Giovani come carne da macello: ricalibrare i cardini della società per uscire dall’oblio
BRINDISI – “Finisce sempre così, con la morte. Prima però c’è stata la vita, nascosta sotto il bla, bla, bla, bla, bla. E’ tutto sedimentato dietro il chiacchiericcio e il rumore, il silenzio e il sentimento, l’emozione e la paura, gli sparuti incostanti sprazzi di bellezza. E poi lo squallore disgraziato e l’uomo miserabile. Tutto sepolto dalla coperta dell’imbarazzo dello stare al mondo: bla, bla, bla, bla. Altrove c’è l’altrove: io non mi occupo dell’altrove, dunque, che questo romanzo abbia inizio. In fondo, è solo un trucco. Sì, è solo un trucco”.
Iniziava così il romanzo di Jep Gambardella, lo scrittore interpretato magistralmente da Toni Servillo, protagonista del capolavoro cinematografico “La Grande Bellezza” di Paolo Sorrentino.
Questo monologo che chiude il film, rappresenta la fotografia più nitida che immortala la nostra misera natura di esseri finiti. La giostra, in fondo, deve andare avanti per il diletto del grande capo, che se non ci fornisse lampi di bellezza scoprirebbe troppo presto le carte, pena la fine del suo sollazzo. In scena: le luci dei riflettori, i trucchi. Dietro il sipario, la scorticante realtà: l’oblio eterno.
Bene, questo allegro incipit è strumentale alla trattazione di quello che può essere definito il filo rosso di questa rubrica: la concezione dei giovani come carne da macello. Numeri alla mano, costituiti dai trend in vertiginosa crescita delle diagnosi di disturbi d’ansia e depressione giovanile, del numero dei suicidi e del sensibile incremento dell’assunzione di psicofarmaci, sembrerebbe proprio che il modello di società attuale non sia a misura di giovani. Ma con tutta franchezza, si può parlare di modello fallimentare tout court.
Insomma, qualche bla, bla, bla, bla, bla, bla in più, qualche sprazzo in più di bruttezza, qualche lampo di bellezza in meno ed ecco dipinto il quadro di una generazione che ipnoticamente si dirige a grandi passi verso il ciglio del crepaccio nascosto dal sipario. Potremmo azzardare di dire che questa è la generazione che negli ultimi decenni risulta più disincantata, e dunque più disinteressata a quello che avviene sul palco della vita, e al contempo più vicina al sipario.
Una generazione intrappolata nel presente, troppo annoiata dagli stantii trucchi di chi dirige dall’alto il baraccone, una generazione che avrebbe bisogno di più bellezza e di nuovi trucchi così da ritrovare la forza di distogliere lo sguardo fisso sul sipario e ritornare a interessarsi di quello che c’è al di qua del sipario. Affinché ciò accada, però, bisogna puntellare e ricalibrare i cardini della società, che deve tornare a garantire perlomeno l’illusione di poter traguardare il futuro. E’ l’unica benzina in grado di far ripartire la giostra, altrimenti rimarremo fermi nel presente, a fissare l’oblio.
Andrea Pezzuto