Le richieste della Fp Cgil per la fase 2
BRINDISI – Premesso che, nell’ambito di un dialogo tra Scienza e Democrazia, come appare evidente a tutti gli interpreti più attenti, non solo quelli, ha preso il sopravvento la disinformazione scientifica per cui la diffusione mondiale del SARS-COV-2 è stata frettolosamente trasformata da enigma scientifico a urgente problema di governance e d’immagine, riducendola ad una calamità naturale, un doloroso accidente quando in realtà è la conseguenza, sia pure non voluta, delle azioni degli animali umani che hanno determinato una doppia crisi planetaria: una ecologica ed una sanitaria.
Premesso che nell’ambito di questa disinformazione scientifica, la “fase due” rappresenta il classico ‘meme’ che, volando di bocca in bocca come una malattia infettiva, genera false sicurezze più che informazioni utili e corrette poiché suddivide in fasi la suddetta diffusione dell’infezione da COVID-19 che è, in quanto fenomeno naturale, continuo in realtà: l’estremo aumento, in un intervallo di tempo relativamente breve, della numerosità della popolazione, ovvero l’outbreak locale ‘cinese’, del SARS-COV-2 divenuto epidemia, divenuta pandemia, rischia concretamente, scientificamente, di divenire endemia a sua volta capace di innescare un nuovo outbreak locale e, quindi, chiudere il fatidico cerchio come una perla in una collana di sciagure.
La scrivente OS, con la presente, intende stimolare codesta amministrazione a non cullarsi in false sicurezze e ad agire comportamenti finalizzati ad evitare, col massimo impegno possibile, che l’epidemia da SARS-COV-2 diventi endemica, come appare quella da Klebsiella CPE, nelle strutture sanitarie dell’ASLBR. La consapevolezza della difficoltà a prevedere con certezza l’evoluzione della diffusione del COVID-19 non obbliga codesta amministrazione a rimanere cieca impreparata e fatalista circa la possibilità di un’endemia e di un outbreak locali del SARS-COV-2. Al di là dei modelli matematici che possono non prevedere con certezza la presenza, ad esempio, di eventi super-infettivi, non v’è dubbio che sono i comportamenti organizzativi della Sanità pubblica ad avere un grande effetto sul numero riproduttivo di base (R0) –ovvero sul successo evolutivo del virus– e che piccoli eventi possono avere grandi conseguenze.
Affinché a Brindisi non si assista impotenti al ritorno in grande stile dell’epidemia da SARS-COV-2, dunque, codesta amministrazione dovrebbe prendere in considerazione l’adozione sistematica di provvedimenti quali quelli legati al potenziamento della Medicina Preventiva e di Iniziativa (non ancora messi in atto), l’esecuzione (e refertazione in tempi certi e rapidi) del tampone per COVID-19 sia ai pazienti che necessitano di assistenza ospedaliera sia routinariamente agli operatori sanitari sia, dopo un’accurata sanificazione ambientale, sulle superfici degli ambienti sanitari, più facilmente soggette alla ‘cross-contamination’.
Nell’ambito della sanificazione degli ambienti sanitari, alla scrivente spiace dover sottolineare alcune incongruenze organizzative che meritano particolare attenzione da parte di chi legge.
Dato atto che, ormai, la letteratura scientifica concorda sulla persistenza del SARS-COV-2 sulle superfici inanimate per periodi di tempo variabili in base al materiale della superficie su cui si deposita, all’aerazione dell’ambiente, alla carica virale nell’aerosol e nei droplets dei pazienti affetti da COVID-19 (in condizioni sperimentali, anche nell’aria per 3 ore!), al tempo trascorso dal paziente in un dato ambiente, etc.
Dato atto, inoltre, che la ‘cross contamination’ può giocare un ruolo importante nell’emergere di un nuovo outbreak locale del SARS-COV-2.
La scrivente OS rammenta a chi legge che la sanificazione degli ambienti sanitari dovrebbe seguire un dettagliato programma di intervento ambientale (ove l’aerazione dell’ambiente precede la pulizia che precede il trattamento congruo in termini di concentrazione, tempo di contatto, temperatura e ph), i corretti approvvigionamento, eventuale sanificazione o smaltimento dei prodotti attrezzature e indumenti di lavoro, un’ottimale organizzazione del lavoro (con un responsabile tecnico; con l’elaborazione delle buone prassi igieniche; con un congruo numero di operatori suddivisi per squadre turnanti ed opportunamente formati sulle metodiche di sanificazione, sui disinfettanti più opportuni in base alle superfici da disinfettare e sull’uso dei DPI), in base alle dimensioni dell’ambiente da sanificare, in base alla diversa esposizione alla contaminazione (aree in cui vi è stata aerosolizzazione oppure no), in base alla diversa aerazione (ad esempio, non meno di quattro volte al giorno negli ascensori e nelle stanze in cui non si possono aprire le finestre). Nel suddetto piano, naturalmente, deve essere indicato l’addetto con funzioni di supervisore che ha il dovere di verificare dotazioni materiali tecnologiche e DPI del personale nonché il corretto e completo svolgimento delle attività assegnate agli operatori.
Contestualmente a quanto sopra, poiché il responsabile tecnico delle procedure di sanificazione dovrebbe assumere un legame di “immedesimazione” con Sanità Service ed avere con essa un vincolo stabile e continuativo che garantisca un costante controllo su tali procedure, questa OS rileva l’incongruenza di lasciare tale delicatissimo compito di verifica, soprattutto in questo frangente storico in cui l’epidemia da SARS-COV-2 rischia di rimanere endemica nella provincia brindisina, ad un dipendente che ha scelto di usufruire del distacco sindacale parziale per cui potrebbe dedicarsi ai suoi compiti aziendali istituzionali solo per 18 ore settimanali laddove le procedure di sanificazione di fatto debbono essere eseguite, coordinate e controllate 24/7!
In ragione di quanto sopra, pertanto, alla Direzione Strategica ASLBR e all’Amministratore Unico SanitaService, la scrivente OS
chiede
ogni iniziativa finalizzata al miglioramento organizzativo della sanificazione degli ambienti sanitari, ivi compresa la nomina di un responsabile tecnico a tempo pieno.