EDITORIALE – A Lecce 73 mln da riequilibrare ma non si intona il “De profundis”: tra partecipate sotto procedura fallimentare, evasione, fondo contenziosi da 36 mln e internalizzazione del servizio riscossione
BRINDISI – La resilienza non è certamente una caratteristica distintiva dei brindisini. Il Piano di rientro ventennale varato dalla Giunta Rossi sicuramente ingessa il bilancio del Comune di Brindisi per i prossimi anni, impedendo di contrarre nuovi mutui e richiedendo sacrifici ai cittadini, ma la vita continua. Piuttosto, la preoccupazione più grande non deve riguardare il Piano di rientro approntato dall’Amministrazione, quanto la possibilità che lo stesso possa rivelarsi inefficace e aprire quindi le porte a misure più stringenti, o peggio ancora a un commissariamento o al dissesto.
Valutando lo stato dell’arte, senza precorrere i tempi, va evidenziato come la situazione del Comune di Lecce non sia poi tanto più florida, ma nella culla del Barocco i toni utilizzati dalla classe politica, dall’opinione pubblica e dai cittadini sono meno funerei. Nessuno si sognerebbe di dire che Lecce è morta per i prossimi anni. Eppure su Palazzo Carafa pesa come un macigno un doppio piano di riequilibrio che vale una massa di 73 milioni di euro. Più dei 54 milioni con i quali avranno a che fare le classi dirigenti brindisine per i prossimi 20 anni.
Già nel 2015, infatti, il Comune di Lecce fu costretto a varare un piano di riequilibrio trentennale per 41 milioni di euro, che prevedeva – tra le altre cose – un corposo piano di alienazione degli immobili. Tale operazione, però, non ha sortito gli effetti sperati, così il Sindaco Carlo Salvemini è stato costretto ad aderire al c.d. predissesto, impegnandosi davanti alla Corte dei Conti a riequilibrare altri 31 milioni di euro entro 15 anni. Al piano di riequilibrio del 2015 che prevedeva di accantonare 1,6 mln l’anno, si è dunque aggiunto un altro piano di rientro pluriennale che dovrà portare a un accantonamento di 2,8 mln l’anno fino al 2033 (il Comune di Brindisi dovrà accantonarne 2,7 l’anno).
I problemi affrontati dal Comune di Lecce e le soluzioni previste, tra l’altro, non sono così dissimili da quelle adottate nel capoluogo messapico: anche a Lecce il predissesto è stato determinato da una forte evasione, da una procedura concorsuale (concordato preventivo in continuità) che ha colpito la partecipata Lupiae Servizi, da ricorrenti anticipazioni di cassa, da debiti fuori bilancio (ammontanti a 3 mln, contro i 5 mln del Comune di Brindisi), da 36 mln di euro di accantonamento del fondo rischi per le controversie (più di quanto previsto dal Comune di Brindisi, ovvero 30 mln di euro), da un fondo crediti di dubbia esigibilità pari a oltre 7 mln di euro.
Le soluzioni pensate dalla Giunta Salvemini per fare fronte a tutto ciò? Guarda un po’ com’è piccolo il mondo: anche a Lecce si è deciso per l’internalizzazione del servizio di riscossione dei tributi, per il taglio di un milione di euro delle spese per la partecipata di cui sopra, e per scelte impopolari come l’aumento della Tosap e dell’addizionale Irpef.
Insomma, non una situazione rose e fiori, eppure a Lecce non si intona il “De profundis”. Prima di dichiarare morto il paziente, attendiamo la risposta alle cure. Di certo la vita della città va avanti: magari meno spedita di quanto avremmo voluto, ma solo alla morte non c’è rimedio!
Andrea Pezzuto