Brindisi città dello sport…per pochi. L’esperienza del Buscicchio sia la bussola
BRINDISI – È un momento drammatico per lo sport brindisino, inteso in senso lato. Se l’Amministrazione comunale ha dimostrato sensibilità verso questo ambito della vita cittadina riducendo i ticket per gli impianti sportivi e investendo quasi un milione di euro per la costruzione della New Arena, d’altra parte bisogna registrare la condizione pietosa in cui versano le strutture sportive comunali utilizzate per la pratica di base.
Restando alla Masseriola, ad esempio, per una mega-struttura che nascerà, ci sono una piscina, una pista d’atletica e un campo di calcetto che rischiano di subire danni ingenti e di diventare impraticabili a causa dell’assenza di manutenzioni.
D’altronde, i soldi pubblici a disposizione sono pochissimi e da qui discende la scelta del Comune di alienare le piscine di contrada Masseriola e di Sant’Elia. Tuttavia, come da prassi oramai consolidata, nessun privato pare interessato a comperare o gestire nulla che sia offerto dall’Amministrazione comunale: che siano Farmacie, immobili commerciali, piscine o impianti sportivi. E quando qualcuno si fa avanti per gestire un impianto, come è accaduto per il tensostatico del Buscicchio, quartier generale della Ginnastica Brindisi, ci pensano gli atti vandalici a far passare ogni fantasia.
È obiettivo di ogni amministratore favorire la pratica sportiva, soprattutto nelle periferie, ma se i campi da calcio dei quartieri periferici sono impraticabili e in balia del degrado più assoluto, al pari delle poche piste ciclabili e dei pochissimi campetti da basket, allora diventa quasi inutile qualsiasi altro sforzo.
A meno che non s’intenda come sport solo quello professionistico: allora sì che una nuova mega-struttura fa tutta la differenza del caso. Ma se si parla di sport come lievito di una società, come strumento per favorire la socialità, per migliorare gli stili di vita, per tenere lontani i ragazzi dalla malavita e per formare le nuove generazioni, allora non basta garantire alle società sportive uno sconticino sui ticket o un nuovo grande palazzetto. Serve molto di più, serve una visione, serve fantasia, e la strada da seguire somiglia molto di più a quella intrapresa dalla cooperativa di comunità che gestisce oramai da tempo il Parco Buscicchio. Avremmo dunque bisogno di più welfare generativo, di più sport dal basso, di manutenere l’esistente, di costruire playground nei luoghi pubblici. E allora sì che le parole, le intenzioni, le speranze degli amministratori pubblici prenderanno corpo. Viceversa, lo sport sarà sempre più sinonimo di business, di interessi. Leciti, per carità, ma molto più funzionali al particolare e molto meno all’accrescimento del capitale umano di una comunità. Sarebbe, insomma, un’altra storia.