L’Autorità portuale risponde a Legambiente con una nota che dovrebbe far arrossire politica e associazioni. Ai cittadini il compito di leggere e pensare criticamente
BRINDISI – Il segretario generale dell’Autorità di Sistema Portuale del Mare Adriatico Meridionale, Tito Vespasiani, risponde al presidente di Legambiente Brindisi, Teodoro Marinazzo. Di seguito, la lettera in versione integrale inoltrata, per conoscenza, anche al sindaco di Brindisi, Riccardo Rossi, e alla dirigente ARPA Puglia, Anna Maria D’Agnano.
” Egregio dott. Marinazzo,
sono molto onorato e compiaciuto in ordine alla opportunità che Ella mi ha fornito per illustrare, con maggior dovizia di elementi di chiarimento, una serie di questioni che su stampa, media e social non sempre sono riportate correttamente, anche per effetto di un dibattito che in queste circostanze raggiunge un livello di parossismo totale, in cui la posizione più rumorosa prevale sulla esigenza di approfondimenti razionali dei problemi complessi.
Prima di iniziare la trattazione della questione delle attività di sbarco della merce diretta alle acciaierie tarantine, è mio dovere comunicarLe una precisazione in ordine alla vasca di colmata.
Nessuno ha inteso “sminuire“ la portata del parere della Commissione VIA, ma ho semplicemente constatato che dal parere formulato non emerge alcun elemento che associ l’opera ipotizzata a possibili compromissioni ambientali, o agli interessi di salvaguardia dell’ecosistema; anzi si deve riconoscere che la qualità tecnica del progetto – peraltro redatta prima del mio insediamento da due società di ingegneria di alto livello che hanno progettato nei maggiori porti italiani opere portuali di rilevanza significativa – è stata confermata, mentre sono state dissipate le preoccupazioni che erano state rappresentate da più parti sull’idoneità del sito o sugli impatti ambientali dell’opera.
Il parere negativo si regge essenzialmente sul fatto che la Commissione ha “eccepito” sul mancato aggiornamento delle caratterizzazioni dei sedimenti, stabilendo così un nuovo indirizzo, in quanto in tempi recenti sono stati formulati, dalla stessa Commissione, pareri favorevoli su casse di colmata nei porti di Taranto e Piombino, con caratterizzazioni anche in tali casi scadute e con la ovvia prescrizione di aggiornamento delle stesse prima dell’avvio delle operazioni di movimentazione dei sedimenti.
Al riguardo Le faccio semplicemente notare che quando la presenza di alcuni componenti (metalli pesanti, idrocarburi) nei sedimenti ne impedisce il conferimento a mare, la collocazione in vasca di colmata costituisce messa in sicurezza del sito, in quanto oggi il solo movimento delle eliche delle navi in evoluzione determina una continua dispersione nell’ambiente marino di materiale che, personalmente, preferirei vedere ben confinato all’interno di un “sarcofago“ ermeticamente chiuso, cioè in una cassa di colmata come quelle realizzate in tanti porti.
Aggiungo che il ritardo nella realizzazione della cassa di colmata determina anche il ritardo dei dragaggi, che nel porto di Brindisi sono impellenti per assecondare l’auspicata riconversione dell’area industriale e per poter ampliare il range delle merci che potrebbero essere sbarcate, in coerenza con l’obiettivo dell’evoluzione del porto da uno scalo “novecentesco”, quasi essenzialmente asservito al polo industriale (energetico/petrolchimico), in un moderno scalo gateway inserito nelle geometrie logistiche avanzate nazionali ed europee.
Non posso risponderLe poi sull’esito della causa relativa ad asserite opere in zona sant’Apollinare”: non mi risulta sia pendente al momento alcun contenzioso, immaginando che si voglia far riferimento al noto progetto dei pontili e degli ormeggi in quell’area, per il quale tuttavia – mi preme ricordare – il Consiglio Comunale di Brindisi nella seduta del 8 aprile 2019 ha espresso a larghissima maggioranza “il proprio favore alle opere di completamento degli accosti portuali di S. Apollinare“. Questi nuovi accosti saranno in grado di attrarre navi di nuova generazione, di maggiore stazza e meno impattanti, più confortevoli per il settore traghetti, nonché di accogliere adeguatamente le (mega)navi da crociera, in prossimità della città e quindi sviluppando una virtuosa interazione economica con quest’ultima, senza contare poi la possibilità per i Brindisini di fruire dell’area dove è previsto un parco urbano, la riqualificazione e l’apertura al pubblico dell’area archeologica e un museo del mare.
Prima di entrare nel tema delle operazioni di sbarco nel porto di Brindisi, ritengo, per una questione di metodo, porre un problema e fare una riflessione più ampia: che cosa è un porto? Che cosa rappresentano i porti nazionali e che ruolo hanno nell’economia del nostro Paese?
Egregio dott. Marinazzo, come noto l’economia italiana si basa prevalentemente sulla trasformazione industriale delle materie prime e la produzione di manufatti da destinare al consumo e all’esportazione.
Poiché il Paese è estremamente povero di materie prime, la maggior parte di esse vengono importate via mare e i porti, pertanto, sono al servizio dei distretti industriali, poiché rappresentano la connessione tra i flussi di approvvigionamento e i flussi di esportazione e l’anello delle catene logistiche.
Secondo recenti statistiche la portualità nazionale assicura l’arrivo e la partenza dell’85% delle merci, in ordine al traffico commerciale con i Paesi extra UE e ben 70 milioni di tonnellate di rinfuse solide vengono sbarcate nei porti nazionali.
Esistono porti che costituiscono il nodo fondamentale per le economie industriali del rispettivo retroterra. Soltanto per farle un esempio il porto della civilissima Ravenna è il cardine del sistema industriale dell’Emilia Romagna e attraverso di esso vengono sbarcate milioni di tonnellate di materie prime di ogni genere, fertilizzanti, inerti, sostanze chimiche nocive liquide e solide, carbone e minerali ferrosi e non ferrosi alla rinfusa. Il carbone viene sbarcato in grandi quantità da Porto Torres a Porto Empedocle, da Ravenna a Civitavecchia, da Venezia a Livorno, carbone per finalità energetiche (diretto a centrali) e per finalità industriali (diretto ad acciaierie e a cementifici).
Molti porti movimentano in sicurezza ingenti quantitativi di merci pericolose solide e liquide ed anche rifiuti: insomma quantitativi significativi di merce “sporca“ o non desiderabile vengono manipolati, perché vi è l’esigenza di alimentare il sistema industriale, e ciò nel pieno rispetto della normativa internazionale e nazionale e sotto la vigilanza degli organi di controllo. Parte di questo traffico, penso ai sottoprodotti del ciclo industriale (ad esempio i rottami ferrosi e altri scarti), è ritenuto virtuoso da quasi tutte le organizzazioni ambientaliste, perché su di esso si basa l’economia circolare: il rifiuto di qualcuno diviene materia prima per altri.
La invito a leggere sui siti WEB delle varie Autorità i quadri statistici, forse Le si accapponerà la pelle, ma è così: purtroppo anche attraverso l’importazione di grandi quantitativi di merci, che a Lei potrebbero sembrare poco desiderabili, va avanti il sistema produttivo nazionale.
In tutte queste città, Sindaci, Autorità portuali, organi tecnici e di tutela ambientale dialogano costantemente affinché vengano continuamente trovate soluzioni condivise per lo sviluppo dei traffici, per il potenziamento delle infrastrutture e soprattutto per raggiungere un elevato grado di sostenibilità ambientale delle operazioni che – si badi bene – non costituisce un onere, ma è un valore aggiunto per il porto e le comunità locali. Dialogo intenso, continuo, pacato, qualche volta conflittuale, ma sempre rispettoso dei ruoli istituzionali.
Ora Le chiedo: se improvvisamente per un contagio fulmineo e generalizzato della sindrome “NIMBY” tutti i porti che Le ho citato si dichiarassero indisponibili a sbarcare merci alla rinfusa, che cosa accadrebbe? Penso che la risposta sia scontata: i porti non possono fermarsi o chiudersi perché si bloccherebbe l’economia nazionale, visto il grado di dipendenza dalle attività marittime che Le ho mostrato.
Ciò posto, quindi il problema non va affrontato con posizioni ideologiche del tipo: “Si a tutti i costi!”, oppure “Non se ne parla nemmeno! “.
Egregio dott. Marinazzo converrà certamente con me nel seguire l’insegnamento di Spinoza: “non ridere, non lugere, neque detestari, sed intelligere”.
Sì, intelligere: cogliere (legere) il dentro (intus) e la relazione (inter) delle cose, capire a fondo i problemi e poi passare alla fase decisionale con cognizione di causa.
Converrà quindi con me nel condividere che oggi la vera sfida è conciliare le esigenze produttive con quelle di tutela della sicurezza dei lavoratori e dell’ambiente: individuare corretti sistemi di gestione della movimentazione, onde scongiurare compromissioni ambientali e garantire la sicurezza dei lavoratori attraverso un sistema di continuo miglioramento della formazione e l’uso di tecnologie avanzate. Questa è la nostra sfida, questo è il nostro compito e la nostra responsabilità.
La recente presa di posizione di 37 aziende in rappresentanza di 1000 lavoratori è apprezzabile sotto questo aspetto: non è stato chiesto il sì allo sbarco del carbone a tutti i costi, ma che si avviasse pacatamente un approfondimento della questione, perché tutti gli organi potessero esprimere la propria posizione.
In questa prospettiva, per quanto riguarda il carbone, l’Autorità aveva indetto – senza esservi affatto tenuta e in ossequio al principio di condivisione/compartecipazione – un incontro con tutti i soggetti qualificati, per poter approfondire il programma di sbarco presentato da una impresa portuale operante a Brindisi.
Nel corso della riunione, si sarebbe potuto chiedere al proponente tutti i chiarimenti del caso e in particolare:
- La Capitaneria di porto e il Comando dei Vigili del Fuoco avrebbero potuto chiedere approfondimenti sugli aspetti di pericolosità del prodotto, sul piano di sbarco, delle precauzioni antincendio ecc;
- L’ARPA avrebbe chiesto correttamente tutte le necessarie garanzie per il rispetto dell’ambiente;
- L’Autorità sanitaria avrebbe chiesto garanzie sugli aspetti sanitari;
- La Provincia – organo delegato della Regione – avrebbe introdotto gli interessi relativi agli aspetti della qualità dell’aria e il Comune avrebbe potuto introdurre le proprie valutazioni sugli aspetti di specifica competenza.
Forse non sarebbe stata sufficiente una sola riunione; forse ci sarebbe stato bisogno di nuovi incontri; l’importante è comunque confrontarsi, approfondire il programma, i piani, stabilire le misure e le cautele necessarie, ponderare attentamente gli interessi in gioco.
Alla fine si sarebbe potuto rispondere anche negativamente, se non fosse stato raggiunto un livello adeguato di garanzia e di tutela, ma ciò dopo un approfondimento tecnico e non in base a posizioni ideologiche aprioristiche.
Ciò chiarito, ritengo inaccettabile l’espressione contenuta nella Sua nota, “l’aver portato avanti, fino quasi all’atto conclusivo, l’autorizzazione per lo scarico di carbone, senza informare le autorità,” espressione del tutto falsa: proprio con la convocazione delle autorità e degli organi tecnici – inoltrata tempestivamente dall’Autorità non appena ricevuto il programma di sbarco – si intendeva avviare un percorso di valutazione comune di tutti gli aspetti, e se qualcuno Le ha raccontato una storia diversa, quel qualcuno mentiva sapendo di mentire!
L’avvio della riunione era opportuno, perché il Regolamento portuale vigente sulle operazioni di sbarco di merce alla rinfusa (Reg. 5/2005) prevede che lo sbarco del carbone avvenga solo al terminale ENEL e quindi il prospettato sbarco del carbone in una banchina diversa avrebbe dovuto essere regolamentato con una apposita ordinanza. Per questo motivo era opportuno, con il contributo dei soggetti invitati, introdurre una specifica normativa che disciplinasse le operazioni prospettate, tutelando scrupolosamente l’ambiente e la salute dei lavoratori, attraverso l’estensione alla banchina pubblica della disciplina vigente per la banchina in concessione, anche attraverso un miglioramento ed una evoluzione di detta normativa.
Lo stesso regolamento citato invece prevede già una disciplina dettagliata per lo sbarco di prodotti alla rinfusa non classificati pericolosi e quindi lo sbarco di minerali di ferro è già contemplato: nessuna specifica autorizzazione deve essere rilasciata, dopo che la nave ha ormeggiato, ha completato le pratiche di arrivo con l’Autorità marittima, le pratiche di importazione con l’Autorità doganale e dopo che l’impresa portuale preposta ha comunicato il Programma.
Più precisamente, si prevede che (art.3), “l’impresa portuale interessata dall’operazione portuale… è tenuta ad effettuare, almeno 24 ore prima dell’inizio delle operazioni, apposita formale comunicazione all’Autorità portuale, all’ARPA Puglia – Dip. Brindisi, all’Ufficio di Sanità marittima riportante tutte le indicazioni di cui al modello allegato al medesimo regolamento”.
Si ritiene di dover precisare che il regolamento vigente è stato approvato dopo una attenta disamina da parte di tutti gli organi interessati; l’impresa operante è tenuta ad applicare una pluralità di disposizioni a tutela della sicurezza e dell’ambiente a suo tempo concertate e riportate nel Regolamento che in tanti anni è stato costantemente applicato sotto la vigilanza delle Autorità preposte.
Il regolamento prevede poi due centraline di rilevazione polveri PM 10, una collocata presso costa Morena Diga, molo Enel, e l’altra al terminal passeggeri sotto la gestione ARPA, e pertanto i risultati applicativi del Regolamento sono verificabili attraverso la consultazione dei siti e dei rapporti periodici Arpa, da cui Ella può avere contezza dello attuale stato dell’aria nel porto merci di Brindisi.
Ciò posto, respingo pertanto con fermezza ogni raffigurazione del porto come una area del Far West dove tutto è possibile ed ove vengono perpetrati scempi ambientali. Gli standard ambientali relativi alle operazioni di movimentazione delle merci nel porto di Brindisi non sono inferiori a quelli dei porti nazionali che prima ho citato, nei quali rinfuse polverose (caolino) o pericolose (carbone) vengono addirittura stoccate in enormi cumuli sulle banchine, operazione che a Brindisi è vietata dal suddetto Regolamento.
Tale Regolamento prevede come già detto che l’impresa inoltri comunicazioni aggiornate ad ARPA e Sanità marittima e secondo un modello a suo tempo concordato e quindi è falso asserire che tutte le operazioni vengono svolte all’insaputa degli organi tecnici con specifiche competenze ambientali e sanitarie.
Tutte le comunicazioni previste dal regolamento risultano essere state effettuate e se qualche altro ufficio non le ha ricevute è semplicemente perché il regolamento non lo prevedeva.
Del resto, nessuna norma della vigente legislazione stabilisce che l’approdo di una nave vada comunicato ad altri organi oltre a quelli previsti dal Codice della Navigazione.
Egregio Dott. Marinazzo, i porti sono aperti alle persone e alle merci; l’impongono le norme di settore, ma anche le norme costituzionali sulla libertà di impresa e quelle comunitarie sulla libera circolazione delle merci.
La merce in questione è minerale di ferro proveniente dal Sud Africa, prodotto non pericoloso, secondo la vigente normativa nazionale e internazionale.
E’ inoltre non infiammabile, non esplosivo, non solubile nell’acqua; non emana vapori pericolosi o odori nauseabondi; non è classificato CLP (sistema internazionale per l’etichettatura delle merci pericolose) e non ha restrizioni REACH.
La densità di 5 grammi al cm3 lo rende particolarmente pesante e quindi anche in caso di dispersione nell’atmosfera delle parti più fini, è verosimile la ricaduta a pochi metri dal sito, all’interno quindi dell’area operativa.
La merce viene sbarcata a diversi chilometri dalle zone urbane brindisine ed è pertanto molto improbabile che le polveri possano giungere in città o in aree residenziali, tenuto conto peraltro che, in presenza di vento di forza significativa, le operazioni di sbarco debbono essere sospese in ossequio al citato Regolamento.
La dispersione in atmosfera è comunque mitigata fortemente dal sistema di sbarco che si effettua secondo la seguente sequenza, comune a tutti i porti marittimi:
- benna in stiva che preleva il prodotto;
- virata della gru con benna chiusa ermeticamente che si sposta dalla stiva della nave alla tramoggia (imbuto);
- la benna si apre lentamente solo all’interno della tramoggia, nella parte più bassa;
- per gravità, dalla tramoggia il prodotto passa al cassone dell’autocarro, in ambiente sostanzialmente conterminato;
- chiusura con teli del cassone autocarro e pulizia del mezzo, prima dell’inizio del trasferimento verso Taranto.
Se alcune operazioni sopra descritte fossero gestite dalle maestranze in modo inappropriato, tipo spostamento della benna non completamente chiusa, apertura veloce o anticipata della benna, certamente il grado di dispersione del prodotto non sarebbe accettabile, soprattutto per la tutela degli operatori presenti; per questo motivo si ribadisce che quello che conta effettivamente non è il prodotto in sé, ma le modalità appropriate o meno della gestione delle operazioni e della capacità di conduzione dei mezzi meccanici in relazione alla tipologia del prodotto.
Su questo aspetto, posso fornirLe assicurazioni che personale dell’Autorità e della Capitaneria di Porto vigilano costantemente sullo svolgimento delle operazioni, verificando il rigoroso rispetto delle vigenti disposizioni.
Ovviamente si è disponibili ad introdurre prescrizioni aggiuntive, se ritenuto opportuno dagli organi tecnici competenti nell’ottica di migliorare gli aspetti di sicurezza e ambientali, in particolare se le centraline di monitoraggio delle polveri attualmente in funzione dovessero registrare situazioni anomale.
Un paragone con le immense distese di cumuli minerali a cielo aperto nello stabilimento tarantino, esposte ai venti, che creano problemi ad alcuni quartieri di quella città, è totalmente fuorviante, in quanto le operazioni nel porto di Brindisi non prevedono stoccaggio a terra.
Anche per quanto riguarda il traffico veicolare, l’intervallo di tempo di uscita di ogni singolo autocarro è mediamente di 7/8 minuti e quindi non si ritiene che possa compromettere la viabilità extraportuale; sotto questo aspetto risulta di più difficile gestione lo sbarco da un traghetto che senza interruzione immette 70 mezzi pesanti cagionando un incolonnamento continuo di 2/3 Km.
Ovviamente è pienamente legittimo coltivare una visione dello scalo totalmente “denavalizzato” (o comunque “demercificato”) ma, a questo punto, la presenza dell’’Autorità non avrebbe più alcun senso e altre istituzioni dovrebbero subentrare nell’amministrazione dello stesso.
Sul punto aggiungo che l’Autorità ha promosso tramite ESPO l’estensione dei corridoi Ten-T al porto di Brindisi, credendo fortemente che Brindisi meriti il riconoscimento di “porto core”. Ovviamente la stessa candidatura è resa poco credibile dalla pretesa di un placet politico sulla tipologia di merci movimentate. Un porto è “core” quando è idoneo ad accogliere ogni tipologia di merce, senza contare il pericolo insito in una valutazione delle merci sbarcabili (quali merci sono ritenute “pulite”? etc). Le rappresento che il traffico passeggeri genera pochissima ricchezza per il territorio, al contrario del traffico merci, che conduce ad una crescita economica ed occupazionale.
Tutto ciò detto, riterrei infine che sia il caso di confinare l’espressione “porto delle nebbie” nell’ambito della storia cinematografica e nella sfera di interesse degli appassionati del realismo francese degli anni trenta del secolo scorso.
Sono a Sua completa disposizione per qualsiasi ulteriore chiarimento e con l’occasione La invito ad assistere, da vicino ed in diretta, alle operazioni di sbarco; con molto piacere potrei accompagnarLa, insieme al Comandante del porto.”