati; si accettano scommesse. E così i problemi resteranno immutabilmente lì, sempre più incancreniti, pronti ad essere maneggiati dalle prossime menti insipienti.
E sentiremo parlare di circolare del mare, ancillare al progetto dello shuttle, a sua volta subordinato/complementare/alternativo (decidete voi, perché ancora non si è capito) a quello del raccordo ferroviario tra l’aeroporto del Salento e la stazione centrale.
Ma in un territorio dove di soldi ne arrivano pochini, la vera specialità è quella di dissiparli in un mix di contrapposizioni ideologiche, incapacità, inconsistenza politico-amministrativa e gare d’appalto aggiudicate a condizioni discutibili, che puntualmente si rivelano per quello che sono, ovvero irricevibili. Così, la città si ritrova costellata di cantieri fermi in attesa di risoluzioni contrattuali o sentenze, come accaduto per il terminal passeggeri Le Vele, per Micorosa, per la spiaggia di Cala Materdomini, per il raccordo ferroviario.
E mentre non si cava un ragno dal buco, si fantastica di fondi Cis che serviranno per rigenerare la litoranea, la quale nel frattempo sfiorisce sotto i colpi dei sequestri, delle ordinanze di demolizione e degli equivoci urbanistici riguardanti ad esempio Long Beach, Boa Gialla e la never end story di Acque Chiare, sulla cui risoluzione ci aspettiamo – come da copione – tempi biblici.
Per ammazzare il tempo, ogni tanto si fantastica tirando fuori rigurgiti nostalgici quali il recupero della spiaggia di Sant’Apollinare (altro dibattito che appassiona la città), quando forse sarebbe più opportuno sbattere i pugni in tutte le sedi a sostegno di un porto sempre più bloccato dalla burocrazia e che avrebbe disperato bisogno di nuove banchine. Proprio a Sant’Apollinare, dove sono state progettate da oramai più di 15 anni.
E tra una diversità di vedute e l’altra rispetto al pontile a briccole, alla stazione di rifornimento per navi a gnl, alle nuove banchine, alla vasca di colmata, ai dragaggi e alle strutture per i passeggeri, con conseguente perdita di tempo e forse di investimenti milionari, si favoleggia di raddoppi stradali sulla tratta Brindisi-Taranto, di traffico container, di spostamento della Marina militare a Capobianco. La stessa Marina che non è stata avvisata con congruo preavviso per la candidatura ai finanziamenti del Pac del progetto di recupero dell’area ex Pol.
Discorsi senza capo né coda. Come quelli che ascolteremo da qui a settembre, in questi due mesi di campagna elettorale dove ci ricorderanno che siamo ultimi come posti letto ospedalieri per abitante, che il territorio avrebbe bisogno di uno sfogo dato dalla trasformazione del Di Summa in Pta, che il ciclo dei rifiuti va chiuso con la costruzione di una filiera impiantistica in loco, che c’è da affrontare una transizione energetica ed economica e che Brindisi ha il porto più bello del mondo, che ha potenzialità immense ma che è stata sfortunata. O forse, semplicemente che è una città di mer, in una nazione di mer.