Gentile (CNA): “Il decreto non cambia nulla, Pmi sempre più in ginocchio”
BRINDISI – Abbiamo atteso con ansia di poter leggere il testo definitivo del DPCM pubblicato nella giornata di ieri. Abbiamo inutilmente sperato che le bozze circolate subito dopo il discorso del Presidente Conte fossero incomplete. E invece il Decreto non risponde in alcun modo alle richieste del paese in termini di sicurezza per la salute e di tutela del sistema produttivo.
Ovviamente non spetta a noi esprimere valutazioni sulle misure di contenimento della pandemia, ma è sin troppo chiaro che le maglie sono ancora troppo larghe per risultare realmente efficaci. Di fatto, cambia ben poco rispetto a ciò che è avvenuto fino ad oggi. E’ stata data la possibilità a qualche grande gruppo industriale di chiudere i battenti in attesa che termini l’emergenza. Per il resto, è tutto affidato alle decisioni che sapranno e potranno assumere gli imprenditori delle piccole e medie imprese italiane, con la conseguenza che tantissime realtà saranno costrette a chiudere per sempre, sotto i colpi di una situazione economica insostenibile.
Le procedure del decreto cosiddetto “Cura Italia” sono, a nostro avviso, ancora troppo complesse e ancora una volta non si è riusciti ad introdurre sistemi snelli e immediati. Si parla addirittura di trenta provvedimenti attuativi da approvare nelle prossime settimane, quando invece, in questo momento, per contrastare la crisi, sarebbe stata necessaria una deroga alle procedure ordinarie.
Non basta rinviare il pagamento di qualche scadenza (abbiamo subìto anche l’umiliazione di uno spostamento di soli quattro giorni) per salvare le piccole e medie imprese, che invece affondano per la mancanza di liquidità e quindi per una crescita esponenziale dell’indebitamento. Un dramma che si poteva risolvere solo con provvedimenti molto più agili e coraggiosi rispetto a quelli che sono stati assunti.
Spiace dirlo, ma chi ha scritto questo Decreto ha colpevolmente dimenticato che il sistema-Italia si basa proprio sul ruolo decisivo delle PMI e sarà difficile immaginare una ripresa del paese se tante aziende avranno cessato di esistere.
Certo, non è nel nostro spirito abbandonare la nave prima che affondi e quindi vogliamo tentare di svolgere ancora una volta una azione di stimolo, con proposte che possono cominciare a modificare la rotta.
Partiamo da un dato: autonomi, commercianti e liberi professionisti sono senza il salvagente delle casse di previdenza. Il contributo di 600 euro per il mese di marzo va erogato immediatamente e senza troppe procedure burocratiche. E soprattutto la misura va prorogata per almeno 6 mesi, nella speranza che l’allarme-coronavirus sia terminato.
Lo spostamento delle scadenze al 31 maggio è improponibile. Ci auguriamo che, per quella data, il nostro paese abbia ripreso a marciare e quindi è necessario pensare di fermare i pagamenti per almeno nove mesi, per poi avviare una dilazione di ciò che sarà dovuto.
Naturalmente questa misura va estesa anche alle imprese che fatturano più di 2 milioni di euro e meno di cinquanta milioni (lo spostamento dei pagamenti dal 16 al 30 marzo è a dir poco offensivo), mentre ha un senso pensare ad altre misure di sostegno per chi fattura più di 50-100 milioni di euro per la salvaguardia dell’occupazione in primis.
E’ necessario, inoltre, sospendere (oltre alle cartelle di rottamazione e stralcio) anche gli avvisi bonari ed introdurre una dilazione per i ruoli articolo 19 DPR 602/73.
Tralasciamo commenti sull’allungamento di due anni dei termini di prescrizione dell’Agenzia delle Entrate, non fosse altro perché il sol fatto di averci pensato in un così grave periodo di crisi è inconcepibile.
Riteniamo, invece, che sia necessario eliminare l’Irap per il 2020, introducendo piuttosto, (in via sperimentale), una Flat Tax, abbinata, magari, ad una nuova e più consistente rottamazione dei debiti fiscali, in maniera tale da tentare di rimettere in moto l’economia italiana.
Quanto alle integrazioni salariali, poi, si pensi subito a strumenti finanziari urgenti ed immediati per assicurare direttamente l’indennizzo ai lavoratori mese per mese. Le imprese, purtroppo, questa volta potrebbero non essere in grado di anticipare le somme per la cassa integrazione, e senza voler entrare nel merito della questione, se le imprese non producono, inevitabilmente viene meno anche lo strumento della compensazione.
Infine, una proposta di tutela del made in Italy. Questa crisi sta distruggendo le quotazioni di borsa delle nostre aziende; sarebbe auspicabile, quindi, introdurre una sorta di clausola di salvaguardia per evitare che tutto finisca nelle mani degli sciacalli.
Bene sul fronte del credito la possibilità di congelare le operazioni a breve, medio e lungo termine fino al 30 settembre, incluso rinnovi automatici per le operazioni a breve e sospensione quasi automatica del versamento delle rate per mutui e operazioni di leasing, previo accordo dell’istituto di credito. E’ vero pure che tutto ciò non sarà sufficiente a sostenere le imprese per tutti gli altri impegni contratti nella gestione ordinaria, quando nessuno poteva immaginare che tutto potesse avere i risvolti che stiamo vivendo, anche perchè chi avrebbe dovuto raccontarci la verità, ha lasciato che le imprese operassero come se nulla stesse accadendo. E qui, evidentemente, si rende necessaria una poderosa iniezione di denaro da destinare alle PMI per far fronte agli impegni assunti che, in assenza di flussi, potrebbero generare un cataclisma di proporzioni inimmaginabili.
L’obiettivo principale – lo ripetiamo – è quello di salvare la vita agli italiani e dobbiamo operare tutti in questa direzione. Ma un imprenditore ha l’obbligo di guardare avanti per svolgere il suo ruolo al meglio, aspetto fondamentale quando il paese dovrà rialzarsi. E senza le PMI tutto questo ben difficilmente potrà avvenire.
Franco Gentile – Presidente CNA della provincia di Brindisi
Vice Presidente Regionale con delega all’industria