Burocrazia, PM e politica: lo sviluppo di un porto dipende dalla sorte. Raffica di avvisi di garanzia
BRINDISI – Lo sviluppo in Italia, e quello dell’economia portuale in particolare, a quanto pare è legato alle interpretazioni dei P.M. di quel posto o alle visioni tecnico-amministrative di quell’altro posto. Non si spiega altrimenti come a Salerno la realizzazione del pontile a briccole sia derubricata come struttura mobile non rientrante nella pianificazione della Legge 84/94 mentre a Brindisi la stessa opera debba scontare un passaggio presso il Consiglio superiore dei lavori pubblici perché considerata una variante al PRG.
Così come non si spiega altrimenti il fatto che oltre al presidente dell’AdSP del MAM Ugo Patroni Griffi e al dirigente Di Leverano, sono stati attinti da avvisi di garanzia, e in alcuni casi sospesi temporaneamente, anche il Presidente, il segretario generale e il dirigente dell’Authority del Mar Adriatico centro-settentrionale; il presidente e il segretario generale dell’Authority del Mar Tirreno settentrionale; il presidente e il segretario generale dell’ente portuale del Mar Tirreno centrale; cinque dirigenti del porto di Gioia Tauro; il presidente dell’Autorità portuale del Mare di Sicilia Orientale.
Insomma, una vera e propria carneficina, che condanna i vertici delle autorità portuali all’immobilismo per timore di incappare in avvisi di garanzia, e che si ripercuote sull’ intero settore import/export italiano. “La difficoltà che abbiamo, e che poi fa sorgere delle problematiche di tipo giudiziale, è che siamo chiamati a comportarci da impresa, e quindi a realizzare opere infrastrutturali, a gestire l’operatività del porto e a promuovere gli scali sui mercati, ma allo stesso tempo siamo un ente pubblico”, spiega al Foglio Daniele Rossi, che è anche presidente di Assoporti, l’associazione che riunisce tutte le autorità di sistema portuale. “Far conciliare questi due atteggiamenti è complesso – aggiunge – perché da una parte è necessario fare le opere, dall’altra le norme sono difficili da gestire e da applicare. Si pensi soltanto alla complessità della normativa ambientale e a quella degli appalti, oppure ai tempi necessari per realizzare un’opera pubblica tra norme e autorizzazioni”. “Le autorità portuali oggi hanno la possibilità tecnica, operativa e finanziaria per realizzare investimenti che servono alla portualità italiana per restare competitiva, ma il quadro normativo è troppo complesso, andrebbe semplificato e razionalizzato. In Olanda il percorso autorizzativo per la realizzazione del nuovo terminal container, che ha un’ estensione di undici chilometri di banchine ed è uno dei più avanzati tecnologicamente, è durato meno di un anno, poi i lavori sono cominciati. Da noi c’ è un percorso infinito che rischia di rendere le opere, nel momento in cui diventano cantierabili, già obsolete”, prosegue il presidente di Assoporti. “Ci vorrebbe una maggiore severità nei confronti dell’amministratore pubblico che agisce dolosamente per favorire interessi propri, ma allo stesso tempo si dovrebbe dare la possibilità ai tanti funzionari pubblici che lavorano con professionalità, entusiasmo e onestà di gestire in modo più agevole i processi autorizzativi per realizzare le opere pubbliche. Il Ponte Morandi, che è stato cantierato in pochi mesi, è la dimostrazione che anche in Italia, quando si vuole, si può”, conclude Rossi. “La difficoltà che abbiamo è che siamo chiamati a comportarci da impresa, e quindi a realizzare opere infrastrutturali, a gestire l’operatività del porto e a promuovere gli scali sui mercati, ma allo stesso tempo siamo un ente pubblico”, spiega Daniele Rossi, presidente di Assoporti.