EDITORIALE – Una città sull’orlo dell’implosione sociale: la storia presenta il suo conto e il futuro adesso fa paura
BRINDISI – Tira una brutta aria in città, in tutti i sensi. La comunità è disorientata, non sa più a cosa credere e a chi credere. Sfibrati da decenni di industrialismo selvaggio, di amministrazioni corrotte e di lotta contro una criminalità che ha permeato il tessuto economico e indebolito il capitale sociale della città, adesso i brindisini, popolo di marinai sui generis, ovvero abituati a voltare le spalle all’acqua, si trovano in mezzo al mare aperto, trascinati dalle correnti e impreparati a cogliere le risorse che pure il mare offre. Niente turismo, niente traffico passeggeri, niente logistica. Niente di niente. Niente piace. Non c’è, insomma, un’idea di città-porto.
Quando soffia il vento da sud, il mare trasforma questo lembo di mondo in un paradiso. Ma anche in una camera a gas (o mortuaria) per i brindisini. In questi giorni di mare stupendo, i cittadini sono stati costretti a convivere con un odore acre che oramai abbiamo imparato a subire come un evento ineluttabile. Dopo due giorni di indagini, Arpa ha fatto sapere che la causa è da ricercare nell’incendio dei rifiuti accatastati in una delle molteplici discariche abusive che abitano le contrade.
La città è ridotta a una latrina a cielo aperto, e l’appello delle istituzioni a collaborare per non trasformare Brindisi in una terra dei fuochi (facendo finta che non lo sia già), risuona come un grido disperato.
I danni dell’industrializzazione selvaggia, però, non hanno colpito solo l’organismo, ma anche la psiche dei brindisini: sono decine le segnalazioni arrivate in redazione da parte di cittadini che non credono a questa versione dei fatti e che addebitano questo tanfo agli ecomostri della zona industriale.
Stesso grido disperato è stato lanciato stamani dal Sindaco, che evidentemente preoccupato ha denunciato l’atto vandalico perpetrato ai danni della nuova illuminazione dei Pittachi. Il rame va a ruba, si sa, ma il sospetto, lanciato in passato anche dal Commissario Giuffrè a seguito dell’atto vandalico ai danni della nuova illuminazione sulla litoranea, è che ci sia lo zampino della malavita.
Anche questo è un retropensiero legittimo, in una comunità dilaniata dalle lotte di mafia degli anni passati, quando Brindisi è stata l’epicentro della crescita della Scu, e il contrabbando era considerato un lavoro onesto come un altro. Per un certo periodo anche dallo Stato, che ha lasciato che il fenomeno si espandesse a macchia d’olio, fino a portare alla morte di due giovani finanzieri.
Intanto, dopo tanto tempo, si è tornato a sparare in città. A perdere la vita è stato un 19enne del Perrino, un luogo dimenticato da Dio che in occasione del funerale della giovane vittima si è popolato di centinaia e centinaia di volti segnati dalle asperità che la vita ha riservato loro.
Insomma, c’è stata troppa bruttezza per non pagare il conto.
In una città in predissesto economico, le casse del Comune sono l’ultimo dei problemi. E il futuro fa paura.